- La circolare della discordia: “… non inseguire le auto che, non rispettando l’alt delle forze dell’ordine, proseguono oltre scappando2
- Le interrogazioni e la precisazione del Viminale
- Caso risolto dunque? Non sembra proprio! Questo piccolo incidente, mitigato da una correzione “cerchiobottista” rivela un malessere molto profondo.
- Le limitazioni
- L’assenza della politica
di Daniele Quarta
RAE Rete Attivisti Equità
La circolare della discordia: “… non inseguire le auto che, non rispettando l’alt delle forze dell’ordine, proseguono oltre scappando2
Il 1° aprile agli agenti della Polstrada della Lombardia arriva una doccia fredda. Una circolare del direttore di settore Maria Dolores Rucci ammonisce gli agenti dell’intera regione a non inseguire le auto che, non rispettando l’alt delle forze dell’ordine, proseguono oltre scappando. La stessa circolare raccomanda di operare “col massimo livello di prudenza e di accortezza” limitandosi ad annotare la targa, il tipo e il modello di auto, a segnalare via radio “a tutte le altre Forze di Polizia presenti sul territorio per il rintraccio dei fuggitivi”.
Le interrogazioni e la precisazione del Viminale
Allo sconcerto immediato delle forze dell’ordine hanno fatto da eco interrogazioni del sindacato di Polizia, portando il clamore fino al Viminale che non ha tardato a diramare una precisazione: “Non si è mai voluto venir meno al compito di inseguire gli automobilisti inottemperanti all’obbligo di arrestarsi all’alt, le stesse bensì trovano origine nell’esigenza di garantire la maggiore tutela possibile all’incolumità degli utenti stradali e degli stessi operatori di Polizia, raccomandando a questi ultimi di adottare in tali occasioni tutte le opportune cautele senza, ovviamente, venir meno ai propri compiti istituzionali”.
Caso risolto dunque? Non sembra proprio! Questo piccolo incidente, mitigato da una correzione “cerchiobottista” rivela un malessere molto profondo.
Immagine delle forze dell’ordine indebolite
In realtà questa vicenda, che indebolisce l’immagine della forze dell’ordine, rivela la necessità di un cambiamento radicale nelle Forze di Polizia, sia sul piano strutturale – perché inquadrate in dinamiche operative poco soddisfacenti rispetto alle necessità attuali – che sul piano morale, perché non da poco tempo vengono screditate da una parte dell’opinione pubblica che, non conoscendo realmente le normative di legge o non avendo gli strumenti per approfondirle, esercita una pressione sulla politica affinché si confronti con l’operatore fino a negargli il diritto di compiere il proprio dovere.
Le limitazioni
La direttiva in questione limita, senza dubbio, l’azione di contrasto verso la criminalità, fino a rendere quasi partecipe l’agente in quell’azione illecita. Da sempre, le Forze di Polizia, sono coese nell’unico scopo di arginare le azioni delittuose, contrastandole fino a debellarle, in costante vicinanza al cittadino e alle sue esigenze, anteponendo finanche la vita pur di adempiere ai propri compiti. Limitare le attività di contrasto ad un mero appunto scritto di targhe e modelli di veicoli significherebbe ridurre, se non eliminare del tutto, quel senso di fiducia nel cittadino, che vorrebbe vedere nelle forze dell’ordine il punto di riferimento per la propria protezione. Oltretutto, la limitazione imposta contrasterebbe anche con quanto prevede la legge stessa, in relazione ai compiti previsti e doverosi della Polizia Giudiziaria.
L’assenza della politica
Il vero vulnus della vicenda sta nella dolosa assenza dell’attuale politica che, con lo scudo di uno pseudo garantismo, abbandona la pubblica istituzione a fronteggiare da sola il peso della responsabilità sociale sul proprio operato. È un malanno profondo che sta colpendo da anni tutti i settori pubblici e purtroppo, verifichiamo che le istituzioni dell’ordine sociale non fanno eccezione. Quando il peso della responsabilità sui rischi collaterali derivanti dall’azione delle forze dell’ordine, per eventuali danni a persone e cose, diventa insopportabile, ecco l’istituzione stessa non ha altra scelta che limitare la qualità del proprio operato, fino a rendere inefficace la natura stessa del suo agire.
Vale la pena ricordare che è compito della politica, quella vera, generare, tutelare e valorizzare i beni comuni di un Paese, non vedendoli solo come un costo, ma come asset generatori di ricchezza per tutti. Ma forse questa è ancora oggi fantapolitica.
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