L’Italia che in questo momento fa pagare ai propri cittadini bollette stratosferiche di gas tiene bloccati grandi giacimenti di gas, preferendo gli acquisti all’estero, compresa la Russia. Quanto scriviamo può sembrare un’assurdità, ma i fatti stanno proprio così. Oggi abbiamo deciso di dedicare il nostro MATTINALE a un tema di grande attualità, considerato che la tesi ufficiale è che l’Italia, per il gas, dipende da Paesi esteri, Russia compresa. Come stanno le cose lo racconta Domenico ‘Mimmo’ Macaluso, uno dei più grandi conoscitori dei fondali marini del Mediterraneo. Noi abbiamo più volte intervistato e ospitato interventi di Macaluso sui possibili terremoti e maremoti che potrebbero colpire i Paesi del Mediterraneo e, quindi, anche la Sicilia. Macaluso è Ispettore onorario dei Beni culturali della Regione siciliana in materia di geologia marina e ha alle spalle una vasta esperienza. E’ un medico del Dipartimento d’Urgenza e Componente della Commissione Emergenza Sanitaria e Calamità Naturali dell’Ordine dei Medici di Agrigento. Dotato di brevetto di sommozzatore FIPSAS-CMAS e PADI International, con la qualifica di Rescue Diver (sommozzatore rianimatore), dal 1999 Macaluso ha coordinato per la sezione agrigentina e saccense della Lega Navale Italiana e l’Ordine dei Geologi della Sicilia una serie di immersioni sottomarine sui resti dell’edificio vulcanico sommerso che giace sul Banco di Graham, nel Canale di Sicilia, il vulcano che per soli cinque mesi, nel 1831, diede vita all’isola Ferdinandea. Nel 2007, nominato “Ricercatore Subacqueo” nel progetto dell’Unione Europea “Discovering Magna Grecia”, ha effettuato la mappatura dei siti d’interesse archeologico-subacquei della Sicilia sud-occidentale. Nel Luglio del 2009 ha partecipato, assieme ad i ricercatori del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Bologna, ad alcune missioni subacquee di recupero di gas, dalle fumarole della caldera di Panarea; nel maggio 2017 ha curato per il Dipartimento di Scienze e Tecnologie dell’Università di Napoli la taratura di rilievi geofisici per il GEAC (Gruppo Geologia Ambienti Costieri). Abbiamo posto a Macaluso alcune domande sui giacimenti inattivi di gas in Italia.
E’ vero che in Italia – nei mari italiani – ci sono giacimenti di gas non attivi?
“Sì. Su mille e 298 pozzi di estrazione, 752 pozzi non sono attivi”.
Dove si trovano queste riserve di gas non utilizzate?
“Soprattutto nel Mar Adriatico. Ma anche nel Mediterraneo, nello Stretto di Sicilia”.
Possiamo essere più precisi con i numeri?
“Nel 2000, dall’Adriatico, si estraevano 17 miliardi di metri cubi di gas. Oggi le estrazioni si attestano in torno a 800 milioni di metri cubi di gas. Grosso modo, il 95 per cento circa in meno”.
Perché questa scelta da parte delle autorità italiane?
“Questo non lo so. Io posso fornite i dati. Le scelte strategiche attengono alla politica. Quello che posso affermare è che oggi, in Italia, ci sono giacimenti di gas integri. Oggi l’Italia, nei propri giacimenti marini, ha a disposizione circa 140 miliardi di metri cubi di gas che potrebbero essere estratti”.
Forse l’Italia importando il gas ci guadagna?
“Assolutamente no. Il gas italiano costa 5 centesimi di euro a metro cubo; il gas che importiamo dall’estero costa 70 centesimi di euro a metro cubo”.
Che senso ha tutto questo? Chi ci guadagna?
“Questo non lo so. So soltanto che, oggi, nel nostro Paese, il 6 per cento del gas è italiano, mentre il restante 94 per cento del gas che utilizziamo proviene dall’estero”.
Scusi, ma che senso ha trivellare ancora in mare e anche in terraferma se ci sono questi giacimenti di gas inutilizzati?
“Non ha alcun senso”.
Eppure in Italia, in questo momento, è in corso un dibattito: c’è chi dice che bisogna tornare a cercare idrocarburi in mare e in terra perché dipendiamo troppo dall’estero. Non è che, sotto, ci sono speculazioni?
“Questo non lo so. E’ probabile che chi va a cercare gli idrocarburi e chi effettua le istallazioni ci guadagni”.
Poi, però, i pozzi, anche se c’è tanto gas disponibile, rimangono inattivi.
“I fatti raccontano questo”.
Ci faccia capire: forse per rendere attivi i pozzi oggi bloccati ci vogliono anni?
“No, basta un mese di lavori o giù di lì”.
Anche nel mare di Sicilia ci sono pozzi non eroganti che potrebbero fornire gas?
“Sì, ce ne sono due: Cassiopea e Argo”.
Che produzione di gas potrebbero fornire?
“Circa 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno”.
Per completezza d’informazione riprendiamo un nostro articolo di poco più di quattro anni fa sui pozzi Cassiopea e Argo:
“Opera: Concessione di coltivazione “G.C1.AG”
Progetto: Interventi di ottimizzazione del progetto Offshore Ibleo – Campi gas Argo e Cassiopea
Descrizione: il progetto prevede che il gas estratto dai campi Argo e Cassiopea sia inviato tramite una pipeline del diametro di 14 ” e della lunghezza di 60 km ad un nuovo impianto di trattamento e compressione onshore all’interno della raffineria di Gela. Inoltre è prevista l’installazione presso la piattaforma di produzione Prezioso delle utilities per il controllo e la gestione dei pozzi sottomarini, l’ottimizzazione dell’architettura sottomarina e l’approdo della pipeline presso strutture costiere esistenti.
Proponente: ENI S.p.A.
Tipologia di opera: Coltivazione idrocarburi
E ancora:
Nell’ambito della concessione G.C1.AG, sono previsti alcuni interventi per lo sviluppo dei campi gas Argo e Cassiopea ubicati nel Canale di Sicilia a circa 30 km a largo delle coste gelesi e agrigentine.
Rispetto a quanto autorizzato con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 31 ottobre del 2014, successivamente rettificato in data 29 gennaio 2015 sono previste alcune variazioni al progetto di sviluppo:
1. Esclusione della piattaforma “Prezioso K” dal concetto di sviluppo ed ubicazione a terra, in area già industrializzata ed antropizzata interna alla Raffineria di Gela, di impianti di analoga funzionalità per la commercializzazione del gas metano estratto a mare dai pozzi già autorizzati nell’ambito del titolo minerario esistente;
2. Installazione presso l’esistente piattaforma di produzione Prezioso (ricadente nella concessione C.C3.AG) delle utilities per il controllo e la gestione dei pozzi sottomarini;
3. Ottimizzazione dell’architettura sottomarina in modo da diminuire il numero di strutture da installare sul fondo mare, al fine di occupare una minore area dello stesso;
4. Variazione del percorso della pipeline di trasporto gas e utilizzo di struttura costiera esistente prossima al pontile della raffineria come approdo per la pipeline” (le pipeline sono tubature composte da più elementi collegati ndr). (qui per esteso il nostro articolo di quattro anni fa)
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