di Nota Diplomatica
La nave da guerra qui sopra – vista di prua – è il cacciatorpediniere americano USS Michael Monsoor. È la seconda unità della classe “Zumwalt” e il suo insolito profilo dovrebbe – insieme con altre diavolerie segrete – renderla “stealthy”, cioè, difficile da individuare con il radar e gli altri mezzi di ricerca. L’invisibilità è particolarmente importante perché la missione della nave non è combattere, almeno non direttamente, ma nascondersi e dirigere i droni – aerei, marini e sottomarini – che dovrebbero battersi al posto suo. La nave è costata una follia. La classe Zumwalt – che, come d’uso, prende nome da uno storico ammiraglio americano – doveva inizialmente consistere di 32 navi, già con $9,5 miliardi di sole spese di ricerca e sviluppo da “spalmare” su tutti i vascelli. Quando i costi cominciarono a lievitare, prima si decise di ridurre il numero di unità da costruire a 24, poi a sette e, infine, a sole tre. La seconda di queste, il Monsoor per l’appunto, finì per costare da sola $7,5 miliardi – a momenti il prezzo di una piccola guerra, non di uno scafo da combattimento.
Il progetto fu dunque un disastro, ma per certi versi un disastro necessario. La nave riassume in sé tutti i grandi temi dell’attuale trasformazione della guerra marittima. Il primo di questi è il problema “visibilità”. Una volta, lasciato il porto, era praticamente impossibile sapere – in mezzo all’immensità degli oceani – esattamente dove si trovassero le navi da combattimento. Ora basta lo sguardo di un satellite – a meno che non si abbia modo di confondergli la vista… Un altro problema, più impellente nelle democrazie come quella americana, è il costo – economico e “politico” – dei mezzi per andare a mare, ma pure del personale di bordo. Gli Usa sono attratti dalla guerra condotta con i droni: è relativamente poco cara e soprattutto non espone in prima persona i militari americani. È la lezione insegnata dalla guerra nel Vietnam, costata la vita a quasi 60mila soldati Usa con oltre 300mila feriti – tutti figli, mariti, cugini o nipoti di elettori… Da questa settimana, per i fatti dell’Ucraina, la guerra è improvvisamente vicina. È opinione generale che “Bisogna farci qualcosa”. Oltre a “Che cosa?”, chi governa deve anche chiedersi: “Come reagirà l’elettorato quando arriveranno i conti?”.