Per provare a capire cosa sta succedendo nel centrodestra della nostra Isola, impantanato nella scelta del candidato sindaco di Palermo e nella scelta del candidato alla presidenza della Regione siciliana, bisogna partire da una posizione che è un po’ il motivo conduttore del centrosinistra che si riassume nella seguente formula: “Il centrodestra è diviso e non è in grado di trovare soluzioni unitarie, noi possiamo vincere”. In politica una dichiarazione del genere è un clamoroso autogol, perché queste parole tendono a unificare gli avversari. Tale dichiarazione è vincente ad una sola condizione: che chi la pronuncia – in questo caso gli esponenti di centrosinistra della Sicilia – sanno che la riunificazione degli avversari è impossibile. Ed è quello che si sta verificando: gli esponenti del centrosinistra siciliano sanno che il centrodestra è diviso e resterà diviso. Perché? Semplice: perché, evidentemente, nel centrodestra siciliano – dove non mancano le diversità di vedute – c’è chi sta lavorando per seminare zizzania e tenere diviso questo schieramento politico. E non è molto difficile capire chi è questo personaggio, soprattutto per i lettori de I Nuovi Vespri. Noi, da almeno un anno, scriviamo che Gianfranco Miccichè, attuale coordinatore-commissario di Forza Italia in Sicilia e presidente dell’Assemblea regionale siciliana. Miccichè è giunto all’ultimo ‘giro’, nel senso che ha davanti al massimo un’altra legislatura: e vorrebbe essere rieletto alla presidenza del Parlamento siciliano. Ma il centrodestra non lo rieleggerà mai: basti pensare che, nella nostra Isola, mezza Forza Italia e forse più non è con lui. Per potere farsi rieleggere al vertice dell’Ars Miccichè deve provare a far vincere le elezioni al centrosinistra: e in questa operazione che sta portando avanti, con molta probabilità, non è solo.
L’operazione coinvolge anche le elezioni comunali di Palermo. Anzi, per cercare di far vincere il centrosinistra alla Regione, Gianfranco Miccichè deve partire proprio da Palermo. Stamattina, sui giornali, si legge che il centrodestra, a Palermo, è nel caos perché ci sono quattro candidati sindaci: Francesco Scoma per ‘Prima l’Italia-Legà, Carolina Varchi per FdI, Roberto Lagalla per l’Udc e Totò Lentini per gli Autonomisti di Raffaele Lombardo e Roberto Di Mauro. In realtà, i candidati del centrodestra per amministrare il capoluogo siciliano sono sei: ai quattro citati, infatti, vanno aggiunti l’europarlamentare Francesca Donato – che forse è l’unica che è in campagna elettorale da oltre un mese – e Francesco Cascio di Forza Italia. Con grande abilità, Miccichè dice che lui vorrebbe tenere separate la questione Palermo dalla questione Regione, quando invece il suo obiettivo è tenerle unite. Per provare a capire qual è la strategia ‘politico-entropica’ di Miccichè vi consigliamo di leggere una dichiarazione rilasciata in queste ore da un altro candidato sindaco di Palermo, Ciro Lomonte, che noi abbiamo ripreso ieri. Il tema trattato da Lomonte è la crisi finanziaria del Comune di Palermo e della ‘bocciatura’ dell’aumento dell’addizionale Irpef da parte del Consiglio comunale di Palermo: “Siciliani Liberi – scrive Ciro Lomonte – ha avuto conferma ieri da alcuni consiglieri comunali e poi di sera in un servizio televisivo di una trasmissione di grande ascolto nella rete televisiva principale di Berlusconi che nei soli primi 3 mesi dell’anno le entrate fiscali e tariffarie del Comune di Palermo sono crollate di altri 10 milioni di euro. A questo ritmo a fine anno ci sarebbe un altro buco di 40 milioni da colmare. Le dimissioni di sindaco e assessori, dopo l’ovvia bocciatura di una delibera che avrebbe letteralmente depredato le buste paga dei lavoratori e dunque le famiglie, sono un atto dovuto alla città che esce distrutta da 40 anni di governo assoluto delle famiglie Orlando e Miccichè”. Lomonte tira in ballo Miccichè e lo dà come alleato del sindaco di Palermo uscente, Leoluca Orlando.
Lo scenario si comincia a delineare. Alla vecchia politica di Palermo del fatto che i cittadini pagheranno i ‘buchi’ finanziari lasciati dall’attuale amministrazione comunale di Orlando – di cui peraltro non si conosce la vera entità – non gliene può fregare di meno. La vecchia politica di Palermo è invece concentrata sui 500-600 milioni di euro di appalti ferroviari per il nuovo Tram fino ad oggi rimasti bloccati, soprattutto perché la maggioranza del Consiglio comunale non vuole il Tram nella centrale e storica via Libertà di Palermo. Ma il centrosinistra che ha governato malissimo Palermo non vuole perdere la gestione di questi appalti e gioca di ‘interdizione’ con la parte di Forza Italia che fa capo a Miccichè, che ha sempre fiancheggiato l’amministrazione Orlando. L’obiettivo che Miccichè deve assolutamente raggiungere per poi puntare a far perdere il centrodestra alle elezioni regionali siciliane di Novembre è la conquista del sindaco di Palermo. L’operazione politica è geniale: Miccichè deve piazzare un proprio sodale a sindaco di Palermo con i voti del centrodestra per poi andare a gestire la città con il centrosinistra; poi, forte della vittoria di Palermo, sulle ‘onde appaltizie’ del Tram dovrebbe spaccare il centrodestra alle elezioni regionali per fare vincere il centrosinistra. Se tutto filerà come lui spera dovrebbe essere rieletto alla presidenza dell’Assemblea regionale siciliana. Chi ha un po’ di memoria storico-politica ricorderà che nel 2008 Raffaele Lombardo e Miccichè fecero un’operazione simile: Lombardo venne eletto presidente della Regione siciliana con quasi il 70% dei voti di lista e poi fece il Governo con il centrosinistra, con lo stesso Miccichè e con Confindustria Sicilia di Antonello Montante, allora in auge, che assicurava la ‘copertura politica’ dal fronte dell’antimafia. della quale allora lo stesso Montante era indiscusso alfiere.
Riuscirà la doppia operazione di Miccichè? Fino ad ora tutto va per il verso giusto. Su Palermo Miccichè blocca tutto, perché non gli va bene nessun candidato sindaco di centrodestra che non sia il suo; contemporaneamente, approfittando dei dissapori tra la Lega e il presidente della Regione uscente, Nello Musumeci, Miccichè attacca un giorno sì e l’altro pure lo stesso Musumeci, dicendo che “perderà le elezioni”, omettendo di aggiungere che Musumeci ricandidato alla guida della Sicilia le elezioni le potrebbe perdere solo se la Lega di Nino Minardo dovesse decidere di non sostenerlo. L’aspetto politicamente debole della strategia di Miccichè sta nella fragilità elettorale dello stesso Miccichè e, in generale, di Forza Italia in Sicilia. Miccichè parla come se avesse dietro un partito unito del 25%; in realtà, ha dietro un partito diviso che alle ultime elezioni europee ha prodotto un sonoro flop. Il fatto che poi Miccichè si abile a fare schiumazza – deputati sparsi che passano con lui, la nota famiglia messinese che dal centrosinistra è passata al centrodestra che si avvicinerebbe a lui (ma non certo per andare con il centrosinistra!) e altri ammennicoli vari – non significa affatto che tale schiumazza si trasformerà poi in consenso elettorale. Certo, a sponda degli Autonomisti di Lombardo, suoi eterni alleati, o i ‘mal di pancia’ di altri esponenti del centrodestra (per esempio, Raffaele Stancanelli) lo aiutano. Ma oggi non sone determinanti. Che succederà, allora? Miccichè, per potere vincere, ha bisogno che un suo sodale sia l’unico candidato sindaco di Palermo del centrodestra; ma riteniamo che, nel centrodestra, non siano così ingenui da non avere capito il suo gioco. Se l’abbiamo capito noi, figuriamoci se non l’hanno capito gli altri big del centrodestra di Palermo.
E allora? Le cose potrebbero andare così: Francesco Scoma, Carolina Varchi, Roberto Lagalla e, ovviamente, Francesca Donato si candideranno tutti; a questi si aggiungeranno gli altri candidati. Se lo scenario sarà questo, ebbene, nessuno dovrebbe vincere al primo turno, perché nessuno dovrebbe raggiungere il 40% dei consensi necessari per eleggere il sindaco al primo turno. Lombardo ritirerà sicuramente il proprio candidato sindaco, mentre Miccichè dovrà scegliere: mantenere il proprio candidato provando a farlo arrivare al ballottaggio, o ritirare il proprio candidato e appoggiare sottobanco il candidato di centrosinistra. L’opzione più probabile ci sembra la prima, soprattutto se riuscirà a piazzare un candidato forte (che dovrà comunque prestarsi al suo gioco). In questi caso, questo scenario sarebbe una mezza sconfitta per Miccichè, perché a Palermo in un ballottaggio tra centrosinistra e centrodestra difficilmente vincerebbe il candidato di centrosinistra; così come in un ballottaggio tutto interno al centrodestra – il candidato di Miccichè contro un altro candidato di centrodestra – difficilmente vincerebbe il candidato di Miccichè, perché ormai, nell’immaginario dei cittadini di Palermo, Miccichè e la parte di forza Italia che rappresenta vengono visti come fiancheggiatori dell’attale sindaco uscente Orlando e, in quanto tali, da dimenticare.