“Come si cambia”, canta Fiorella Mannoia. E come sta cambiando, nel corso degli anni Oscar Farinetti, protagonista di Eataly, una catena di punti vendita di medie e grandi dimensioni specializzati nella vendita e nella distribuzione di prodotti alimentari italiani. A un certo punto questo signore è diventato anche un grande esperto di grano. Prima ha celebrato il grano canadese, a suo dire molto migliore di quello italiano. Insomma, qualche anno fa, per Farinetti, il grano italiano non funzionava proprio. Oggi ha cambiato idea e celebra addirittura i grani antichi! La cosa incredibile è che questo personaggio – che alla fine è un bravo commerciante – trova sempre qualcuno che trova interessanti le sue parole. Proviamo a riassumere il Farinetti-pensiero e l’evoluzione di queste meta-riflessioni filosofico-agronomiche.
Cominciamo con il Farinetti di qualche anno fa, quando il grano canadese, in Italia, andava per la maggiore. Quando si parla di grano canadese, si sa, il pensiero va subito alle navi cariche di grano duro canadese che, fino a due anni fa, invadevano i porti della Puglia e della Sicilia, massacrando i produttori di grano duro del Sud e della Sicilia che, per anni – a parte qualche annata particolare – erano praticamente costretti a vendere il proprio grano duro a 18-20 euro al quintale (oggi non è più così, soprattutto dopo che lo scorso anno i cambiamenti climatici hanno distrutto il 50% circa della produzione di grano canadese). Questo grazie ai banditi e predoni dell’Unione europea (che quando sprofonderà sarà sempre troppo tardi) che, proprio per consentire al grano duro canadese di invadere l’Italia e l’Europa, hanno innalzato i quantitativi consentiti di glifosato e di micotossine presenti nel grano. Questo perché nel Canada ci sono aree fredde e umide dove il grano non andrebbe coltivato, perché manca il Sole per farlo maturare naturalmente; per fare maturare il grano canadese, in molti casi, in Canada usano il glifosato, un erbicida che, a nostro modesto avviso, non andrebbe mai usato ma che, se proprio si deve utilizzare, va utilizzato in pre-semina, non prima di raccogliere il grano per farlo ‘maturare’ artificialmente! Questo spiega perché buona parte del grano canadese contiene glifosato, che non è proprio un toccasana per la salute umana: anzi! Attenzione: il problema del glifosato non riguarda solo il grano duro, utilizzato nella produzione della pasta, ma anche per il grano tenero canadese di cui l’Itala è piena! Del grano tenero canadese – soprattutto della varietà Manitoba – non si parla quasi mai: noi, invece, ne abbiamo parlato spesso, soprattutto con riferimento all’industria dolciaria italiana. Sarebbe interessante indagare con quali farine vengono preparati i dolci italiani tanto celebrati: ci riferiamo alle merendine industriali e, perché no?, anche ai dolci artigianali che si vendono nei bar e nelle pasticcerie. Chissà, magari Report ci dedicherà una puntata…
Leggete cosa diceva qualche anno fa, a proposito del grano, il nostro Farinetti: “Il grano italiano? Non è di alta qualità. Il grano canadese, ad esempio, è qualitativamente superiore”. E ancora: “Per fare una pasta di alta qualità e per ottenere una semola di alto livello servono caratteristiche di proteine, di glutine, di cenere nel grano duro che purtroppo in Italia è molto difficile ottenere. Una ragione è climatica: non siamo un Paese vocatissimo a fare il grano, ma siamo vocati a fare ortaggi e frutta di altissimo livello. E, in più, siamo piccoli, il nostro terreno coltivabile è una fesseria in confronto a quello di altri Paesi del mondo” (qui trovate un articolo con una video-intervista a Farinetti). Pensate un po’: la Sicilia era il granaio dell’Antica Roma e non siamo vocati a produrre grano… Per il Farinetti di qualche anno fa il problema era avere a disposizione grandi estensioni di terreni, come appunto in Canada, e puntare sulla quantità. Da qui la sua precisazione puramente commerciale. “Il nostro terreno coltivabile è una fesseria in confronto a quello di altri Paesi del mondo”.
Andiamo ai giorni nostri. Farinetti viene intervistato dall’Agenzia Italia (AGI). In questa intervista c’è un altro Farinetti, che sembra avere cambiato idea sul grano italiano. Come si cambia… Sull’aumento del prezzo del grano Farinetti ha le idee chiare: “L’aumento del prezzo del grano – dice – è dovuto a due fattori. Il primo è che ci sono state delle stagioni negative, una raccolta scarsa mentre magari la prossima sarà altissima e quindi si riequilibrerà, il secondo per la questione della guerra che in questo momento impedisce un’esportazione di grano da Russia e Ucraina. Il grano è la cosa più buona del mondo perché con il grano si fa il pane, la pasta, si fanno i cibi a base di carboidrati che, secondo me, sono insostituibili”. Fin qui nulla da dire, a parte un ottimismo eccessivo sull’attuale annata agraria, con riferimento agli attuali cambiamenti climatici: ma questo è un dettaglio. Dopo di che Farinetti illustra correttamente alcuni dati sulla produzione di grano nel mondo: “Ucraina e Russia sono tra i più grandi produttori al mondo di grano tenero, ma per esempio la Francia è un altro grande produttore di grano tenero mentre noi italiani siamo dei piccolissimi produttori: produciamo 3 milioni di tonnellate, quindi pochissimo, sui 750 milioni che si fanno in tutto il mondo. Mentre invece siamo tra i principali, in certi anni anche i numeri uno al mondo, produttori di grano duro. Per esempio ne produciamo 4 milioni di tonnellate su 36 milioni che è stata l’ultima a produzione mondiale. Ci siamo noi, il Canada, gli Stati Uniti d’America e adesso sta entrando anche l’Australia”.
A questo punto Farinetti si molla con una serie di considerazioni, alcune sugli effetti della guerra in corso in Ucraina sui mercati del grano, altre sulle tradizioni italiane. Queste ultime magari andranno bene per il Nord Italia – dove con molta probabilità Farinetti è nato – ma non vanno affatto bene per il Sud e per la Sicilia: “Dobbiamo stare sereni e tranquilli – dice Farinetti a proposito dei prezzi in rialzo – e dobbiamo aspettare tempi migliori dove i prezzi torneranno ad essere più calmierati. Bisogna sì avere paura, ma non andare nel panico. Il grano non è sostituibile. Ad esempio, giorni fa i miei amici americani mi dicevano che stiamo spingendo molto gli gnocchi di patate negli Usa, perché la patata paradossalmente costa meno della semola, che è – lo ricordo – grano duro macinato mentre quello tenero macinato diventa farina e si usa per fare il pane. Noi produciamo poco grano tenero perché non abbiamo la cultura del pane, l’Italia non ha una sua propria cultura del pane, sono molto più bravi gli altri paesi europei, come la Francia, specie la mitteleuropa. Noi, invece, siamo cultori della pasta e della pizza, quindi abbiamo bisogno di un sacco di grano tenero per far la pizza e il pane mentre produciamo una buona quantità di grano duro che in certi anni potrebbe anche bastarci ma mediamente un 25-30% bisognerebbe importarlo”. Forse il Nord Italia – ma non ne siamo nemmeno sicuri – non avrà una cultura del pane, ma dire che il Sud Italia e la Sicilia non hanno una cultura del pane ci sembra veramente enorme! E il pane di Matera? E il pane di Altamura? E il pane nero di Castelvetrano in Sicilia? E il pane che si preparava una volta ogni settimana – in Sicilia era così – che doveva durare tutta la settimana, utilizzato in mille modi? Insomma…
Ancora Farinetti: “L’Italia ha eliminato negli ultimi anni moltissimi ettari di coltivazione di grano tenero e di maìs, perché rendono poco. Il prezzo mondiale è così basso che non si riusciva a pagare nemmeno il contadino. Secondo me occorre riprenderla la produzione di queste varietà, soprattutto il grano tenero in Italia, ma bisogna farlo in maniera assolutamente identitaria. La missione italiana è quella di piantare, seminare, le antiche cultivar di altissima qualità, che hanno la resa più bassa, e sicuramente in regime biologico. Anche se, tra parentesi, va detto che fare il regime biologico sul grano è molto complicato”. Ma chi gliel’ha detto a Farinetti che coltivare il grano in biologico è complicato? Noi conosciamo tanti agricoltori, in Sicilia, che coltivano il grano biologico, ma non ci hanno mai detto è complicato. Ci hanno detto, questo sì, che la produzione è più bassa rispetto alla produzione che si ottiene con il grano coltivato in convenzionale. Condivisibile la posizione di Farinetti sull’agricoltura biologica: “Nel futuro, vorrei che il 100% dei prodotti italiani fossero biologici e se dipendesse da me, dichiarerei obbligatoria l’agricoltura biologica da tre a cinque anni”. Se qualche anno fa per Farinetti l’Italia era un Paese non vocatissimo per coltivare il grano e doveva dare spazio al grano canadese, adesso , secondo l patron di Eataly, “il futuro del nostro Paese è aumentare le produzioni soprattutto di grano tenero ma anche di grano duro dove siamo già molto bravi, ne facciamo tantissimo ma se ne può fare ancora di più. In particolare specializzandosi su queste cultivar antiche, molto buone, saporite, ricche di proteine e di glutine, basse di ceneri, che ci aiuteranno a fare una pasta, un pane, una pizza fenomenali. Nei prossimi anni dobbiamo dedicarci soprattutto a questo”. Meno male, va: adesso le varietà di grani antiche piacciono anche a Farinetti.