Mario Pagliaro: “La cenere dell’Etna è un ottimo fertilizzante e può diventare una grande risorsa economica per la Sicilia”

31 marzo 2022
  • Noi intervistiamo spesso Mario Pagliaro sul clima e sull’agricoltura. Oggi parla come chimico del Cnr e ci racconta ce trasformare quello che è considerato un problema in una grande opportunità
  • La cenere funziona da ‘ricarica’ per gli enzimi del terreno di metalli cruciali come il manganese, lo zinco e il ferro, consentendo di fertilizzare grandi estensioni di terreno con quantità di cenere vulcanica relativamente piccole
  • Il ruolo della Regione siciliana

Noi intervistiamo spesso Mario Pagliaro sul clima e sull’agricoltura. Oggi parla come chimico del Cnr e ci racconta ce trasformare quello che è considerato un problema in una grande opportunità

Siamo rimasti letteralmente sbalorditi nell’apprendere che la cenere lavica è un formidabile fertilizzante minerale. A rivelarlo è uno studio del gruppo di ricerca di Mario Pagliaro al Cnr pubblicato oggi (https://doi.org/10.26434/chemrxiv-2022-brsxc9. Noi abbiamo intervistato spesso Pagliaro per parlare di grano e di agricoltura. Come sanno bene i nostri lettori, i prezzi dei fertilizzanti sono triplicati. L’Etna ha eruttato decine di volte solo nel corso degli ultimi tre anni, emettendo ogni volta enormi quantità di cenere, che oltre a rallentare o far chiudere completamente le attività aeroportuali di Catania, ha ricoperto decine di paesi etnei. Il costo di smaltimento della cenere nei 43 Comuni siciliani investiti dalla cenere delle eruzioni di inizio 2021 è stato di 15 milioni di euro (www.elisaguccione.it/sicilianpeople/cenere-lavica-la-regione-delibera-lo-stato-di-crisi-per-43-comuni-siciliani/). Soldi che ovviamente i Comuni etnei non hanno, e che hanno chiesto alla Regione. Abbiamo chiesto a Pagliaro maggiori delucidazioni.

Tutti sapevamo che i terreni lavici sono i più fertili, ma ogni volta che c’è un’eruzione esplosiva sentiamo le lamentele degli agricoltori etnei. Come mai?

“Perché le particelle piroclastiche più grandi, chiamate lapilli e bombe, rovinano tutte le colture sulle quali ricadono da grande altezza e per molto tempo. Tuttavia, le colture più distanti, raggiunte dalle particelle di cenere vera e propria, se in quantità non elevate da coprire e soffocare le colture, ne ricevono invece grandi benefici, ben noti agli agricoltori pedemontani etnei che vi pubblicano persino video su internet (https://www.youtube.com/watch?v=aPa24V7FoCk).

Anche noi sappiamo che, ad esempio, la cenere della combustione del legno, ricca di sali minerali, è un ottimo fertilizzante. E’ questo anche il meccanismo di funzionamento della cenere vulcanica, ricchissima di silice?

“Il meccanismo è duplice ed è stato scoperto solo di recente in modo indipendente da ricercatori Russi e Indonesiani. Gli scienziati Russi nel 2016 hanno scoperto che l’azione fertilizzante non è dovuto al semplice rilascio dei minerali presenti nelle particelle di cenere e dal loro assorbimento da parte delle radici, ma ad una vera e propria attivazione, da parte dei metalli presenti in tracce nella cenere, degli enzimi presenti nel terreno. Sono questi enzimi, infatti, a rendere disponibili alle radici delle piante gli elementi chiave per il loro sviluppo, fra i quali il carbonio, l’azoto, il fosforo e lo zolfo. Gli scienziati Indonesiani hanno invece scoperto come la cenere vulcanica aggiunta al terreno funzioni da vera e propria ‘spugna’ per l’anidride carbonica presente nell’aria. In pochi mesi, la cenere aggiunta al terreno porta prima alla rapida colonizzazione del terreno da parte di cianobatteri e licheni. Dopo soli 5 mesi ecco spuntare le prime erbe. In poco più di due anni, il terreno registra un drastico aumento della quantità di carbonio organico e di ferro. In pratica, è diventato un terreno lavico perfetto per essere coltivato con le più diverse colture”.

“LA CENERE FUNZIONA COME RICARICA DEGLI ENZIMI PRESENTI NEL TERRENO DI METALLI CRUCIALI COME IL MANGANESE, LO ZINCO E IL FERRO”

Quindi se ben capiamo, significa che si possono utilizzare piccole quantità di cenere?

“Esatto. Il particolare, meccanismo catalitico di funzionamento della cenere, che funziona da ‘ricarica’ per gli enzimi del terreno di metalli cruciali come il manganese, lo zinco e il ferro, consente di fertilizzare grandi estensioni di terreno con quantità di cenere vulcanica relativamente piccole. Ad esempio, sperimentando in campo aperto i ricercatori russi hanno dimostrato che bastano 5 tonnellate per ettaro di cenere prelevata dai terreni circostanti il vulcano Shiveluch della Kamchatka per ottenere un aumento della resa delle patate del 62%. Non solo quantità (resa) maggiori, ma anche qualità superiore come mostrato dalla quantità di amido presenti nei tuberi e da quelle di tutti i micronutrienti, inclusi il ferro, il rame, il magnesio, i solfati e il potassio. Risultati analoghi, con un netto miglioramento del tenore di azoto proteico presente nel foraggio, sono stati ottenuti con foraggi concimati con la stessa cenere vulcanica. Risultati simili sono stati scoperti in modo indipendente da ricercatori egiziani ed americani”.

Facciamo fatica a credere che, giunti al 2022, quando tutti sappiamo quanto siano fertili e costosi i terreni lavici (quelli sull’Etna hanno raggiunto incredibili quotazioni), queste conoscenze non siano condivise almeno dalle popolazioni che vivono nei dintorni dei vulcani attivi. Possibile che nessuno raccolga e venda la cenere vulcanica come fertilizzante? Possibile che in Sicilia nessuno ne sappia nulla?

“Alcuni vivai in Calabria utilizzano con straordinario successo proprio la cenere lavica dell’Etna come fertilizzante per le loro colture di più elevato valore commerciale. La cenere, infatti, ha anche un forte potere disinfettante e previene molte patologie che affliggono le piante coltivate in serra. Con i nomi commerciali più diversi, la cenere vulcanica in realtà è venduta in tutto il mondo: dalla Germania al Costa Rica, dall’Indonesia agli Stati Uniti. Molti li abbiamo elencati nel nostro studio, che ha un forte taglio pratico. In Sicilia esistono già aziende che lavorano la pietra lavica e che rivendono la polvere di scarto delle lavorazioni della pietra come fertilizzante ed ammendante del terreno. E’ vero tuttavia che questi risultati, sebbene pubblicati nel corso degli ultimi dieci anni su primarie riviste scientifiche, siano ancora oggi poco conosciuti tanto dalla comunità scientifica che dalle popolazioni dei territori circostanti i vulcani attivi”.

IL RUOLO DELLA REGIONE SICILIANA

Dunque la Sicilia ha ancora una volta in mano una risorsa che nessun altro ha in Italia. Cosa dovrebbe fare la Regione siciliana per fare in modo che la si possa utilizzare a beneficio degli agricoltori siciliani ma anche delle popolazioni etnee?

“La prima cosa è informare in modo completo ed aggiornato gli agricoltori e le popolazioni. Il nostro studio è un primo riferimento concreto. La seconda cosa è cambiare la legislazione sulla cenere vulcanica: che non è affatto un rifiuto, come viene considerata adesso, ma una formidabile risorsa. Sarà sufficiente raccogliere lapilli e ‘bombe’ che invadono l’ambiente costruito etneo ad ogni eruzione esplosiva, sottoporla a semplici cicli di lavaggio con acqua, e quindi schiacciarla per ottenere una polvere grigia sottile, perfetta per funzionare da fertilizzante ed ammendante dei più diversi terreni, tanto in Sicilia che nel resto d’Italia. La cenere è un minerale e in Sicilia la Regione è proprietaria di tutti i minerali esistenti. E’ sufficiente che la Regione stabilisca dei criteri per il prelievo, la lavorazione e il confezionamento della cenere vulcanica per far sì che i futuri produttori del fertilizzante possano apporvi un marchio, come ad esempio ‘Tefra di Sicilia’ (i tefra sono le coltri di materiali piroclasti che si formano durante le eruzioni vulcaniche), ricavarne delle royalties e far crescere una nuova industria. In questo caso, tutta basata sull’economia circolare”.

E la ricerca? Possiamo chiederle se al Cnr ci state già lavorando?

“Certo. Abbiamo da poco introdotto con i colleghi dell’Università di Reggio Calabria un nuovo fertilizzante organico ricavato dagli scarti di lavorazione delle acciughe. A breve, ne studieremo gli effetti insieme a quelli della cenere vulcanica dell’Etna. La ricerca fondamentale è già stata condotta, seppure i suoi esiti restino sconosciuti a gran parte della popolazione. Studieremo presto gli effetti della fertilizzazione con la cenere delle colture in serra, dai pomodorini alle fragole. In Sicilia non mancano né le competenze agronomiche, né quelle agricole. Sono sicuro che arriveremo presto a risultati di grande rilievo. Naturalmente, la cenere è perfetta per fertilizzare la crescita del grano: seppure in vaso, i colleghi americani hanno già mostrato già dieci anni fa come la cenere lavica migliori radicalmente la qualità e la quantità di grano ottenibile. In breve, non resta che procedere rapidamente alla valorizzazione concreta e su vasta scala di questa eccezionale risorsa”.

Foto della cenere tratta da Focus Sicilia

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