Rebus elezioni in Francia, scivolone di Di Maio su gas algerino, guerra in Ucraina permanente e Sicilia con il MUOS ‘obiettivo sensibile’/ MATTINALE 622

11 aprile 2022
  • Per il progetto di una moneta africana hanno ammazzato Gheddafi. Figuriamoci cosa può succede con l’area del dollaro in declino. Totalmente prive di cultura diplomatica le dichiarazioni del Ministro degli Esteri Di Maio che presenta il gas algerino all’Italia come una soluzione per “fronteggiare i ricatti russi”
  • In Francia vanno al ballottaggio – secondo previsioni – Macron e la Le Pen. Però questa volta è un po’ più complicata per lo stesso Macron, visto che estrema sinistra e destra superano il 50%
  • Sbagliatissimo presentare l’aumento del gas algerino all’Italia come una sconfitta russa, perché l’Algeria è un Paese amico della Russia
  • Il professore Alessandro Orsini auspica il “crollo elettorale dei partiti italiani bellicisti” e “milioni di schede bianche alle prossime elezioni” per arrivare a un “partito pacifista”

Per il progetto di una moneta africana hanno ammazzato Gheddafi. Figuriamoci cosa può succede con l’area del dollaro in declino. Totalmente prive di cultura diplomatica le dichiarazioni del Ministro degli Esteri Di Maio che presenta il gas algerino all’Italia come una soluzione per “fronteggiare i ricatti russi”

Un MATTINALE complicato, quello di oggi che apre la settimana Pasquale. Due le notizie da commentare: i risultati del primo turno delle elezioni francesi, con la destra e la sinistra comunista che avanzano, mentre sono completamente scomparsi i socialisti; e la follia della Nato che, in Ucraina, ha di fatto messo da parte Zelensky per formalizzare – di fatto è così – una guerra per procura contro la Russia. Mai come in questo momento storico occorre tenere i nervi saldi e bisogna dare atto al leader della Cina, Xi Jinping, di continuare a tenere una posizione saggia in questa guerra assurda scatenata da un’area del dollaro sempre più in crisi, se è vero che grandi realtà economiche come Cina, India, Russia e una parte dei Paesi Africani snobbano ormai la divisa americana. Se pensiamo che l’assassinio di Gheddafi è stato voluto soprattutto a causa dell’idea dell’allora leader libico di una moneta africana, ci rendiamo conto di cosa potrebbe succedere con la crisi del dollaro. La radice del problema è tutto qui, con gli americani che pensano che, ‘sfondando’ in Russia e ‘americanizzandola’, continueranno a imporre il dollaro. Ma è solo una semplificazione che si basa sull’assunto che in questa guerra le armi nucleari non verranno utilizzate, perché se è possibile gestire le ‘guerre locali’ tradizionali, sarebbe invece impossibile fare altrettanto con le armi atomiche. E’ un gioco pericoloso, quello che è in corso, che vede la Sicilia direttamente coinvolta. La Nato, in queste ore, riconosce al presidente dell’Ucraina, Zelensky, la possibilità di negoziare con i russi la fine della guerra senza, però, cedere porzioni di territorio a Putin (leggere Dombass), perché ciò significherebbe una vittoria della Russia. Questa posizione rigida della Nato, di fatto, costringe l’Ucraina a una guerra permanente contro la Russia. Ma l’obiettivo della Russia è il congiungimento di Crimea e Dombass per non perdere il controllo delle attività commerciali sul Mar Nero (è da qui che partono le navi russe cariche di grano: e la Russia è il primo produttore di grano nel mondo). La guerra permanente – con l’Unione europea sempre più fragile al servizio dell’area del dollaro – non potrà non coinvolgere il MUOS di Niscemi. Se la guerra andrà avanti sarà solo questione di tempo…

In Francia vanno al ballottaggio – secondo previsioni – Macron e la Le Pen. Però questa volta è un po’ più complicata per lo stesso Macron, visto che estrema sinistra e destra superano il 50%

Ma prima di commentare la folle guerra nell’Ucraina diamo un’occhiata ai risultati del primo turno delle elezioni francesi. Cominciamo col dire che al ballottaggio vanno, come secondo previsioni, Emanuel Macron e Marine Le Pen. Alla fine, con oltre il 90% delle schede scrutinate, le banche, la finanza, gli europeisti e tutto l’armamentario ultra-liberista globalista che sostiene Emanuel Macron si è fermato al 27,3%; al secondo posto si classifica Marine Le Pen con quasi il 24% dei voti; al terzo posto l’estrema sinistra di Mélenchon (21,7%); al quarto posto il candidato estrema destra, Éric Zemmour (7%); al quinto posto la repubblicana Valérie Pécresse (4,7%); al sesto posto il verde Yannick Jadot (4,4%); al settimo posto il candidato degli agricoltori Jean Lassalle (3,2%); all’ottavo posto il comunista Fabien Roussel (2,3%); al nono posto il sovranista Dupont-Aignan (2,1%); al decimo posto la socialista Anne Hidalgo (1,7%). In Francia, di fatto, è scomparso il Partito Socialista. Mélenchon – che è sostenuto da un elettorato molto giovane e non facilmente prevedibile – si è subito catapultato ai microfoni delle televisioni francesi per dire che alla Le Pen non andrà un solo voto del suo partito: almeno questa è la sua speranza, perché il suo è un elettorato di estrema sinistra che detesta sia la destra di Le Pen, sia la destra economica e finanziaria liberal-ultra-globalista. Ma per fare vincere Macron è necessario che gli elettori di Mélenchon, o almeno una buona parte di loro, votino Macron: e questa non sarà una cosa semplice. Il timore non sta negli opposti estremismi che si riuniscono, ma negli elettori di Mélenchon che potrebbero disertare le urne. Viceversa, la Le Pen, oltre a prendersi il voto dell’estrema destra di Éric Zemmour (in questo momento Le Pen ed estrema destra sono il primo partito in Francia), punta sugli elettori che si sono astenuti al primo turno, che sono il 26,5% (in aumento rispetto alla precedenti elezioni). Insomma, la situazione non è facile, né prevedibile. Gli ‘europeisti’ (leggere ultra-liberisti e globalisti) danno En Marche – il partito di Macron – vittorioso al ballottaggio con un 54%. Ma questa, più che una certezza, è una speranza, perché se la Le Pen riuscirà in questi 15 giorni a convincere gli astenuti a recarsi alle urne e a votare per lei lo scenario potrebbe mutare.

Sbagliatissimo presentare l’aumento del gas algerino all’Italia come una sconfitta russa, perché l’Algeria è un Paese amico della Russia

Tornando alla guerra in Ucraina non possiamo non segnalare l’ennesimo errore diplomatico dell’Italia. Per cercare di trovare un’alternativa al gas russo l’Italia sta provando ad aumentare l’importazione di gas dall’Algeria. Per la cronaca, l’Italia, attraverso la Sicilia, importa il gas algerino dalla seconda metà degli anni ’70 del secolo passato grazie a un’intuizione dell’ex presidente dell’Ente minerario siciliano, Graziano Verzotto. Questa nuova opportunità viene presentata come una sconfitta russa dal Ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, che parla senza mezzi termini del gas algerino da utilizzare per “fronteggiare i ricatti russi”. Questo modo di gestire la diplomazia è sbagliatissimo. E’ sbagliato in sé, perché i toni – soprattutto quando di mezzo ci sono grandi interessi economici – non possono essere questi, perché la diplomazia, per definizione, rifugge da toni estremi; ed è sbagliato perché l’Algeria è in buoni rapporti con la Russia e lasciare intendere al contesto internazionale che l’Algeria lavora con l’Italia contro gli interessi della Russia è un errore grossolano che potrebbe irritare non soltanto i russi, ma anche gli algerini e i cinesi. L’Algeria e un po’ tutta l’Africa sono in buoni rapporti con la Russia e con la Cina: che bisogno c’è di strombazzare ai quattro venti – in chiave anti-russa – l’eventuale accordo sul gas con l’Algeria? Perché trascinare l’Algeria nello scontro in atto tra Occidente industrializzato – ormai di fatto controllato dalla Nato – presentando la stessa Algeria come un Paese che si schiera addirittura contro la Russia? Per ora con la guerra in corso a guadagnare montagne di soldi sono i mercanti internazionali di armi, mentre l’economia europea, già in crisi, oltre a rischiare di restare senza gas per i turisti russi (solo in Sicilia 400 mila presenza in meno e 200 milioni di euro ‘bruciati’).

Il professore Alessandro Orsini auspica il “crollo elettorale dei partiti italiani bellicisti” e “milioni di schede bianche alle prossime elezioni” per arrivare a un “partito pacifista”

Non sappiamo come finirà la guerra in Ucraina. Anzi, non sappiamo se finirà la guerra in Ucraina. Scrive sulla propria pagina Facebook il professore Alessandro Orsini: “Stoltenberg, il segretario generale della Nato, propone di stabilire un esercito permanente ai confini della Russia, mentre i governanti occidentali annunciano di voler inviare una quantità enorme di armi a Kiev, inclusi aerei da guerra. Johnson annuncia l’invio di missili e di armi pesanti. La conseguenza è una crescita esponenziale del pericolo di un’internazionalizzazione della guerra, con il coinvolgimento dell’Italia, che ne verrebbe letteralmente travolta con la conseguente devastazione della sua economia e uno sconvolgimento della vita civile basata sulla moderazione, di cui io sono un gran celebratore. Per essere chiaro, procedo per punti. E poi ditemi voi se il Papa non abbia ragione nel dire che siamo in mano a un gruppo di “pazzi”:
1) Grandi quantità di armi all’Ucraina attraverso i suoi confini occidentali abitati da Paesi Nato
2) La Russia bombarda le armi provenienti dai Paesi Nato e il loro territorio.
3) La Russia, volendo bombardare la grande quantità di armi, finisce per bombardare anche i soldati Nato.
4) L’Italia si trova in una guerra senza che gli italiani lo vogliano. Il nostro Paese sarà devastato.
Il nostro Parlamento ha smesso di pensare. Il movimento pacifista laico e quello cattolico devono saldarsi ed entrare in azione. Dobbiamo salvarci da soli. Se questo è il futuro che ci aspetta, occorre lavorare per il crollo elettorale dei partiti italiani bellicisti e programmare milioni di schede bianche alle prossime elezioni. Urge un partito pacifista”. Come si fa a dargli torto?

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