In queste ore tiene banco l’inchiesta che coinvolge il leader di Italia Viva ed ex presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi. Si tratta di una richiesta di rinvio a giudizio per lui e per altre dieci persone, alcune delle quali legate allo stesso Renzi, dall’ex Ministro Maria Elena Boschi a Luca Lotti. La vicenda oggetto d’indagine da parte della Magistratura riguarda i finanziamenti alla Fondazione Open. In questa storia ci sono aspetti giudiziari e aspetti politici. Noi, nel nostro MATTINALE, ci occupiamo degli aspetti politici. Cominciamo subito col dire che, in questa complessa fase politica, Renzi è impegnato nel tentativo di sostenere il Governo di Mario Draghi, oggi in grandissima difficoltà, in parte per questioni legate agli errori commessi dall’Unione europea (vedi aumento del prezzo del gas), in parte per errori commessi dallo stesso Draghi (il Green pass privo di valenza scientifica e il blocco della “moneta fiscale” introdotto con il Superbonus 100% dal passato Governo di Giuseppe Conte). Aumento del prezzo del gas e, in generale, dell’energia (con l’arrivo di bollette di luce e gas stratosferiche a famiglie e imprese italiane), Green pass e abolizione della “moneta fiscale” stanno praticamente frenando l’economia italiana con probabili proteste e possibili rivolte sociali. L’inchiesta sulla fondazione Open – con la richiesta di rinvio a giudizio per Renzi e compagni – arriva nel momento in cui è in corso un’operazione politica e parlamentare già di per sé tragicomica. Renzi, gli ex democristiani di Ferdinando Casini e Berlusconi, più altre ‘frattaglie’ da raccogliere qua e là, dovrebbero dare vita a una sorta di schieramento di centro a sostegno del Governo Draghi.
Già, in questa operazione politica e parlamentare non sfugge una contraddizione: Draghi non è un uomo politico di centro (in realtà, non è nemmeno un uomo politico: e lo sta dimostrando con gli errori che commette); al contrario, l’attuale presidente del Consiglio è un esponente del liberismo economico fondamentalista che oggi domina l’Unione europea: e il liberismo economico, per definizione, rappresenta l’antitesi di un’ideologia politica moderata di centro. La tradizione democristiana italiana mediava tra Stato e mercato e, dalla svolta di Camaldoli in poi, valorizzando più lo Stato che il mercato. Il tentativo di mettere insieme Berlusconi, Casini e Renzi non ha nulla a che vedere con l’ipotesi di un nuovo centro politico; semmai è un assembramento male affastellato che dovrebbe consentire a Berlusconi di tutelare le proprie aziende e a Casini e a Renzi di continuare a ‘galleggiare’ nella politica italiana in attesa che maturi ‘qualcosa’ per loro. Detta in parole semplici, il possibile patto Berlusconi-Renzi-Casini è un accordo di sopravvivenza economica (per Berlusconi e le sue aziende) e politica (per Casini e Renzi). Il tutto per puntellare il Governo Draghi in vista delle elezioni politiche del prossimo anno. L’obiettivo, neanche troppo velato, è quello di isolare la Lega e Fratelli d’Italia e dare vita a un’ammucchiata politica ed elettorale a sostegno del PD, che è l’unico partito che sostiene Draghi per questioni politiche.
Il progetto – probabilmente voluto dalla solita Unione europea – nasce dalla constatazione che oggi il PD, che è il partito di riferimento dei liberisti che controllano l’Europa (non ci riferiamo ai politici, che nella Ue non contano nulla, ma alle multinazionali che oggi controllano mezzo mondo), è fragile. E non è nemmeno detto che risponda agli ‘europeisti’ come ai tempi di Renzi capo del Governo italiano. Ma la Ue deve portare a termine l’operazione Italia, ovvero il completamento della cosiddetta ‘europeizzazione‘: finire lo smantellamento delle Partecipazioni statali iniziato nel 1993 con l’eliminazione dell’IRI, controllo dei cieli italiani da parte di soggetti non italiani (operazione quasi conclusa con la fine dell’Alitalia), gestione delle coste italiane da parte di soggetti non italiani con lo strumento dei bandi europei (dovrebbero essere per lo più tedeschi), riduzione della natalità con la graduale sostituzione della popolazione italiana con i migranti per avere a disposizione forza lavoro a basso prezzo, attacco al risparmio italiano stimato in circa 6 miliardi di euro (poco più della metà dell’attuale debito pubblico italiano) e, in prospettiva, perché no?, la trasformazione della Sicilia in un Länder tedesco. I tedeschi sono presenti in Sicilia con oltre 50 centri commerciali targati Lidl e vanno piano piano prendendo spazi qua e là, tra iniziative turistiche e gestione di aree di pregio ambientalistico, per non parlare delle miniere siciliane di sali potassici che avrebbero già opzionato alla fin degli anni ’80. Sembrerebbe, tra le altre cose, che i tedeschi non vedano di buon occhio la collaborazione tra Sicilia e Stati Uniti sul fronte dell’archeologia, settore nel quale sono da sempre molto ‘ferrati’. Non stiamo dicendo nulla di nuovo, tutte cose più o meno note.
L’Europa finto-unita ha bisogno di trovare ‘sponde’ politiche in Italia per completare la colonizzazione. Di fatto – perché alla fine di questo si tratta – l’Europa punta a far fare all’Italia la fine che il Nord Italia ha fatto fare al Regno delle Due Sicilie. Dividi e impera, si diceva una volta. Il fatto che la Ue stia avallando lo scippo di fondi Pnrr al Sud e alla Sicilia da parte del Nord (il Nord si prenderà di fatto l’80% circa dei 193 miliardi del Pnr, mentre Sud e Sicilia si dovranno accontentare del 20%) rientra perfettamente in questa strategia. Indebolendo ulteriormente Sud e Sicilia, la Ue consentirà ai ‘pirati’ europeisti di prendersi questi territori – a cominciare dai fondi agricoli – a prezzi stracciati. I nostri amici del Nord si illudono che, scippando soldi a Sud e Sicilia, loro si salveranno. Non è così, perché ormai sono la periferia della Mitteleruropa. Con le risorse che stanno scippando a Sud e Sicilia – Pnrr, FEASR, Secessione dei ricchi detta altrimenti Autonomia differenziata – resisteranno qualche anno in più. Ma anche per loro il destino è segnato. Ah, dimenticavamo: non è detto che Sud e Sicilia, alla fine di questo processo, se la passeranno male; magari si staranno meglio rispetto alla condizione coloniale di oggi.
Foto tratta da La Voce di New York