Non possiamo non dedicare il nostro MATTINALE di oggi a tutto quello che sta succedendo nel mondo dopo la prima settimana di guerra in Ucraina. Per segnalare non soltanto gli effetti diretti di questo conflitto, ma anche le stranezze, le contraddizioni e le speculazioni che si stanno innestando nel cosiddetto Occidente industrializzato. La prima stranezza l’abbiamo illustrata ieri: l’Unione europea che annuncia sanzioni “durissime” contro la Russia mentre si scopre che il leader russo Putin non ha ridotto l’export di petrolio e gas verso l’Europa. Siccome Putin e il numero uno della Cina, Xi Jinping, non sono nati ieri, è evidente che nella ricostruzione degli eventi della ‘guerra europea’ alla Russia che ha invaso l’Ucraina i conti non tornano. La realtà ci dice che, in termini strategici, Russia e Cina stanno vincendo su tutta la linea e stanno dividendo i propri avversari. Di fatto, la Russia si è ripresa un Paese – l’Ucraina – che ha immense risorse minerarie e agricole (è il terzo esportatore al mondo di grano). Mentre per la prima volta dagli anni del cosiddetto Edonismo Reaganiano, multinazionali ultra-liberiste e oggi globaliste, Nato e Stati Uniti d’America sono sconfitte. Non solo. Putin e Xi Jinping stanno provando a dividere i loro avversari, perché sanno che l’Unione europea senza il gas russo, come si direbbe in Sicilia, po’ chiuriri putia, ovvero senza gas russo si blocca l’economia dell’Unione europea. Gli annunci fra il tragicomico e il ridicolo della stessa Unione europea sulle alternative al gas russo – ritorno delle centrali a carbone e realizzazione dei rigassificatori – testimoniano che i vertici della Ue stanno cercando di rassicurare americani e Nato sulla fedeltà dell’Europa all’alleanza atlantica. Solo che il carbone non può sostituire il gas, mentre per realizzare i rigassificatori ci vogliono anni (come illustriamo stamattina per il folle progetto del rigassificatore di Porto Empedocle). Morale: l’Unione europea dovrà fare la faccia ‘truce’ con la Russia di Putin e, contemporaneamente, tenersi stretto il gas (e magari il petrolio) russo.
In Italia, poi, c’è da affrontare una doppia questione: l’aumento stratosferico delle bollette di luce e gas e il caro-carburante che sta mettendo in ginocchio gli autotrasportatori. Gli aumenti delle bollette di luce e di gas che colpiscono famiglie e imprese e gli aumenti del prezzo di benzina e gasolio, fino ad oggi, sono stati motivati con la riduzione delle forniture di gas russo all’Europa. Ma, come abbiamo segnalato, questa riduzione non ci sarebbe stata, almeno nei termini in cui viene enfatizzata e presentata. E allora sorge spontanea una domanda: quali sono le reali motivazioni che stanno determinando non tanto l’aumento delle bollette di luce e di gas, legato a un contesto internazionale ampio, quanto l’aumento del prezzo di benzina e gasolio? E’ in corso una speculazione? Se sì, chi ci sta guadagnando? Rispetto a questi due grandi problemi il Governo Draghi latita. Sulle bollette ha messo in campo 7-8 miliardi di euro: nulla rispetto all’aumento delle bollette previsto quest’anno, pari a 90 miliardi di euro. Lo stesso Governo Draghi è totalmente assente rispetto all’aumento del prezzo di benzina e gasolio. La scorsa settimana, come ha raccontato Il Sole 24 Ore, la trattativa tra governo Draghi e autotrasportatori è andata a vuoto. La verità è che l’attuale presidente del Consiglio non vuole ‘cacciare’ soldi: pensa di avere risolto il problema dell’aumento delle bollette per famiglie e imprese con soli 8 miliardi di euro: e non è così; e non sembra avere intenzioni diverse per fronteggiare l’aumento del prezzo di benzina e gasolio. Il problema è che l’80% e forse più delle merci italiane viaggia sui mezzi gommati e se si fermano i mezzi gommati si ferma l’economia italiana!
La Molisana – una delle più note aziende di produzione di pasta industriale italiana – ha già fermato gli impianti: “La Molisana – scrive Il Sole 24 Ore – affianca lo sciopero degli autotrasportatori» contro il caro-carburante. Lo fa sapere La Molisana, l’azienda italiana produttrice di pasta, precisando che non è ancora stabilita una data per la ripresa della produzione. Secondo Italmopa, le forti proteste nell’autotrasporto stanno minacciando l’operatività delle filiere nazionali di pasta e pane. Dice Emilio Ferrari, presidente di Italmopa: «Le iniziative degli autotrasportatori stanno determinando il fermo produttivo di numerosi impianti molitori che operano nelle regioni in cui è attiva la protesta. Regioni peraltro particolarmente significative, a livello nazionale, nella produzione sia di frumento duro, sia di semole di frumento duro destinate alla produzione di un prodotto simbolo della nostra dieta quotidiana: la pasta». È una situazione che non si era verificata neppure nel corso della fase più acuta della pandemia e che, precisa Enzo Martinelli, presidente della sezione molini a frumento duro di Italmopa, «ha già provocato interruzioni sia nell’approvvigionamento in frumento duro dei nostri molini, sia nella fornitura di semole di frumento duro all’industria pastaria». Italmopa sollecita un intervento urgente dei ministri e delle amministrazioni competenti per superare una situazione particolarmente delicata «non solo per il settore molitorio ma per l’intera economia italiana»”.
Non abbiamo citato per caso le dichiarazioni dei vertici de La Molisana e di Italmopa. Questo perché la guerra in Ucraina e gli effetti (e le speculazioni) sull’energia rischiano di travolgere anche l’agricoltura. Tra le fine dello scorso anno e i primi di quest’anno gli agricoltori europei – oltre ad aver fronteggiato gli effetti dei cambiamenti climatici in corso – si sono ritrovati con un aumento consistente del costo dell’urea, con molta probabilità dovuto alla riduzione dell’export di questo fertilizzate deciso da Russia e Cina. L’urea e i fertilizzanti al fosforo si producono con l’energia fornita dal gas. Ora, se alla riduzione dell’export di urea da parte di Russia e Cina si dovesse sommare la riduzione del gas russo, ebbene, la contrazione dell’offerta internazionale di urea (e anche di fertilizzanti al fosforo) sarebbe matematica, con un ulteriore aumento dei prezzi, con effetti devastanti su tutta l’agricoltura ‘in convenzionale’ europea. Se a questo si aggiungeranno gli aumenti di prezzi di benzina e gasolio non compensati dal Governo si rischia il caos nell’autotrasporto, il crollo dell’agricoltura e, in generale, il crollo dell’economia italiana.
Tutto questo avviene in un contesto internazionale dove la guerra in Ucraina spinge al rialzo i costi delle materie prime. La scorsa settimana, nel commentare l’andamento dei mercati, Sandro Puglisi ha scritto che “l’invasione russa dell’Ucraina potrebbe avere un impatto sulla disponibilità fino al 20% del commercio mondiale di mais e del 30% del commercio di grano”. Sono numeri che non possono essere sottovalutati. Insomma, anche su questo fronte non c’è da stare sereni. La scorsa settimana i mercati agricoli statunitensi hanno fatto su e giù. “Il complesso del grano – scrive Puglisi con riferimento sempre allo scenario della scorsa settimana nei mercati americani – ha avuto una settimana ancora più folle”. Ovvero Giovedì guadagni al rialzo del limite in alcuni contratti del grano invernale, mentre Venerdì sono state registrate “perdite al ribasso più estese. Tuttavia, i contratti sul grano invernale sono stati nettamente più alti durante la settimana, poiché i contratti CBOT e KC hanno registrato guadagni, rispettivamente del 5,77% e del 6,17%”. In ogni caso, in tante aree del mondo rimane una condizione di incertezza.
C’è anche il clima. In ampie aree agricole degli Stati uniti d’America c’è sempre il problema siccità: e non è facile capire che cosa succederà nei prossimi mesi. Ricordiamo che, lo scorso anno, in questo Paese la riduzione della produzione di grano, causa siccità, ha registrato perdite intorno al 40%. Negli Stati Uniti suoli di alcuni Stati rimangono estremamente asciutti. Puglisi ci dà alcuni dati interessanti sul mercato del grano: “Il grano duro francese FOB Port la Nouvelle non è stato quotato per la quinta settimana consecutiva. Il grano duro francese, base La Pallice, si è attestato a 425,26 $/ton, in calo di 29,14 $ rispetto alla settimana precedente. Il grano duro spagnolo Siviglia (DepSilo) si è attestato a 581,93 $/ton, in calo di 20,15 $ rispetto alla settimana precedente. Il grano duro italiano Bologna (consegnato al primo cliente), è stato valutato questa settimana a $ 574,10 per tonnellata in calo di $ 18,9 rispetto alla scorsa settimana. Il frumento tedesco (Depsilo) con 12,5 pro si è attestato a 314,46 $/ton, in aumento di 2,07 $ rispetto alla scorsa settimana. Il grano baltico (Delivery First) è stato quotato questa settimana a $ 292,08, in calo di $ 16,91 rispetto alla scorsa settimana. Dal bacino del Mar Nero, la scorsa settimana i prezzi delle esportazioni di grano russo sono scesi per la sesta settimana consecutiva. Infatti, secondo IKAR, il grano russo con il 12,5% di contenuto proteico, caricato dai porti del Mar Nero per l’approvvigionamento tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, è stato di 312 dollari per tonnellata franco a bordo (FOB) la scorsa settimana, in calo di 6 dollari rispetto alla settimana precedente. In Ucraina, al 23 febbraio 2022, i prezzi del grano ucraino erano di $ 295/t, in calo di $ 4 rispetto alla settimana precedente”. Come si può notare, non c’è un grande aumento del prezzo del grano. Ne consegue che gli aumenti di prezzo di pasta e pane – che cominciano a diventare consistenti – sono dovuti alla crescita del costo dell’energia.
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