“Forse, anche – evidenziano – è arrivato il momento di definire la privacy come il filo conduttore tra tutte le iniziative del digitale, dalla competizione alla governance piuttosto che come una disciplina separata”. Analizzando le scelte di alcuni Paesi europei come Austria e Olanda, Bartoletti e Lucchini sottolineano come “l’Unione Europea ha in programma un vero e proprio tsunami regolamentare, che passa dal Digital Services Act e dal Digital Markets Act e dal tema della concorrenza, arrivando poi all’Artificial intelligence Act, che regolamenta l’intelligenza artificiale laddove sia considerata più rischiosa per i diritti fondamentali delle persone”.
“Questo tsunami legislativo e regolamentare – scrivono – è importante e risponde all’esigenza di limitare il potere delle Big Tech e ampliare la presenza europea nel settore delle nuove tecnologie e nell’economia dei dati”. Un potere che richiede “di guardare al ruolo della competizione sul mercato di queste aziende, creando un nesso tra privacy e competizione”. Da Amazon a Google, passando per Facebook si parla di “capitalismo delle piattaforme”, un concetto che “si riferisce a una struttura virtuale in grado di operare sia come attore commerciale che come infrastruttura economica”.
Pertanto, sono le conclusioni dei due esperti, “la privacy è un diritto umano, la competizione un tema che ha a che fare con il comportamento dei mercati e la necessità che regole chiare possano garantire maggiore efficienza. Semmai, si tratta di valutare qualora la privacy oggi abbia una dimensione più collettiva che individuale, o qualora la privacy abbia sempre più a che fare con l’autonomia di scelta e agency nel contesto della governance algoritmica. O qualora ci sia merito nella decisione indiana di mettere insieme dati personali e non personali data l’impossibilità, spesso, di porre un confine serio tra i due”.
(ITALPRESS).
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