“Stiamo entrando in una crisi alimentare senza precedenti. Altri Paesi dipendono anche da prodotti made in Ucraina e Russia. I Paesi del Maghreb, dell’Africa, del Medio Oriente hanno difficoltà con il cibo, in primis con i cereali. Russia e Ucraina sono i maggiori produttori agricoli. L’Egitto dipende per l’80% dalle importazioni della Russia e dell’Ucraina. La situazione che si sta sviluppando in connessione con la situazione in Ucraina peggiorerà entro 12-18 mesi. Questa situazione creerà una crisi alimentare, una grave situazione umanitaria in alcuni Paesi e importanti conseguenze e decisioni politiche”. Lo ha detto il presidente della Francia, Macron. Non siamo particolarmente innamorati di Macron, ma questa volta non si può non essere d’accordo con lui. L’abbiamo scritto ne MATTINALE di ieri, la guerra in Ucraina sta facendo crollare la produzione agricola di questo Paese: “Lo scorso anno l’Ucraina non è stata colpita dagli effetti nefasti dei cambiamenti climatici. Ma quest’anno, dove non è arrivato il clima è arrivata la guerra… il ministro dell’Agricoltura ucraino, scrive che, in questa Primavera, le superfici coltivate sono stimate in 7 milioni di ettari, una riduzione di circa la metà di quanto avrebbe dovuto essere seminato. Ciò vale anche per le colture invernali come il grano. Il ministro ucraino prevede addirittura che sui 6,5 milioni di ettari seminati in Autunno potrebbero essere raccolti solo 4 milioni di ettari. Ci sono anche problemi per il mais, per la soia, per la canola e, soprattutto, per il girasole, con un 48% in meno rispetto allo scorso anno (sempre per la cronaca, l’Ucraina è il primo produttore al mondo di olio di girasole). Anche in Ucraina ci sono problemi con i fertilizzanti. In un momento storico nel quale i cambiamenti climatici potrebbero ridurre la produzione mondiale di grano, di mais, di soia e via continuando queste non sono belle notizie: anzi”.
Dobbiamo ammettere che l’attuale guerra in Ucraina è il frutto del primato dell’economia sulla politica. E questo primato dell’economia sulla politica è un’eredità che il mondo si porta dietro dagli anni del cosiddetto “Edonismo reaganiano”. Piano piano il liberismo economico che il grande economista americano John Kenneth Galbraith ha sempre criticato con ironia alla fine ha preso il sopravvento. E in quasi tutto il mondo governa all’insegna del folle globalismo economico prendendo in ‘affitto’ i progressisti e le ‘sinistre’. Lo ha fatto in Inghilterra con il laburista Tony Blair e poi direttamente negli Stati Uniti d’America con Barack Obama. Due politici che hanno ‘esportato’ mercato e democrazia in mezzo mondo. Obama, dopo aver fallito lo ‘sfondamento’ in Russia attraverso la guerra ‘esportata’ in Siria, ha portato a termine il colpo di Stato in Ucraina nel 2014. Il Partito Democratico americano – ormai da anni nelle salde mani dei liberisti-globalisti – avrebbe dovuto ‘chiudere’ l’operazione Ucraina nel 2017, quando russi e cinesi non erano ancora n perfetta sintonia. Ma lo ‘sfondamento’ in Russia – ma non la corsa agli armamenti – è stato bloccato con i quattro anni di Donald Trump alla Casa Bianca, eletto a sorpresa nel 2016. Per quattro anni Trump è stato massacrato mediaticamente dagli stessi mezzi d’informazione che oggi dipingono Putin come il “cattivo” e Zelesnky come il “buono”. Nel Dicembre del 2020, ‘taroccando’ le elezioni presidenziali, i Democratici si sono ripresi la Casa Bianca con Joe Biden. Il tempo di riorganizzarsi – poco più di un anno – e sono tornati all’attacco con il progetto messo in cantiere per il 2017: il ‘pupo’ americano che chiede di far entrare l’Ucraina nell’Unione europea e nella Nato e via libera allo ‘sfondamento’ verso la Russia, un paese da consegnare al consumismo demenziale dei globalisti-liberisti. Il problema – per Biden, per la Nato e per le multinazionali – è che nel frattempo Russia e Cina sono alleati di ferro. Lo ‘sfondamento’ in Russia sarebbe riuscito nel 2017, oggi per americani, Nato e multinazionali l’Ucraina è diventata ‘acitigna’. I russi hanno scatenato un’offensiva non per arrivare a una pace da vincitori, ma per riprendersi Ucraina, possibilmente liberando verso l’Europa la popolazione ucraina che non si riconosce nei valori della Russia. Da qui altri problemi per l’Unione europea, che potrebbe dover gestire un esodo di otto, dieci, dodici, quindici milioni di profughi in arrivo dall’Ucraina.
Tra l’altro, i russi, temendo effetti negativi dei cambiamenti climatici anche in questo 2022, hanno ridotto l’export di cereali e fertilizzanti verso l’Occidente. Cosa, questa, che ha cominciato a creare problemi lo scorso Ottobre, quando nell’Unione europea governata, in materia di agricoltura, da dilettanti allo sbaraglio, si sono accorti che i prezzi dei fertilizzanti erano schizzati all’insù, perché Cina e Russia avevano già ridotto l’export. Cina e Russia hanno ridotto l’export perché si preparavano alla guerra in Ucraina o per fronteggiare gli effetti dei possibili cambiamenti climatici? Questo non lo sapremo mai. Quello che invece oggi sappiamo è che, a prescindere dal punto interrogativo sui cambiamenti climatici che potrebbero materializzarsi quest’anno, ci sono già problemi seri, sia perché nel mondo, lo scorso anno, la produzione di grano ha subito un tracollo e si sono ridotte le scorte, sia perché la Russia (che è il primo Paese produttore al mondo di grano) ha ridotto le esportazioni, sia perché la guerra in Ucraina ha ridotto la produzione di grano e cereali in generale e di olio di girasole in particolare. E siccome l’Ucraina è il terzo esportatore al mondo di grano e il primo produttore al mondo di olio di girasole, ecco che cominciano i problemi. Da qui l’avvertimento di Macron: “Russia e Ucraina sono i maggiori produttori agricoli. L’Egitto dipende per l’80% dalle importazioni della Russia e dell’Ucraina. La situazione che si sta sviluppando in connessione con la situazione in Ucraina peggiorerà entro 12-18 mesi. Questa situazione creerà una crisi alimentare, una grave situazione umanitaria in alcuni Paesi e importanti conseguenze e decisioni politiche”. Macron descrive uno scenario a prescindere dai cambiamenti climatici. Ma i cambiamenti climatici sono in agguato.
Già, i cambiamenti climatici. Come abbiamo scritto ieri, dall’Antartide arriva una notizia che definire inquietante è poco: qualche giorno fa, rispetto a una temperatura stagionale media di -55 gradi centigradi, la temperatura è salita a -11,5 gradi centigradi. “Il Continente antartico – si legge su METEORED Italia – ha vissuto una ondata di caldo eccezionale che ha portato le temperature al di sopra la media in tutto il territorio. Questa situazione meteorologica, indicano diversi scienziati sul clima in questi giorni, è legata a una concomitanza di fattori, tra cui il trasporto verso i poli di calore e umidità attraverso dei veri e propri ‘fiumi atmosferici’. Il caldo registrato nell’Antartide orientale nei giorni scorsi è stato un evento straordinario, con anomalie di temperatura che, come dicevamo, hanno raggiunto i 40°C rispetto alla media del periodo (la temperatura si è innalzata di 40 gradi ndr)”. METEORED riporta una dichiarazione che il professor Matt King, che guida l’Australian Center for Excellence in Antarctic Science, ha rilasciato al The Guardian, il quotidiano inglese che affronta con grande impegno il problema dei cambiamenti climatici in corso nel mondo: In questo Continente, il più freddo della Terra – ha detto il professor Matt King – mancano registrazioni di temperatura a lungo termine e diventa più difficile contestualizzare storicamente l’ondata di caldo. Anche se è difficile ancora stabilire una correlazione diretta tra questo evento meteo e il cambiamento climatico in atto nel Pianeta, l’impatto della crisi climatica renderà questi eventi sempre più frequenti” (qui per esteso il nostro articolo). Insomma, tra guerra in Ucraina e possibili cambiamenti climatici la situazione potrebbe complicarsi. Né è pensabile che i russi – dopo un mese di combattimenti corpo a corpo – non completino la conquista dell’Ucraina, sia per liberarsi di Zelesnky e del suo esercito, sia per rispondere ai “Paesi ostili”, come li definisce Putin: e tra i “Paesi ostili” la Russia risponderà, con molta probabilità, sia con uno stillicidio energetico, sia con il citato fiume di profughi ucraini che si dirige verso l’Europa. Sul fronte energetico stamattina scenarieconomici.it titola: “Iniziamo a restare a secco: l’Austria inizia a razionare il gasolio“. Insomma, l’Austria è il primo Paese europeo che inizia a razionare il gasolio. Il fatto che mezzi d’informazione europei, compresi quelli italiani, si augurino un colpo di Stato contro Putin, ignorando che dietro Putin c’è la Cina, dà la misura di quanto l’Unione europea sia ormai alla frutta…