Noi parliamo spesso del grano (l’abbiamo fatto anche nel MATTINALE di oggi intervistando Mario Pagliaro, chimico del Cnr e appassionato di climatologia e agricoltura), ma quello che sta succedendo con il mais e, in generale, con i foraggi non è da meno. Eh sì, il mais da foraggio sta diventando un problema, almeno in Italia (non conosciamo cosa succede in altri Paesi e abbiamo chiesto ‘lumi’ a Sandro Puglisi, grande esperto d mercati agricoli internazionali. Intanto registriamo, da cronisti, quello che leggiamo qua e là sulla rete, sui giornali e anche dalle parole di qualche allevatore siciliano. Stamattina, a Palermo, siamo andati nel solito mercatino del Sabato. Abbiamo chiesto a Giuseppe Scarlata, allevatore di ovini e caprini e produttori di formaggi. Scarlata di ha spiegato che trovare il mais da foraggio è diventato un problema. “Mais da foraggio, in giro, ce n’è pochissimo e i prezzi sono proibitivi – ci dice Scarlata -. Nel giro di poco tempo il prezzo del mais da foraggio è passato da 20 centesimi al kg. Insomma, il prezzo è triplicato. Per noi agricoltori e allevatori è un problema enorme, visto che dobbiamo già fronteggiare l’aumento del costo del gasolio agricolo e l’aumento del costo dell’energia. Chi come noi, poi, gira per i mercati locali della Sicilia c’è anche il costo del gasolio che aumenta di giorno in giorno. Stamattina, a Palermo, in alcuni distributori di carburante, il costo del gasolio è arrivato a 2,3 euro al litro. In queste condizioni sta diventando impossibile lavorare”. Chiediamo a Scarlata perché, a suo giudizio, sta succedendo tutto questo. “Certo – ci risponde – c’è la guerra in Ucraina. Ma la guerra in Ucraina non giustifica quello che sta succedendo. La sensazione è che sa in corso una mega-speculazione, che nessuno sta bloccando, che sta danneggiando i cittadini e, per ciò che riguarda l’agricoltura, agricoltori e allevatori”.
Se andiamo a dare un’occhiata al mercato in Italia, scopriamo che il nostro Paese importa quasi 5 miliardi di kg di mais da foraggio ogni anno. Di questi, quasi la metà arrivano dall’Ungheria (oltre un miliardo e mezzo di Kg ogni anno) e dall’Ucraina (poco più di 0,60 miliardi di kg. Il problema, in questo momento, è che Ungheria e Ucraina hanno interrotto le esportazioni. Nel caso dell’Ucraina è comprensibile, visto che è in corso una guerra. Non è chiaro, invece, lo stop all’export dell’Ungheria: questo Paese ha interrotto le esportazioni di mais da foraggio verso verso l’Italia o le ha interrotte verso tutti i Paesi? In ogni caso, l’Italia non può pretendere che questo o quel Paese esporti questo o quel prodotto. Nemmeno se tale Paese – è il caso dell’Ungheria – fa parte dell’Unione europea si può pretendere d acquistare questo o quel prodotto. Facciamo un esempio: se con il momento attuale l’Ungheria preferisce utilizzare il mai da foraggio per incrementare i propri allevamenti a che titolo l’Italia pretende di avere il mais da foraggio ungherese? Anche l’avere chiamato in causa la Commissione europea per spingere l’Ungheria a esportare il proprio mais è solo una stupidaggine. Anche perché la causa dei problemi che oggi travagliano quasi tutta l’agricoltura mediterranea è proprio l’Unione europea e le sue ottuse e affaristiche politiche agricole. La PAC (Politica Agricola Comune) – compresa l’ultima varata nei mesi corsi – è incentrata nel far prevalere gli interessi della chimica a scapito degli agricoltori e dei consumatori. La Ue applica rigidamente le regole del liberismo economico sfrenato, facendo entrare in Europa prodotti agricoli – che in alcuni casi fanno letteralmente schifo – per distruggere le produzioni cerealicole italiane. Infatti, negli ultimi anni, nel Sud e in Sicilia, quando il grano duro si vendeva a 18-20 euro al quintale, sono stati abbandonati circa 600 mila ettari di seminativi! Lo stesso discorso è avvenuto con il mais nel Centro Nord: costi di produzione crescenti e convenienza ad importare il mais da foraggio, piuttosto che coltivarlo. Così nei seminativi abbandonati – questo il progetto degli ‘europeisti’ – arrivano i campi eolici nel nome della transizione ecologica delle corna che hanno in testa!
I risultati di queste politiche agricole europee sbagliate sono sotto gli occhi di tutti. Il grano duro di Sud Italia e Sicilia si sta salvando perché sono intervenuti i cambiamenti climatici. E’ proprio grazie alla siccità e alle inondazioni che lo scorso anno hanno colpito mezzo mondo che il prezzo del grano duro, tra alti e bassi, si attesta intorno a 50 euro al quintale. E con la guerra in Ucraina il prezzo salirà ancora. E non sappiamo come finirà quest’anno con i cambiamenti climatici: nel Nord Italia, ad esempio, con il fiume Po in secca da Gennaio se continuerà a non piovere i danni all’agricoltura saranno ingenti. Se a questo si aggiunge la difficoltà a reperire il mais da foraggio, ebbene, lo scenario rischia di diventare da incubo. Con l’approssimarsi della stagione calda il mai da foraggio diventa indispensabile. non è da escludere che, in assenza di foraggi, si debba procedere all’abbattimento dei capi di bestiame. Sembra incredibile, ma è così. Ribadiamo ciò che scriviamo da quado I Nuovi Vespri è in rete: l’attuale Unione europea. specialmente nel settore agricolo, è un disastro. Ora i geni’ europeisti che, da decenni, propugnano e applicano il Set-Aside (leggere pagare gli agricoltori per tenere i seminativi incolti!) hanno capito che è stato un errore gravissimo perdere la sovranità alimentare e dipendere da altri Paesi per il cibo. Così come stanno cominciando a capire che le Quote latte e la limitazione dei capi di allevamento sono stati altri errori gravissimi. Questo è un argomento che merita di essere trattato a parte. Intanto c’è la pesantissima crisi della zootecnia e non sappiamo come andrà a finire.
Foto tratta da Ruminantia
Visualizza commenti