Ma quale unità del centrodestra in Sicilia! La candidatura di Gianfranco Miccichè alla presidenza della Regione non è altro che un goffo tentativo di riprodurre nella nostra Isola la maggioranza-papocchio che a Roma sostiene il Governo di Mario Draghi. Con molta probabilità, pur avendo un fratello banchiere, Miccichè non sa che in Germania hanno deciso di chiudere la stagione la lunga stagione della Banca Centrale Europea (BCE) fatto di acquisti di titoli di Stato e di tassi di interesse negavi. Già il Governo Draghi è in grandissima difficoltà con le bollette di luce e gas alle stelle e per via del Green pass e del blocco della “moneta fiscale” introdotta dal precedente Governo di Giuseppe Conte con il Superbonus. Per famiglie e imprese italiane sarà matematicamente impossibile resistere resistere, contemporaneamente, a super-bollette, Green pass e sostanziale blocco del Superbonus: figuriamoci cosa succederebbe se la BCE dovesse interrompere l’acquisto di titoli di Stato innanzando i tassi di interesse. Noi non vogliamo credere che la BCE farà una cosa del genere. Ma non crediamo nemmeno che la Germania sopporterà l’inflazione reale, che non è quella raccontata dall’Unione europea, ma è molto più alta. In Italia, per dirla con parole semplici, la situazione economica e sociale va diventando piano piano esplosiva. E a cosa pensa Miccichè in Sicilia? A un inciucio con il PD siciliano, nella speranza di ‘agganciare’ anche la Lega e magari le ‘frattaglie’ di quello che resta del mondo democristiano in cerca di sponde di sopravvivenza politica e parlamentare, compresi i quattro gatti siciliani di Italia Viva.
Chi legge I Nuovi Vespri sa che noi scriviamo da mesi che Miccichè, in Sicilia, non ha nulla a che spartire con il centrodestra. Un futuro presidente della Regione di centrodestra non garantirebbe all’attuale numero uno di Forza Italia nella nostra Isola l’unica cosa che lui vuole: la riconferma alla presidenza dell’Assemblea regionale siciliana. Per essere riconfermato al vertice del Parlamento siciliano Miccichè ha bisogno o di un presidente della Regione di centrosinistra, o di un presidente della Regione frutto di un’ammucchiata tipo l’alleanza che a Roma sostiene il Governo Draghi. L’idea – magari, chissà, concertata con Raffaele Lombardo – sarebbe quella di candidare gli ex assessori del Governo Lombardo, Massimo Russo e Caterina Chinnici. Per la cronaca, Miccichè è stato uno dei protagonisti del Governo siciliano del ribaltone insieme con Lombardo nel 2009, in compagnia di Confindustria Sicilia di Antonello Montante (chissà perché questo particolare non lo ricorda nessuno…). Ma per eleggere questo tandem alla guida della Regione siciliana ci vuole uno schieramento ampio e, soprattutto, la fine politica del centrodestra. Chissà, magari la Lega in Sicilia impazzisce e decide di seguire i giochi politico-pirotecnici di Miccichè e forse di Lombardo. Impossibile? No. La Lega, al Comune di Palermo, ha contribuito ad approvare il Piano di risanamento-papocchio del sindaco di centrosinistra Leoluca Orlando. Se l’inciucio lo hanno fatto a Palermo perché non dovrebbero provarci alla Regione? Magari della Lega si occuperà Lombardo, visto che Nino Minardo, numero uno dei leghisti siciliani, è un ex lombardiano. La ‘medicina’, per l’appunto, sarebbe un’ammucchiata sul modello dei partiti che appoggiano il Governo Draghi. Solo che a Roma il Governo Draghi è a rischio di affondamento, sia per il contesto internazionale – l’inevitabile scontro sull’Ucraina tra multinazionali targate Nato da una parte e Russia e Cina dall’altra parte, con il costo del gas che sta mettendo a soqquadro l’economia di mezzo mondo – sia perché Draghi non è un politico e ha incasinato il Governo che presiede con le proprie mani: non sa cosa fare sulle super bollette e ha aggiunto ai problemi altri problemi con il Green pass e il blocco della “moneta fiscale” del superbonus.
Insomma, riproporre in Sicilia lo schema politico di un Governo nazionale che sta fallendo clamorosamente sull’economia è quasi tragicomico. Ma, alla fine, è l’unica carta a disposizione di Miccichè e di Berlusconi. Eh già, perché se in Sicilia l’unica speranza di sopravvivenza politica di Miccichè è l’inciucio con il PD, magari con Lombardo, in Italia le super bollette e, soprattutto, la fine dell’acquisto dei titoli di Stato da parte della BCE e l’innalzamento dei tassi di interesse, sempre targati BCE, valgono anche per le aziende di Berlusconi: perché se crolla l’Italia crolla anche il suo impero economico. E allora? L’unico modo per attuare in Sicilia il disegno politico di Miccichè è dichiarare la fine politica del centrodestra, poi la fine della politica in Sicilia con tutti dentro per sostenere non si capisce chi alla presidenza della Regione (del resto con la fine della politica i nomi sono ‘dettagli’…). Tutti dentro chi? Il PD, Forza Italia, la Lega, i renziani e le ‘frattaglie’ centriste raccolte qua e là. Dicono che il PD ‘garantirebbe’ sia per i grillini, sia per la sinistra di Claudio Fava. C’è da crederci? Sui grillini ci crediamo, perché, alla fine, non ci sono più. Su Fava nutriamo qualche dubbio. Vero è che, nel 2013, ritirò la propria candidatura alla presidenza della Regione: allora, senza il suo ritiro, Rosario Crocetta non sarebbe mai stato eletto alla presidenza della Regione siciliana. Ma oggi che convenienza avrebbero Fava e i suoi – che non si sono mai mescolati alle ‘pastette’ trasformiste – a mettere la faccia in un’operazione politica confusionaria, di fatto, per garantire le poltrone a Miccichè al PD? Ancora: Berlusconi e Miccichè sono così sicuri che dentro Forza Italia tutti si accoderebbero alla fine della politica in Sicilia per garantire la poltrona al quasi settantenne Miccichè? E l’UDC, che oggi fa parte del Governo di Nello Musumeci, entrerebbe nel grande inciucio? Perdere la faccia per guadagnare che cosa? E la Lega? Al Comune di Palermo ha già perso mezza faccia. perderà l’altra mezza faccia alla regione con Miccichè? Così facendo Nino Minardo e compagni pensano di prendere più voti?