Conviene veramente farsi eleggere sindaco di Palermo? Ce lo chiediamo leggendo il post su Facebook di Ciro Lomonte, leader di Siciliani Liberi, candidato alla guida della città (Lomonte è appoggiato dal Popolo delle famiglie, da Italexit, ovviamente, da Siciliani Liberi). “Siciliani Liberi – scrive Ciro Lomonte – ha avuto conferma ieri da alcuni consiglieri comunali e poi di sera in un servizio televisivo di una trasmissione di grande ascolto nella rete televisiva principale di Berlusconi che nei soli primi 3 mesi dell’anno le entrate fiscali e tariffarie del Comune di Palermo sono crollate di altri 10 milioni di euro. A questo ritmo a fine anno ci sarebbe un altro buco di 40 milioni da colmare. Le dimissioni di sindaco e assessori, dopo l’ovvia bocciatura di una delibera che avrebbe letteralmente depredato le buste paga dei lavoratori e dunque le famiglie, sono un atto dovuto alla città che esce distrutta da 40 anni di governo assoluto delle famiglie Orlando e Miccichè”. Lomonte, oltre che il sindaco della città, Leoluca Orlando, chiama anche in causa Gianfranco Miccichè, presidente dell’Assemblea regionale siciliana e coordinatore un po’ contestato e un po’ dimezzato di Forza Italia in Sicilia. E, in effetti, al Comune di Palermo opposizione, i berlusconiani non ne hanno fatta tanta… Noi, per esempio, siamo convinti che Miccichè non abbia più nulla a che spartire con il centrodestra siciliano…
Ma torniamo a Lomonte che non molla l’accoppiata Leoluca Orlando-Gianfranco Miccichè: “Se infatti non conosciamo ancora la vera entità dell’enorme buco nei conti del Comune, che potrebbe ridicolizzare gli 1,5 miliardi del Comune di Catania in dissesto, una cosa la sappiamo. Orlando e Miccichè hanno fatto crescere a dismisura il personale del Comune e delle sue società controllate: oltre 15mila dieci anni fa (https://antoniolonardo.blogspot.com/…/quanti-sono-i…) e da allora ulteriormente cresciuti. Per pagare 15mila stipendi, che includono tasse e contributi sociali, non bastano 60 milioni al mese, cioè oltre 700 milioni all’anno”. In realtà, qualche anno dopo il 2011, i dipendenti del Comune di Palermo – tra addetti agli uffici comunali e personale che opera nelle società che fanno capo al Comune – erano circa 20 mila. Il vero problema di tutte le amministrazioni pubbliche sono le cosiddette società in house, dove le assunzioni avvengono senza controlli perché si tratta di società di capitale; solo che il capitale fa capo ai Comuni o, come avvenuto per le assunzioni nell’Azienda Siciliana Trasporti (AST), alla Regione siciliana (sull’Ast c’è un’inchiesta della Magistratura e sono in corso accertamenti proprio sulle assunzioni a ruota libera). fino a quando non verranno eliminate le società in house il clientelismo con le assunzioni senza controllo non finirà mai. Scrive non a caso Lomonte: “Ma la situazione in realtà è molto peggiore, perché a essere unico cliente di tutte le società partecipate tranne Gesap è proprio il Comune di Palermo. Sono contratti cosiddetti di servizio di decine o di svariate centinaia di milioni di euro all’anno, come quello con Rap, la ex Amia. Ecco perché solo Amat chiede al Comune oltre 110 milioni: vanta un credito per mancati pagamenti relativi al contratto di servizio”.
Oggi sono in tanti a parlare di Comune di Palermo in default. Noi abbiamo affrontato questo argomento ben cinque anni da, poco prima delle elezioni comunali. Ecco il titolo del nostro articolo del Febbraio 2017: “Il Comune di Palermo sta andando al voto con un rating finanziario “E”, che significa rischio default!”. E’ questo il motivo per il quale quanto scrive Lomonte non è lontano dalla realtà: “… non conosciamo ancora la vera entità dell’enorme buco nei conti del Comune, che potrebbe ridicolizzare gli 1,5 miliardi del Comune di Catania in dissesto”. La situazione è andata avanti per cinque anni e, con molta probabilità, verrà fuori dopo le elezioni. Abbiamo la sensazione che un’altra candidata sindaco di Palermo, Carolina Varchi, parlamentare nazionale di Fratelli d’Italia, non sia andata molto lontano quando ha affermato: “Credo che vogliano soltanto allontanare il rischio di essere chiamati a rispondere delle proprie responsabilità come amministratori, cosa che il dissesto comporterebbe in automatico”.
Lomonte, a differenza di altri politici che limitano a denunciare i ‘buchi’ finanziari del Comune di Palermo (centrodestra) o a minimizzare (centrosinistra) fornisce anche una soluzione: “In breve, e lo ribadiamo, il Comune di Palermo può essere salvato soltanto con un maxi trasferimento di risorse da parte della Regione siciliana con l’emissione di un bond dedicato. E con la sostituzione di tutta la dirigenza amministrativa e di tutte le aziende partecipate che non hanno saputo impedire che si compisse tutto questo. È appena il caso di ricordare che continuare in queste condizioni, facendo finta che il problema non esista, rischia di portare rapidamente al blocco del pagamento degli stipendi non solo per i lavoratori del Teatro Biondo, cui va la nostra piena solidarietà, ma anche di quelli del Comune e di tutte le aziende controllate interamente dalla città di Palermo”. Lomonte, per concludere, è convinto che il Comune di Palermo, a causa della crisi finanziaria, potrebbe finire nel caos. Noi non ci crediamo – perché un’eventualità del genere non sarebbe sfuggita ai livelli di controllo sui conti del Comune: il Consiglio comunale, i Revisori dei Conti, la regione siciliana (assessorato alle Autonomia locali) e alla Corte dei Conti. Ciò posto, la crisi finanziaria c’è è il rimedio proposto da Lomonte – rimedio che consiste in un’operazione di Helicopter Money, ipotesi che Siciliani Liberi ha lanciato due anni fa per la Regione siciliana – è percorribile.
Foto tratta da Il Moderatore
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