“La parola è fatta per mascherare il pensiero”, diceva Talleyrand che, come scrive Wikipedia, “è considerato tra i maggiori esponenti del camaleontismo e del realismo politico”. Talleyrand non era indonesiano e nemmeno ucraino. Era francese, quindi europeo. “Servì la monarchia di Luigi XVI – leggiamo sempre su Wikipedia – poi la Rivoluzione francese in alcune sue varie fasi, l’Impero di Napoleone Bonaparte e poi di nuovo la monarchia, questa volta quella di Luigi XVIII, fratello e successore del primo monarca servito, infine fu ancora Gran Ciambellano sotto Carlo X e ambasciatore di Luigi Filippo I. Nel corso della sua lunga carriera gli vennero affibbiati diversi soprannomi, tra cui i più noti furono ‘Il diavolo zoppo’, ‘Il camaleonte’ e ‘Lo stregone della diplomazia’. Fu, con Metternich, il ‘regista’ del congresso di Vienna”. Insomma, come si direbbe in Sicilia ‘nni cummunò i tutti ‘i culura. Ed era sempre in piedi. Ecco, nella guerra in Ucraina, abbiamo la sensazione che l’Unione europea, che non ha mai brillato per diplomazia, stia rispolverando un po’ la tecnica di Talleyrand, che lì per lì dava sempre ragione a tutti i suoi interlocutori promettendo mari e monti, ma poi, quando si trattava di adottare provvedimenti, sempre come si usa dire in Sicilia, tirava sempri pu’ so’ filagnu, ovvero faceva sempre il proprio interesse e l’interesse del Paese che rappresentava. E’ un po’ quello che sta succedendo con l’Ucraina: gli europei manifestano solidarietà e inviano armi in questo Paese, rilanciando keynesianamente l’economia delle armi e, di fatto, anche l’economia. Siamo monelli se diciamo che, in questo momento, in Italia, l’unico settore dell’economia che tira è quello delle armi, proprio come gli Stati Uniti d’America, che dopo i quattro anni di magra con Trump senza nemmeno una guerra, sono tornati ad “esortare democrazia” producendo e vendendo armi?
Guardiamo ai fatti. Mentre folle di ‘intellettuali-intelligenti’ plaudono alla guerra in Ucraina, l’Europa sta facendo un grande favore a se stessa rilanciando la propria industria delle armi. La Germania, che con pandemia si ritrova con il culo a terra, senza nemmeno la possibilità di ‘pelare’ una Grecia qualunque con la scusa del ‘debito’, sta investendo 100 miliardi di euro negli armamenti, alla faccia dei divieti, introdotti dopo la seconda guerra mondiale, che le impedivano eccessivi investimenti nelle armi. Piaccia o no, anche se sono armi l’economia gira. La stessa cosa sta facendo il Giappone. E anche l’Italia. Tutti si armano. E passano armi e solidarietà all’Ucraina. Se, però, andiamo a vedere i risultati della guerra in Ucraina, dove si combatte città per città, ci accorgiamo che Zelensky, quello ricevuto in pompa magna nei Parlamenti di mezzo mondo, sta perdendo. A Mariupol le cose non si mettono bene per gli ucraini. Si combatte, ma i russi, lentamente, avanzano. Non va meglio dalle parti di Donetsk. Pesanti combattimenti a Maryinka e a Avdiivka. Anche in questo caso i russi avanzano. Donetsk e altre città della DPR continuano a essere bombardate dai russi. Si combatte anche a Ugledar. Anche qui i russi avanzano e li ucraini arretrano. Si combatte a Severodonetsk, a Lisichansk e a Popasnaya, con i rissi che preparano l’attacco finale. Si combatte a Izyum, a Sumy e a Chernigov. Si combatte a Kiev: c’è chi dice che i russi prenderanno la città nei prossimi quattro giorni, c’è chi dice che di giorni ce ne vorranno dieci. A Nikolaev e a Odessa non ci sarebbero azioni di guerra particolari. si guerreggia. E il tempo passa. L’unica azione di rilievo è stata la distruzione della nave ucraina ‘Neteshin’ dalle parti di Odessa.
Le domande sono due. Che aiuto stanno dando gli occidentali all’Ucraina? Le armi che rilanciano keynesianamente le economie occidentali azzoppate dalla pandemia? Anche le parole offensive lanciate dall’Unione europea contro la Russia contraddicono i fatti. I russi, man mano che proseguono nell’occupazione dell’Ucraina – certo, combattendo città per città, via per via, piazza per piazza, palazzo per palazzo ma avanzano – hanno il problema degli sfollati. Soprattutto degli sfollati che non simpatizzano per i russi. E di questi si sta occupando l’Europa. All’inizio si parlava di 3 milioni di profughi, poi di sei milioni, oggi siamo a 10 milioni di profughi ucraini. E potrebbero diventare di più. I russi sono felici di trasferire questi profughi all’Europa. E infatti i russi non hanno interrotto la fornitura di gas all’Europa. Si dirà: la Russia ha sostanzialmente bloccato l’export di grano e anche di altri prodotti agricoli. Ma questa non è una decisione di guerra. I russi, a differenza dei liberisti, non sono stupidi: hanno mantenuto l’autonomia alimentare perché sono in corso cambiamenti climatici che potrebbero decimare le produzioni agricole. Qualcuno potrebbe obiettare: ma in Russia non arrivano a 150 milioni di abitanti e sono il primo Paese del mondo nella produzione di grano. Vero. Ma sono alleati della Cina, che di abitanti ne ha un miliardo e 300 milioni. I conti, russi e cinesi, li faranno a fine Estate: se avranno cereali e cibo sufficienza, ricominceranno ad esportare ordinariamente; se ci saranno problemi con i cambiamenti climatici come lo scorso anno (anche la Russia, lo scorso anno, come Canada e Stati Uniti, ha subito danni alle produzioni agricole a causa della siccità) limiteranno o ridurranno le esportazioni. Funziona così. In Europa lamentano che russi e cinesi hanno ridotto l’export di fertilizzanti. Il discorso non cambia: dopo quanto avvenuto lo scorso anno, anche la Russia ha aumentato la superficie coltivata e ci vogliono i fertilizzanti. Parliamo di immense distese di cereali. Prima utilizzeranno i fertilizzanti per le proprie coltivazioni e poi, se ne avanzeranno, li esporteranno. Ma così facendo incasinano i Paesi che erano abituati a importare grandi quantitativi di fertilizzanti russi e cinesi. Vero. Ma i minchioni sono i russi e i cinesi che hanno sempre mantenuto l’autonomia produttiva di fertilizzanti o gli europei che hanno snobbato l’industria dei fertilizzanti?
Foto tratta da EURACTIV Italia
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