di Ciro Lomonte
I pomeriggi di Sabato 12 e Domenica 13 Novembre 2011 hanno visto trasformarsi ancora una volta piazza Politeama in un genere di agorà sognato da quel sindaco che, qualche anno fa, le ha dato questa forma. Sarebbe meglio definirla una non forma, perché l’odierno centro di Palermo (le piazze Ruggiero Settimo e Castelnuovo nel loro insieme) è uno spazio a metà fra una piazza indefinita di paese e uno slargo anonimo dell’EUR. Tra la piazza ed il Teatro Politeama si è svolta nel fine settimana una manifestazione a sostegno della piena attuazione dello Statuto Siciliano. Bandiere e copie dello Statuto sono state distribuite ai passanti, fra le esibizioni di artisti di strada e musicisti, mentre in Teatro si tenevano incontri e seminari dedicati al tema. Il raduno è stato organizzato dall’Associazione “La Sicilia e i siciliani per lo Statuto” e mirava a sensibilizzare i cittadini, le istituzioni e la politica sulla mancata applicazione di alcune parti dello Statuto Siciliano sin dalla sua nascita, nel 1946. Maria Grazia Cucinotta è stata testimonial dello Statutofest. L’attrice ha anche ricevuto un premio per il suo impegno a sostegno della Sicilia. L’iniziativa era patrocinata della Presidenza della Regione Siciliana e dall’Assessorato regionale all’Economia. Quella per lo Statuto è stata una festa di popolo, non molto partecipata in verità, ma pur sempre utile per sondare l’estensione di quel risveglio di coscienze atteso da tempo nell’Isola. A quanto pare gli animi non si sono scaldati ancora a sufficienza. Non è chiaro quanti si siano accorti che, in contemporanea, le sere di Sabato e di Domenica, si svolgeva una performance di videomapping sulla facciata del Teatro Politeama: un proiettore faceva scorrere immagini piuttosto incomprensibili, anche perché esse tracimavano – dallo schermo posto sul portale – sulle ghiere ed i fregi dell’arco di trionfo. La performance era l’anticipo della presentazione del masterplan (i progetti e le proposte urbanistiche) che Confindustria Palermo avrebbe presentato nel convegno di lunedì mattina, sempre al Politeama, dal titolo “14.11.2011. Basta un giorno per cambiare Palermo”. Di sicuro il pubblico della piazza ha apprezzato che, oltre alla performance, Confindustria Palermo offrisse panelle e caldarroste.
La mattina di Lunedì 14 la piazza era piena di auto blu e la sala del Politeama, quasi del tutto al buio, era gremita come nelle grandi occasioni. Sembrava che un Ignazio Florio redivivo avesse convocato gli stati generali dell’Isola per sancire la nascita del Consorzio Agrario Siciliano. In platea e nei palchi si era sistemato un pubblico di imprenditori, universitari, politici, banchieri, magistrati e professionisti. In loggione c’erano studenti delle superiori che avevano partecipato ad alcuni programmi di visita alle imprese, organizzati sempre da Confindustria Palermo. Ma era il palcoscenico quello che incuriosiva di più, anche perché era l’unica zona illuminata. Su quattro schermi si succedevano immagini su immagini, in un’atmosfera allucinogena, accentuata dalle luci soffuse e da qualche difficoltà della regia. Introduceva gli interventi una voce senza volto. Sugli angoli c’erano alcuni plastici di progetto, evidenziati a turno sugli schermi dalle telecamere. Al centro un podio per i relatori e, dietro, quindici sedie vuote, dello stesso design minimalista della tribuna. A destra un tavolino con il piano-display delle presentazioni, ad uso dei relatori, con una scritta sul fronte verso il pubblico. Un altro slogan: “Niente cambierà se ci credo solo io”. Tutto aveva l’aria di essere organizzato per vendere qualcosa o per giustificare i 100.000 € (presi dalle quote dei soci) spesi per il progetto. Dicono sia quella la cifra impegnata.
Dopo il saluto, non di circostanza, del Presidente dell’Assemblea regionale sicliana («questo non è un libro dei sogni»), venivano chiamati sul palco i due progettisti genovesi: Gianluca Peluffo e Alfonso Femia, dello Studio 5+1AA. Alessandro Albanese, Presidente di Confindustria Palermo, li presentava dichiarando di avere incaricato due professionisti non palermitani per mantenersi libero da condizionamenti e per la loro esperienza nell’elaborazione del masterplan di Marsiglia. L’arch. Femia ha esordito con una captatio benevolentiae, dichiarando che un anno di lavoro nel capoluogo siciliano li ha fatti innamorare di questa città. Il pubblico non si è lasciato impressionare più di tanto: se conosci Palermo non puoi fare a meno di amarla, bisogna solo verificare di che tipo di amore si tratta. Altre sono state le cose che hanno colpito gli astanti. Intanto l’aspetto molto curato dei due professionisti: giacca, cravatta, gilet; capelli e barba ben acconciati. Un look normale. Non maglietta nera, giacca nera, calvizie ostentata (l’ornamento è delitto!). E poi l’affabulazione ermetica con cui hanno elencato i criteri dell’analisi e del progetto. Le parole chiave erano tante, ma forse una è stata ripetuta più di altre: pragmatismo. Si percepiva questa come linea guida dei sette progetti, redatti con profusione di tavole e di plastici: fare in fretta, al di là della complessa storia urbanistica di questa terra e degli intrecci ingarbugliati di interessi. Un po’ disarmante è stata una dichiarazione: «noi non siamo urbanisti, siamo architetti». Cosa significava questo? Che la diagnosi e la terapia di un’appendicite retrocecale erano state affidate a due dermatologi? L’arch. Peluffo si è alternato con il collega nella spiegazione degli elementi essenziali del territorio palermitano. Il cardo (via Oreto – viale Croce Rossa) e il decumano (corso Vittorio Emanuele – corso Calatafimi); i bordi; le trasversalità. Cinquecento milioni di euro di investimenti. 3,7 milioni di metri quadri di nuove aree verdi, definite tregue vegetali. Le zone interessate sono il nuovo stadio (che dovrebbe nascere nel quartiere ZEN), la Fiera del Mediterraneo (da trasformare in centro congressi e shopping), il mercato ortofrutticolo (che potrebbe diventare una cittadella della scienza e della tecnica), il mercato ittico (dove potrebbe sorgere un acquario), la grande area verde adiacente denominata piazza Einstein, i capannoni della Zisa (che dovrebbero diventare un nucleo di cultura e cinematografia) e un Urban Center nell’area Palagonia, vicino al Politeama. Quest’ultimo è l’oggetto più misterioso di tutti, ricorda gli inutili centri polifunzionali di qualche anno fa.
Gli architetti contemporanei parlano in modo iniziatico, incomprensibile ai profani. Del resto, a giudicare dalla raffinata veste del loro sito web, gli architetti dello Studio 5+1AA si trovano a loro agio nella società liquida. Prima di entrare nella home page vieni accolto da un sommergibile tascabile, che ti guiderà nell’immersione fra le diverse bolle scaturite dalla fantasia dei progettisti. I loro progetti per Palermo non risolvono problemi strutturali, creano una rete di passeggiate per il tempo libero. Tranne in due casi, almeno dal punto di vista strategico: il grande centro congressi, di cui Palermo non è ancora dotato, e l’acquario, che potrebbe costituire una degna conclusione delle migliorie in corso di realizzazione nell’area della Cala. Dopo di loro è salito sul palco Alessandro Cecchi Paone, che ha rotto l’incantesimo dialogando con i ragazzi del loggione. Non tutti possiedono l’arte di divulgare le informazioni con chiarezza e così lui, da maestro navigato della comunicazione, ha tradotto i complicati concetti espressi prima: «Che vuol dire masterplan? Possiamo dire progetto?», «Che vuol dire cardo e decumano? Gli assi principali della città?». La cosa più sorprendente è che ha spiegato cosa serve a Palermo con una iniezione di buon senso inattesa. Lo ha fatto illustrando quattro città con dei filmati girati dalla sua troupe: Helsinki, Copenaghen, Shangai, Melbourne. Non ha intessuto un panegirico del progresso e dell’innovazione, anzi ha esaltato la salvaguardia della storia e, nel caso di Copenaghen, la copia di architetture classiche italiane. Ha sottolineato la necessità di città «più comode». Ottimi servizi pubblici per favorire la pedonalizzazione degli spazi; molto verde; rapporto stretto con il mare: questi alcuni degli ingredienti di successo illustrati. Meno convincente l’esaltazione della luce nell’architettura: in qualche maniera si è contraddetto, presentando le mostruose centrali elettriche necessarie ad alimentare le architetture recenti di Shangai.
Alla fine del suo intervento Cecchi Paone ha chiamato Maurizio Zamparini, provocandolo sulla sua pretesa di realizzare il nuovo stadio in sei mesi. Il Presidente del Palermo Calcio è stato accolto dallo scroscio degli applausi dei ragazzi. Ha arringato la folla con il suo consueto modo di fare burbero e sarcastico. Ha additato il nemico pubblico numero uno: la burocrazia. Non i politici, ma i brutti figli dei politici, i burocrati che gli fanno perdere dieci ore su dodici della sua giornata di lavoro. E non solo al Sud, anche a Grado. Per risolvere il problema ha proposto al Presidente della Regione una soluzione insensata: creare un Assessorato del Buon Senso. Ottima idea! Così assumiamo altri burocrati che controlleranno i loro colleghi! E poi … quis custodiet ipsos custodes? Non sarà che la burocrazia è figlia di un’idea sbagliata di amministrazione statale? Non pago della prima boutade, ne ha sparata un’altra (con la stessa serietà). Presentando il progetto del nuovo stadio, da realizzare al posto del Velodromo dello ZEN (che forse il Comune di Palermo non ha neppure finito di pagare), ha affermato di non avere dato alcun compenso al progettista: «Perché è così che si deve fare. Gli architetti si pagano dopo che i progetti vengono finanziati». Ma questa prassi, in uso fino a qualche decennio or sono, non è illegale oggi? Non c’è stato il tempo di riflettere, perché Zamparini intendeva fare ancora più leva sulle emozioni. Ha chiesto di far partire il video di presentazione del nuovo stadio ed è tornato in platea. Le luci si sono spente e si è acceso il pathos. Mentre le immagini mostravano una Palermo al buio su cui sorge il sole nuovo del “faro tecnologico” (lo stadio), in sala si diffondevano le note della fanfara di apertura “Einleitung” del famosissimo “Also sprach Zarathustra” di Richard Strauss. I ragazzi non hanno retto e sono esplosi in una fragorosa ovazione. Ecco l’avvento della nuova era del superuomo: il Presidente di una squadra di calcio può salvare l’intera città dal degrado. Gli imprenditori possono arrestare il declino, a favore delle nuove generazioni. È questo il messaggio del convegno?
Lo spettacolo è continuato con identica profusione di mezzi. Raffaele Lombardo ha assicurato che il pomeriggio stesso la Giunta Regionale avrebbe discusso una delibera per dichiarare il masterplan “progetto di interesse strategico regionale”. Dall’indomani si sarebbe potuta convocare una conferenza di servizi per accelerare i tempi di realizzazione. L’arch. Roland Carta ha presentato, parlando in francese, i progetti per Marsiglia. Perfettamente in linea con l’atmosfera allucinogena dell’incontro. Le immagini dei progetti hanno mostrato numerosi interventi di archistar per trasformare un’antica capitale del Mediterraneo in un luna park. Fra gli altri l’architetto anglo-iracheno Zaha Hadid. La traduttrice non la conosceva e l’ha trasformata in un architetto arabo. Proteste dal pubblico colto delle prime file. Un responsabile del Gruppo Acqua Pia Antica Marcia ha portato i saluti di Francesco Caltagirone Bellavista, elogiando l’iniziativa. Melissa Collingham, della Ryanair, ha illustrato i programmi di sviluppo della compagnia aerea per la Sicilia, lamentando l’inerzia che consente che due isole uguali per estensione e popolazione abbiano tanta differenza di flussi turistici: 35 milioni di visitatori l’Irlanda, 12 milioni la Sicilia. Infine Felice Cavallaro, dopo una lucida sintesi di quanto era stato detto prima, ha invitato sul palco quindici rappresentanti delle banche, dell’università, del sindacato, dell’amministrazione cittadina, coordinando il dibattito su quanto si può fare davvero per Palermo, anche aldilà del masterplan. Albanese aveva per esempio proposto la privatizzazione dell’AMIA e della Gesip. Cavallaro ha incalzato il segretario della CISL, fino a quando quest’ultimo ha ammesso che sarebbe meglio trasferire la gestione dei servizi ai privati, con la possibilità di licenziare chi non vuole lavorare. Va rilevato però che sul palco era presente anche un responsabile dell’AMG, a testimoniare il fatto che un’azienda municipalizzata può essere in attivo.
Alla fine della carrellata, sono rimasti un po’ di dubbi sulla validità dell’iniziativa. Paradossalmente ne esce valorizzato l’operato di una Giunta vituperata e assente (del sindaco nessuna traccia al convegno). In realtà il Presidente Albanese se l’è presa di più con un Consiglio comunale inerte, proponendo di assegnare gli emolumenti ai consiglieri sulla base dei risultati raggiunti e non delle presenze. Ma, tornando alle scelte dell’attuale governo cittadino, ce ne sono almeno due degne di rilievo: i lavori per la metropolitana, di cui verrà aperto un tratto consistente l’11 Dicembre, e l’eliminazione di alcune rigidità del PPE, che hanno consentito ti trasformare alcuni grandi immobili del Centro Storico in alberghi. L’architettura contemporanea è affetta da un’insostenibile leggerezza. È la frivolezza del postmoderno filosofico, che fra gli architetti ha assunto le sembianze del decostruttivismo. L’architettura del passato non era così: rispondeva davvero alle esigenze della vita della gente, creando luoghi belli per il lavoro, per l’abitazione, per le istituzioni, per il tempo libero. Palermo ha bisogno di quel tipo di soluzioni, non di costosissime macchine per il nulla.
Foto tratta da Tifosi Palermo