- Questa domanda ce la siamo posti cinque anni fa, quando abbiamo scoperto che nei porti pugliesi e siciliani, oltre al grano duro canadese, arrivavano grandi quantitativi di grano duro dall’Ucraina
- Il nostro articolo di cinque anni fa
- La speculazione per tenere basso il prezzo del grano duro del Sud Italia e della Sicilia e l’arrivo del grano duro canadese tanto caro alle industrie della pasta
- L’intervista con il micologo Andrea Di Benedetto
- Il grano duro dell’Ucraina
- Quando li libereremo dell’Unione europea sarà sempre troppo tardi
Questa domanda ce la siamo posti cinque anni fa, quando abbiamo scoperto che nei porti pugliesi e siciliani, oltre al grano duro canadese, arrivavano grandi quantitativi di grano duro dall’Ucraina
In questi giorni, tra le tante notizie arrivate dal fronte di guerra in Ucraina, ce n’è una che ci ha colpiti: la presenza di soldati russi che si sono contaminati a Chernobyl (un soldato è morto), il luogo nel quale, la notte del 26 Aprile del 1986, si verificò un incidente nucleare che destò scalpore in tutto il mondo. E’ una notizia che ci ha fatto ricordare un nostro articolo di cinque anni fa, quando abbiamo scoperto che, nei porti del Sud Italia, e segnatamente nei porti pugliesi e siciliani, oltre al grano duro canadese, arrivava anche grano dall’Ucraina. Allora ci siamo posti una semplice domanda: ma se la radioattività di un luogo contaminato dall’inquinamento nucleare per dura migliaia di anni, tale inquinamento non potrebbe anche riguardare il grano coltivato in queste zone? Sapevamo che l’Ucraina era un grande esportatore di grano nel mondo, ma non immaginavamo che l’Unione europea e, in particolare l’Italia, importava grano duro dall’Ucraina! Oggi, alla luce dei soldati russi che si sono ammalati in Ucraina a causa della radioattività, ci chiediamo: siamo sicuri che il grano duro contaminato non sa arrivato in Italia? E, soprattutto, quanto grano duro ucraino è arrivato in Italia in questi anni?
Il nostro articolo di cinque anni fa
Così siamo andati a rileggere il nostro articolo di cinque anni fa. Una lettura istruttiva, oggi, perché elementi che allora abbiamo sottovalutato oggi, purtroppo, appaiono in un’altra luce. In quel periodo, insieme con GranoSalus – associazione che raccoglie produttori di grano duro del Sud e consumatori – avevano puntato i riflettori sul grano duro canadese che arrivava con le navi e sulla presenza di glifosato e micotossine DON nella pasta che, è noto si produce con il grano duro. Così, di approfondimento in approfondimento, cinque anni fa abbiamo appurato che le grandi industrie della pasta, dopo il clamore suscitato dalla presenza di micotossine DON, stavano cambiando strategia: invece di usare nelle miscele di grano duro il 50% di grano duro canadese, ne usano il 30%, sostituendolo con grano duro che arriva con solite navi dall’Est, Ucraina in testa. Allora ci chiedevamo: “Pericolo legato al grano radioattivo?”. Adesso rileggiamo quanto abbiamo scritto cinque anni fa:
La speculazione per tenere basso il prezzo del grano duro del Sud Italia e della Sicilia e l’arrivo del grano duro canadese tanto caro alle industrie della pasta
“Già, la pasta. Che dovrebbe essere il prodotto d’elezione del Sud del nostro Paese, se è vero che la pasta si fa con il grano duro, coltura tipica del Mezzogiorno d’Italia per antonomasia. Solo che nel Belpaese succedono cose strane. Succede che il grano duro del Meridione d’Italia – che sotto il profilo della qualità tossicologica è uno dei migliori del mondo – viene invece utilizzato per ‘tagliare’ il grano duro che arriva dai Paesi esteri. Da protagonista, il grano duro del Sud Italia è diventato comprimario. Il nostro grano duro, come già accennato, serve soltanto per essere miscelato con i grani duri esteri. O meglio, per abbassare il tenore di sostanze inquinanti e dannose per la salute umana contenute di solito nei grani duri esteri. E siccome le multinazionali hanno deciso che il grano duro del Mezzogiorno d’Italia deve svolgere un ruolo secondario, deve costare poco: da qui i ‘magheggi’ del mercato di Chicago (il più importante mercato del grano del mondo) nonché delle Borse merci locali per tenere basso il prezzo del grano duro del Sud Italia (18-20 euro al quintale). Tutto questo mentre il prezzo del Desert Durum prodotto tra la California e l’Arizona rimane alto (circa 40 Euro a quintale) grazie a un sistema di certificazione che nel Sud Italia fino ad oggi risulta sconosciuto. Il risultato di tutti questi ‘giochi’ è che in Italia, mediante le navi, arriva un grano duro quasi sempre di qualità scadente. Ma ha una ‘qualità proteica’ che conviene molto alle industrie della pasta: contiene tanto glutine: cosa, questa, che fa risparmiare alle stesse industrie un sacco di soldi (la pasta ricca di glutine essicca in due ore invece che il 24-36 ore). E pazienza se l’eccesso di glutine, insieme con la presenza di glifosato e micotossine DON, ha sfasciato gli ‘stomaci’ di mezzo mondo!”.
L’intervista con il micologo Andrea Di Benedetto
A quel punto abbiamo dato la parola ad Andrea Di Benedetto, un micologo pugliese che allora sentivamo spesso per le sue note competenze in materia di cerealicoltura e questioni legate a problemi microbiologici. “A lume di naso – ci diceva allora Di Benedetto – possiamo affermare che i pastai italiani, dopo che una grande attenzione, da parte dei media, si è concentrata sugli alti livelli di micotossine DON, stanno cambiando in parte la fonte di approvvigionamento di grani duri esteri… Il grano duro canadese arriva sempre. Hanno ridotto la presenza del grano duro canadese nelle miscelazioni: invece di inserire nelle miscele il 50 per cento di grano duro canadese ne inseriscono il 30 per cento”. Noi pensavamo che la miscelazione dei grani fosse una pratica non prevista dalle leggi. Di Benedetto ci illustrò come stavano le cose: “Su questo punto, in realtà, la legislazione comunitaria è ambigua. Come tutti sappiamo, l’Unione Europea ha fissato un limite della presenza di DON sul grano duro a 1750 parti per miliardo. Ora siccome il grano duro importato in questione ha un limite di poco inferiore a 1700 parti per miliardo di DON, loro sostengono che si può utilizzare per fare i tagli… Come abbiano potuto ottenere, dall’Unione Europea, un limite così alto per il DON non riusciamo ancora oggi a spiegarcelo. Come ho già detto una volta proprio sul vostro blog d’informazione, in Canada, un grano duro che contiene 1000 parti per miliardi di Don non viene dato nemmeno agli animali! Ripeto: su questo punto la normativa europea è ambigua. Il Legislatore comunitario, a mio avviso, oltre ad abbassare il limite del DON, dovrebbe essere più chiaro anche sulle miscelazioni del grano”.
Il grano duro dell’Ucraina
Ecco di seguito la parte della nostra intervista dove si parla esplicitamente del grano duro che arriva dall’Ucraina:
Quindi meno grano duro canadese nelle miscele; e con quale altro grano duro viene sostituito?
“Da quello che abbiamo appurato, da grano duro che arriva dall’Est”.
Dall’Est europeo?
“Dall’Est europeo, in particolare da rotte navali che partono dal Mar Nero”.
Dall’Ucraina? Ma lì non c’è ancora il problema di Chernobyl? Noi sapevamo che per smaltire i radionuclidi dovrebbero passare oltre ventimila anni…
“Su questo punto dobbiamo essere molto cauti. Quello che possiamo affermare in questa fase è che nei porti italiani, oltre alle navi cariche di grano duro che arrivano dal Canada, ci sono adesso anche le navi cariche di grano duro che arrivano dall’Est Europa e dall’Ucraina. Quanto ad altre notizie, ebbene, noi preferiamo parlare con le analisi in mano. Precisando che, in questo caso, le analisi sono molto costose”.
Quando li libereremo dell’Unione europea sarà sempre troppo tardi
Quanto grano duro dall’Ucraina è stato importato in Italia in questi anni? Ribadiamo: l’Ucraina è il terzo esportatore di grano duro del mondo. O almeno lo era prima dell’esplosione della guerra. Ora, se l’argomento radioattività – che ovviamente riguarda solo l’area inquinata – è stato trascurato, la presenza di soldati russi contaminati ci dice che il problema, da quelle parti esiste ancora. Nulla contro l’Ucraina e gli ucraini. Solo il disappunto per una gestione sbagliata dell’agricoltura da parte dell’Unione europea (assurdo che, ancora oggi, la Ue consenta la presenza di DON sul grano duro a 1750 parti per miliardo solo per consentire al grano canadese di invadere i nostri mercati: una vergogna!). Assurdo che Unione europea e Governi italiani ‘europeisti’ abbiano costretto gli agricoltori del Sud Italia e della Sicilia ad abbandonare circa 600 mila ettari di seminativi per fare arrivare il grano duro canadese e ucraino, perché così conveniva all’industria della pasta! Oggi la Ue, a causa della guerra in Ucraina e ai cambiamenti climatici, cambia linea di politica agraria e vorrebbe che i seminativi che ha fatto abbandonare anche pagando gli agricoltori (leggere Set-Aside) venissero coltivati. Pagliacci. La nostra speranza è che l’attuale Unione europea si dissolva: e forse, questa volta, con la guerra in Ucraina, le nostre speranze sono ben riposte…
Foto tratta da Eastern Europe World
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