Si apre oggi una settimana difficilissima per tutto il mondo. La crisi Ucraina – anzi, per essere precisi, la guerra in Ucraina – si allunga verso l’Europa. Ieri abbiamo dato notizia che i russi sono pronti ad attaccare le spedizioni di armi in Ucraina, se sarà il caso colpendo i Paesi della Nato da dove queste armi transitano. E’ notizia di queste ore che le bombe russe hanno colpito zono che si trovano a 20-25 Km dal suolo europeo. I russi – che hanno dietro la Cina – non si fermano. Sulla questione Ucraina andranno fino in fondo. Saranno loro a dettare le condizioni di uno stop al conflitto. Dura legge ma legge. Su alcuni giornali, da ieri, si legge che le trattative tra Russia e Ucraina procedono e c’è anche ottimismo. Intanto i bombardamenti proseguono. Da quel poco che si capisce, Volodymyr Zelensky, l’ex comico che è diventato presidente dell’Ucraina, accetterebbe le condizioni imposte dalla Russia. La prima condizione, la più importante, è che l’Ucraina resti un Paese neutrale. Insomma, per l’Ucraina niente adesione alla Nato. La domanda sorge spontanea: se oggi, dopo una guerra breve ma pesantissima, con danni enormi e milioni di profughi ucraini che invadono l’Europa, il presidente dell’Ucraina si dovesse rimangiare l’adesione alla Nato, perché avrebbe, di fatto, provocato questa guerra assurda? Perché gliel’hanno chiesto Stati Uniti d’America, Nato e multinazionali? E che dire delle ‘sinistre’ e dei ‘progressisti’ di mezzo mondo per i quali la Nato è diventata un simbolo di ‘liberazione’? Riuscite a immaginare Fidel Castro, Ernesto Guevara, più noto come el Che e Salvador Guillermo Allende che scendono in piazza per difendere le ragioni di un Paese che, nel nome della ‘libertà’, vuole aderite alla Nato? Eppure è quello che sta succedendo. C’è o no una crisi d’identità della sinistra mondiale? Questa voglia di sentirsi ‘liberi’ sotto l’ombrello della Nato, da parte dei ‘progressisti’, da cosa deriva? Evoluzione del comunismo o teratologia comunista? Avevano ragione gli anarchici di fine ‘800 quando diffidavano dei comunisti? E che dire dell’Unione europea e della sua presidente, Ursula von der Leyen? Poche ma precise parole del professore Alessandro Orsini, docente di Sociologia generale e Sociology of Terrorismo e direttore e fondatore dell’Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale della LUISS: “Il mio ragionamento non si capisce se non passano alcune informazioni: la Nato ha fatto in Ucraina tre gigantesche esercitazioni militari con scenari di guerra nel 2021. Quando hanno fatto l’esercitazione nel Settembre 2021, Putin stava sparando su delle navi Nato e ha detto ‘fermatevi, perché state portando questa situazione ad un punto di collasso’. Mi domando, dov’era la Von der Leyen?”.
Quali sono gli effetti di questa guerra nel mondo e, in particolare, in agricoltura? E quando parliamo di agricoltura – che oggi più che mai rimane il settore primario e il più importante, perché il cibo arriva dall’agricoltura – parliamo, insomma, di un settore strategico. Gli effetti li ha illustrati in modo chiaro e preciso alla fine della scorsa settimana Sandro Puglisi, analista dei mercati agricoli internazionali: “Il divieto di esportazione aggrava la volatilità dei prezzi, limita la capacità tampone del mercato globale e ha impatti negativi a medio termine. Gli alti prezzi del grano hanno indotto molti Paesi a introdurre divieti all’esportazione. Moldova, Ungheria, Serbia, Turchia ed Egitto hanno tutti implementato una sorta di divieto di esportazione del grano. I mugnai in Kazakistan hanno chiesto al loro governo di vietare le esportazioni di grano. La Russia ha vietato le spedizioni di grano ai partner commerciali dell’Unione economica eurasiatica… Il governo argentino ha introdotto un tetto all’esportazione e l’Ucraina questa settimana (leggere la scorsa settimana ndr) ha introdotto un requisito per le licenze di esportazione”. Puglisi cita la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, secondo la quale i prezzi internazionali di alimenti e mangimi potrebbero aumentare fino al 20% a causa del conflitto in Ucraina, innescando un aumento della malnutrizione globale. Il Direttore Generale della FAO, Qu Dongyu, è pessimista: “Le probabili interruzioni delle attività agricole di questi due principali esportatori di beni di prima necessità (il riferimento è a Russia e Ucraina) potrebbero gravemente aggravare l’insicurezza alimentare a livello globale”.
Puglisi, citando sempre la FAO, precisa che “il conseguente divario di fornitura globale potrebbe far aumentare i prezzi internazionali di alimenti e mangimi dall’8 al 22% al di sopra dei livelli già elevati”. Nel report di Puglisi si legge che la FAO ha affermato che 50 Paesi – e tra questi molti dei Paesi meno sviluppati – dipendono dalla Russia e dall’Ucraina per il 30% o più delle loro forniture di grano, cosa, questa, che li rende particolarmente vulnerabili. In questo scenario “il numero globale di persone denutrite potrebbe aumentare da 8 a 13 milioni tra il 2022 e il 23. Le aree più colpite dalla malnutrizione si troverebbero nella Regione asiatica che si affaccia nell’oceano Pacifico, nell’Africa subsahariana, il Nord Africa e il vicino Oriente. “La FAO – scrive Puglisi – ha esortato gli altri Paesi a non imporre restrizioni all’esportazione sui propri prodotti. C’è anche l’intervento dei ministri dell’agricoltura del G7, che esortano a porre fine ai limiti alle esportazioni di cibo poiché i prezzi aumentano. Il problema è che, ormai, il blocco delle esportazioni di prodotti agricoli è in atto e va di pari passo con la guerra in Ucraina. E non è affatto detto che, con la fine della guerra in Ucraina – ammesso che la guerra finisca – si torni alla normalità, perché, sullo sfondo, c’è il problema dei cambiamenti climatici, con la siccità che tormenta alcune aree del mondo riducendo l’offerta di prodotti agricoli. Per essere ancora più chiari, va detto che il blocco delle esportazioni di grano non è cominciato con la guerra in Ucraina, ma è iniziato lo scorso anno, dopo che i cambiamenti climatici hanno ridotto la produzione mondiale di grano (- 50% della produzione di grano in Canada, – 40% della produzione di grano negli Stati Uniti a causa della siccità e danni alle produzioni cerealicole del Nord Europa con l’alluvione del Luglio 2021). A conti fatto, la guerra in Ucraina non ha fatto altro che peggiorare lo scenario del commercio mondiale di grano e derivati del grano: un problema che la FAO segnalava già nell’Ottobre dello scorso anno.
Ah, dimenticavamo: il prezzo del grano non cresce solo in Sicilia. Magia…
Foto tratta da Sky TG24