Sul Titanic

L’allarme FAO: prezzi di cibo e mangimi in aumento del 20% a causa della guerra in Ucrania. Guadagna solo chi vende armi

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  • Chi oggi soffia sulla guerra in Ucraina lo fa perché ha interessi precisi nel mercato delle armi. Il problema è che la guerra sta riducendo la disponibilità di cibo nel mondo, perché crea problemi ad agricoltura e commercio   
  • Lo spettro della malnutrizione (leggere possibili carestie) 
  • In tutto questo non si considerano i possibili effetti, anche quest’anno, sull’agricoltura. I consigli avventurosi dell’Unione europea agli agricoltori che rischiano di creare ulteriori problemi economici agli stessi agricoltori 

Chi oggi soffia sulla guerra in Ucraina lo fa perché ha interessi precisi nel mercato delle armi. Il problema è che la guerra sta riducendo la disponibilità di cibo nel mondo, perché crea problemi ad agricoltura e commercio   

Mentre nell’Unione europea prosegue senza sosta la pagliacciata sulla “Russia cattiva”, “Basta gas russo” e stupidaggini simili, con il gas russo che continua ad alimentare l’economia europea, con gli Stati Uniti d’America che – forse non a torto – cominciano a sentirsi presi in giro dai governanti della Ue, ci sono gli effetti nefasti reali  che la guerra in Ucraina sta provocando nel mercato mondiale del cibo. Chi legge I Nuovi Vespri ricorderà che la FAO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), già nell’Ottobre dello scorso anno – quindi ben prima dell’esplosione della guerra in Ucraina – segnalava un preoccupante aumento dei prezzi dei generi alimentari. Questo aumento dei prezzi del cibo, verso la fine dello scorso anno, era il frutto dei drammatici cambiamenti climatici che hanno danneggiato molte colture agricole, a cominciare dal grano. Oggi, con la guerra in Ucraina in corso – e con i Paesi che alimentano la guerra spedendo armi in Ucraina per far guadagnare montagne di soldi alle industrie che producono armi – lo scenario è sensibilmente peggiorato. Per capire come stanno le cose andrebbe esaminato il rapporto tra chi controlla l’informazione e chi produce e vende armi: e questo non è un discorso che riguarda solo l’Italia, ma tutto l’Occidente industrializzato. “I prezzi mondiali del cibo sono balzati di quasi il 13% a Marzo,  scrive nel suo report settimanale l’analista dei mercati mondiali Sandro Puglisi – raggiungendo un nuovo record. La guerra in Ucraina – dice sempre Puglisi citando la FAO – ha causato turbolenze nei mercati dei cereali di base e degli oli commestibili”. L’indice dei prezzi alimentari – con riferimento alle materie prime alimentari più scambiate a livello mondiale – ha registrato una media di 159,3 punti lo scorso Marzo, contro i 141,4 rivisti al rialzo di Febbraio. “La cifra di Febbraio – precisa Puglisi era stata precedentemente fissata a 140,7, che all’epoca era un record. In particolare, l’indice dei prezzi dei cereali è salito del 17% a Marzo a un livello record. Mentre l’indice degli oli vegetali è salito del 23%, registrando anche la sua lettura più alta”. In crescita anche i prezzi dello zucchero e dei prodotti lattiero-caseari.

Lo spettro della malnutrizione (leggere possibili carestie) 

“La FAO il mese scorso – scrive ancora Puglisi –  ha affermato che i prezzi di cibo e mangimi potrebbero aumentare fino al 20% a causa del conflitto in Ucraina, aumentando il rischio di un aumento della malnutrizione. L’interruzione delle forniture di raccolti dalla regione del Mar Nero ha esacerbato l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, che erano già ai massimi di 10 anni prima della guerra in Ucraina a causa di problemi di raccolto globale”. I “problemi di raccolto globale”, come già ricordato, sono l’amaro risultato dei cambiamenti climatici dello scorso anno. “In stime separate dell’offerta e della domanda di cereali – scrive ancora Puglisi – la FAO ha ridotto la sua proiezione della produzione mondiale di grano nel 2022 a 784 milioni di tonnellate, dai 790 milioni del mese scorso, poiché ha tenuto conto della possibilità che almeno il 20% della superficie coltivata invernale dell’Ucraina non sarebbe essere raccolto”. La FAO ha “abbassato la sua proiezione del commercio globale di cereali nella campagna di commercializzazione 2021/22 poiché si prevedeva che l’aumento delle esportazioni da Argentina, India, Unione Europea e Stati Uniti avrebbe solo compensato parte dell’interruzione delle esportazioni del Mar Nero. Pertanto, il commercio totale di cereali nel 2021/22 è stato rivisto al ribasso di 14,6 milioni di tonnellate rispetto alle previsioni mensili precedenti”. Nel frattempo, le scorte mondiali di cereali previste per la fine del 2021/22 – sempre secondo la FAO – sono state riviste al rialzo di 15 milioni di tonnellate a quasi 851 milioni di tonnellate, principalmente a causa delle aspettative che l’interruzione delle esportazioni porterà a scorte maggiori in Ucraina e Russia, ha aggiunto la FAO”. La Russia, nonostante la guerra – e nonostante l’aumento dei dazi sulle esportazioni di grano – continua ad esportare a prezzi competitivi. Le esportazioni dell’Ucraina, invece, sono scese di 1,0 milioni di tonnellate a 19,0 milioni poiché i suoi porti rimangono chiusi.

In tutto questo non si considerano i possibili effetti, anche quest’anno, sull’agricoltura. I consigli avventurosi dell’Unione europea agli agricoltori che rischiano di creare ulteriori problemi economici agli stessi agricoltori 

Questi dati non tengono conto dell’andamento climatico di quest’anno. O meglio, partono dal presupposto che, quest’anno, i cambiamenti climatici non producano i danni ai raccolti registrati lo scorso anno. Già senza cambiamenti climatici la situazione è estremamente complicata, perché un aumento dei prezzi del cibo significa che l’offerta non soddisfa la domanda. Questo perché molti Paesi cominciano a ridurre le esportazioni, sia perché la produzione dello scorso anno è diminuita, sia perché on la guerra in Ucraina temono temono un peggioramento della situazione. Gli equilibri in materia di alimentazione globale sono assicurati – soprattutto per alimenti essenziali come il grano o per mangimi per animali essenziali come mais e soia – dagli scambi internazionali. Ma se, da un lato, i cambiamenti climatici riducono le produzioni e se, dall’altro lato, la guerra peggiora le condizioni economiche ed agronomiche, la situazione si complica e si profilano carestie e tumulti nei Paesi che rimangono senza cibo. Se a questo poi si aggiungono le stupidaggini – e torniamo purtroppo a un’Unione europea che, in agricoltura, è governata da dilettanti allo sbaraglio, la situazione si può ulteriormente complicare per chi segue gli indirizzi avventurosi, se non errati, della Ue. Leggiamo sulla pagina Facebook di Simenza un post dal titolo “LE REAZIONI SCOMPOSTE”: “L’atavica assenza di una seria politica di sicurezza agricola nel nostro Paese e la ridotta disponibilità di derrate alimentari stanno causando una corsa alle semine. Attenzione, se la dinamica dei prezzi di vendita non rimarrà al rialzo qualcuno si farà molto male. Il comparto agricolo sta affrontando una situazione che ora non consente nemmeno di ripagare i costi sostenuti per la produzione. Cautela…”. Il riferimento è alle indicazioni dell’Unione europea che, dopo aver pagato per decenni gli agricoltori per non coltivare grano con il Set-Aside, adesso spinge gli agricoltori a seminare dove capita… Il problema è che le sementi costano (prezzi raddoppiati), i fertilizzanti costano (prezzi più che raddoppiati), il gasolio agricolo costa (prezzo quasi raddoppiato) e non è detto che il prezzo de prodotti ripaghi i costi eventualmente sostenuti…

 

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