Sul Titanic

L’intolleranza al potere: dalla violenza su chi dubita dei vaccini anti-Covid al neo-maccartismo russofobo dell’Occidente

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  • La grottesca diplomazia italiana al tempo del Governo Draghi tra viaggi a vuoto e piatti esotici
  • L’isolamento sociale (apartheid), gli insulti e le discriminazioni di ogni sorta utilizzate a chi manifesta dubbi sui ‘miracolosi’ vaccini delle multinazionali farmaceutiche vengono adesso utilizzate per colpire gli incolpevoli cittadini russi
  • La disinformazione dei media 
  • L’attuale Governo ucraino nato da un processo di head hunting
  • La nuova ondata di  “maccartismo” in quello che è ormai “L’Occidente post-democratico”
  • L’attacco agli artisti russi
  • Quel “pericoloso putinista” di Dostoevskij
  • L’intolleranza travolge anche lo sport. La necessità di un pensiero libero e critico

di Gandolfo Dominici

La grottesca diplomazia italiana al tempo del Governo Draghi tra viaggi a vuoto e piatti esotici

Ogni guerra è sempre rappresentazione plastica di un fallimento della diplomazia e della ragione. Questo semplice e basilare concetto andrebbe applicato a tutte le guerre, non solo nei confronti di quelle contro l’ordine mondiale voluto dalle lobby occidentali, ma anche verso le tante, tantissime, che sono state promosse e scatenate dall’Occidente e che hanno costellato gli ultimi pacifici cinquanta anni della nostra storia e, troppo spesso sono rimaste (o sono state tenute) invisibili ai nostri media mainstream. E oggi, in questi giorni drammatici, (anche) i media del regime draghistano hanno riportato e riportano perentori slogan a senso unico, slogan che hanno trovato la loro miglior rappresentazione nelle incaute e puerili esternazioni del Ministro degli Esteri – che degnamente rappresenta questo nostro Governo dei ‘Migliori’ – Luigi Di Maio che, con il piglio prettamente diplomatico che lo connota così ha sintetizzato: “Putin è un animale”. Del resto, la sottile propensione del nostro “Ministro” per l’arte diplomatica era già stato evidenziato la scorsa settimana dal Ministro degli Esteri russo Lavrov che aveva mirabilmente e diplomaticamente commentato l’improvvida dichiarazione di Di Maio: “Non vi saranno incontri finché dura la tensione” replicando al suo italico omologo (omologo giusto per la carica): “La sua idea di diplomazia è viaggi a vuoto in giro per i Paesi e degustare piatti esotici a ricevimenti di gala”.

L’isolamento sociale (apartheid), gli insulti e le discriminazioni di ogni sorta utilizzate a chi manifesta dubbi sui ‘miracolosi’ vaccini delle multinazionali farmaceutiche vengono adesso utilizzate per colpire gli incolpevoli cittadini russi

Come abbiamo già visto con la recente e per nulla trasparente gestione della questione Covid, le lobby totalitariste e globaliste non ammettono la dialettica e proseguono imperterrite i loro ricatti e discriminazioni a colpi di facili slogan propagandistici. Ed è in questa ottica che stanno trattando la Russia – e vigliaccamente anche gli incolpevoli cittadini russi – così come hanno fatto e continuano a fare con i propri “sudditi” che non volevano sottostare alle politiche pseudo-sanitarie del Governo: fomentando l’isolamento sociale (apartheid), gli insulti e discriminazioni di ogni sorta. Come col Covid, si ignora la stessa Costituzione che all’art. 11 sancisce che: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” e non si crea problemi a fornire armi all’Ucraina gettando paglia sul fuoco del conflitto e “di fatto” dichiarando guerra a Mosca come si evince dalle dichiarazioni di Lavrov: “I cittadini e le strutture della Ue coinvolti nella fornitura di armi letali alle Forze Armate Ucraine saranno ritenuti responsabili di qualsiasi conseguenza di tali azioni”.

La disinformazione dei media 

I nostri mass media continuano a riportare solo marginalmente le originarie cause del conflitto liquidando in maniera colpevole e superficiale la questione come una presunta pazzia dello “zar e dittatore” Putin. Si citano presunti massacri di civili ucraini riportando però, in un drammatico e beffardo contrappasso, filmati del periodo dei massacri di civili russi da parte degli squadroni “Banderiani” di ultranazionalisti ucraini in Donbass e a Odessa; tanto nessuno ne sa nulla – quanti italiani sanno chi era l’apertamente filo-nazista eroe ucraino Bandera? Pochi se ne accorgono e molti di quelli che sanno sono messi a tacere. Tralasciando le cause del conflitto – che certamente sono più profonde e non sono da attribuire ad una improvvisa follia di Putin come decantano gli araldi del regime – e le catastrofiche conseguenze che questa escalation potrebbe portare, il problema più immediato per la nostra presunta democrazia liberale è ancora una volta la discriminazione.
La propaganda a senso unico sul conflitto sta riprendendo il modus operandi di oppressione a cui abbiamo assistito e che abbiamo subito negli ultimi due anni di pandemia. Questo clima di caccia alle streghe sta colpendo in modo gravissimo il mondo della cultura e dello sport che storicamente e per definizione dovrebbero invece propugnare la pacificazione, la mediazione e la dialettica.

L’attuale Governo ucraino nato da un processo di head hunting

Mentre, oltre un secolo fa, allo scoppio della prima guerra mondiale erano legittime le posizioni ed il dibattito tra “neutralisti” ed “interventisti”, oggi i governi occidentali guidati dalle lobby del “politically correct” pongono in essere una aspra censura e discriminazione ad ogni idea divergente con quanto già perentoriamente deciso dai governi occidentali. Guai a permettersi addirittura di essere russi o di apprezzarne l’arte, la cultura, la lingua, la filosofia e persino lo sport! Evidentemente, ai tempi del dibattito tra neutralisti ed interventisti per la prima guerra mondiale, c’era più vera democrazia e soprattutto le lobby plutocratiche internazionali avevano un controllo minore rispetto ad oggi. Non dimentichiamo infatti quanto riportato in tempi non sospetti da Il Sole 24 Ore riguardo l’ascesa dell’attuale governo dell’Ucraina secondo cui: “Il governo (ucraino) nasce da un processo di head hunting, la selezione è stata fatta da due società di selezione di personale Pedersen & Partners e Korn Ferry che hanno individuato 185 potenziali candidati tra gli stranieri presenti a Kiev e tra i membri della comunità ucraina che lavorano in Canada, Stati Uniti e Regno Unito. Dopo i colloqui, i cacciatori di teste hanno ristretto la rosa a 24 candidati con i requisiti richiesti per lavorare nell’esecutivo da ministri o funzionari altamente qualificati. L’iniziativa è stata sostenuta dalla Fondazione Renaissence, network di consulenza politica finanziato dall’uomo d’affari americano George Soros”. Illazioni? Complottismo? Forse, ma questo spiegherebbe il motivo di tanto accanimento mai avvenuto per le innumerevoli “aggressioni a popoli sovrani” da parte dei “buoni” americani ed atlantisti.

La nuova ondata di  “maccartismo” in quello che è ormai “L’Occidente post-democratico”

Persino la Svizzera ha dimenticato la sua secolare neutralità si è allineata “integralmente” alle sanzioni imposte dall’Unione Europea nei confronti della Russia, ponendo fine in tal modo a un tratto storicamente caratterizzante del modo di gestire gli affari internazionali, non si potrà più dire “Sei neutrale come la Svizzera!” in questo clima la neutralità è eresia! Poco importa che tali sanzioni danneggino più l’Europa che la Russia e che esse siano inutili come nota lo stesso sultano del Draghistan, Mario Draghi, che ha dichiarato pochi giorni fa che mentre il “governo dei Migliori” era impegnato a ghettizzare i non vaccinati: “I soldi dei russi sono spariti”. “Whatever it takes” per obbedire alle lobby globaliste e mantenere l’ordine mondiale prestabilito, è questo il motto del regime in auge nell’ “Occidente post-democratico”. Tale atteggiamento ovviamente è seguito anche internamente in modi che non si vedevano dai tempi del “maccartismo” statunitense dei primi anni ’50 dello scorso secolo. Per chi non ricordasse o non conoscesse il “maccartismo” un breve riassunto potrà aprire le porte a certe analogie (con le dovute cautele dato quanto la cancel culture del politically correct sia a queste ostile). Il maccartismo fu un atteggiamento politico nato negli USA degli anni ’50 e contraddistinto dalla ghettizzazione di persone ritenute sovversive (ai tempi perché filo-comuniste, come oggi filo-russe). Deve il suo nome al senatore Joseph McCarthy che diresse la commissione per la repressione delle attività antiamericane operando attacchi personali, nella maggior parte dei casi infondati, nei confronti di intellettuali, uomini di spettacolo e di cultura e dipendenti dello Stato. La causa di tale fenomeno fu la fobia per le “influenze comuniste” sulle istituzioni statunitensi causati da alcune sconfitte geopolitiche come il consolidarsi dell’egemonia sovietica sull’Europa orientale, il successo della rivoluzione comunista cinese e la Guerra di Corea (1950-1953).

L’attacco agli artisti russi

Oggi nel “democratico e libero” Draghistan stiamo assistendo ad un nuovo maccartismo e ad un estensione dell’apartheid da quella per i cosiddetti no-vax, a quella verso i russi e tutto ciò che riguarda la grande e secolare cultura russa. In perfetto stile maccartista è stato chiesto – pena la sua esclusione della stagione concertistica – al direttore d’orchestra russo Valery Gergiev, di abiurare la sua patria condannando pubblicamente l’invasione russa dell’Ucraina. A ciò, dato il rifiuto della pubblica abiura, ha fatto seguito la decisione della Scala di Milano – e poi anche della Filarmonica di Monaco – di cancellare la sua direzione dei concerti in palinsesto. E dire che proprio Gergiev nel maggio 2016 aveva diretto il concerto dal titolo: “Preghiera su Palmira. La musica anima le antiche mura” che si tenne a appunto a Palmira dopo la riconquista da parte dell’esercito russo del sito archeologico che era stato occupato militarmente dall’Isis. Come per i no-vax, al direttore d’orchestra russo è stato chiesto l‘abiura politica rispetto a un’azione del proprio Paese – seppur condannabile, ma di cui non ha alcuna responsabilità – al costo del proprio lavoro. A seguito dell’esclusione di Gergiev e del clima neo-maccartista in Europa, la cantante lirica Anna Netrebko – che aveva condannato la guerra ed espresso solidarietà al popolo ucraino – ha annullato le sue partecipazioni sia in Italia che in Danimarca dichiarando: “Prima di tutto: sono contraria a questa guerra. Sono russa e amo il mio Paese, ma ho molti amici in Ucraina e il dolore e la sofferenza in questo momento mi spezzano il cuore. Voglio che questa guerra finisca e che le persone possano vivere in pace. Questo è ciò che spero e per cui prego. Voglio però aggiungere una cosa: obbligare gli artisti, o qualsiasi personaggio pubblico, a dare voce alle proprie opinioni politiche in pubblico e a denunciare la propria patria non è giusto. Questa dovrebbe essere una libera scelta. Come molti miei colleghi, non sono esperta di politica. Sono un’artista e il mio scopo è unire le persone al di là delle divisioni politiche”.

Quel “pericoloso putinista” di Dostoevskij

I russi, come quanti frettolosamente bollati come no-vax, novelli marrani a cui si chiede di “scegliere” tra l’abiura e l’esclusione dalla società. Se gli Asburgo avessero proibito di esercitare l’arte ai dissidenti, oggi probabilmente non avremmo le opere di Giuseppe Verdi. Ma gli Asburgo erano per fortuna più tolleranti degli attuali draghistani! Ma, in perfetto stile neo-maccartista, l’epurazione dei colpevoli russofili non finisce qui. L’università di Milano Bicocca voleva cancellare un corso sul “pericoloso putinista” Dostoevskij tenuto da Paolo Nori. Nori di fronte alla decisione (poi fortunatamente ritirata per via delle polemiche) aveva dichiarato: “Non solo essere un russo vivente è una colpa in Italia, ma anche essere un russo morto”. L’Università di Milano Bicocca non è nuova a tali atteggiamenti. Ricordiamo come, poco tempo fa, aveva pubblicamente sconfessato a mezzo Twitter il prof. Broccolo per avere avuto l’ardire di mettere in discussione sulla TV mainstream l’utilità della terza e quarta dose di siero miracoloso sui giovani. Eresia che la novella inquisizione accademica degli “accademici petulanti” (Cfr. Giordano Bruno) non poteva certamente lasciare impunita.

L’intolleranza travolge anche lo sport. La necessità di un pensiero libero e critico

Di questo passo verranno anche “proibite” dunque le collaborazioni scientifiche con studiosi e scienziati russi? Se un clima del genere fosse stato fomentato durante i conflitti mondiali dello scorso secolo probabilmente non avremmo nemmeno la teoria della relatività, che nacque dalla collaborazione, durante il primo conflitto mondiale, tra il tedesco Albert Einstein e il britannico Arthur Eddington; probabilmente, come già detto, a quei tempi vi era più tolleranza di oggi e il ruolo di neutralità di arti, scienza e sport era meglio riconosciuto. Ovviamente il Draghistan (ex Italia) non è che la punta dell’iceberg di questo atteggiamento intollerante.
Come nel tennis era stato escluso dagli Open D’Australia il campione serbo “no-vax” (ma comunque guarito dal Covid-19 e negativo ai test molecolari) Novak Djokovic, così ora sono banditi dalle olimpiadi tutti gli atleti russi e bielorussi la cui unica colpa è la loro nazionalità. E anche in ambito calcistico Uefa e Fifa hanno sospeso le squadre russe da tutte le competizioni, ancora gli incolpevoli calciatori russi sono stati ingiustamente sanzionati. La finale di calcio di Champions league è già stata sposta da San Pietroburgo a Parigi. Ciò non accadde neppure nei periodi più tesi della guerra fredda. Così come nessuno si sognò di escludere i calciatori dai propri campionati nell’Ottobre 2019, quando giocatori della Turchia salutarono militarmente l’aggressione di Erdogan ai danni dei curdi. Lo spirito olimpico è dunque morto così come la neutralità della Svizzera. Penalizzare arte, cultura, sport, intrattenimento e altri ambiti, che nulla hanno a che fare con le decisioni di Putin, penalizzano ingiustamente e ingiustificatamente il popolo l’identità russa, gettando paglia sul fuoco in un conflitto che, da parte della propaganda russa, mira proprio a porre fine persecuzione e ghettizzazione dei russofoni in Ucraina. La negazione del ruolo essenziale della cultura e dello sport per il superamento delle divisioni politiche tra i popoli significa negarne la vera essenza che da sempre mira a facilitare il superamento dei confini nazionali e culturali e la risoluzione dei conflitti. Il nuovo maccartismo dell’Occidente si alimenta di paura e odio. Prima la paura del Covid, ora della Russia. Prima l’odio per i vari capri espiatori: i podisti, la movida, i dissidenti, i no-vax e ora l’odio per i russi esclusi pure dalla cultura del regime. Resta a noi, a tutti noi pensatori ancora liberi, spezzare la spirale di paura e odio voluti da chi governa. È questo è il modo più efficace di fare cadere questi regimi, è ciò che più temono, il libero e critico pensiero.

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