Non è che i pesticidi che arrivano con l’ortofrutta estera sono per caso prodotti in Italia? Ce lo chiediamo leggendo un articolo pubblicato da RE SOIL FOUNDATION, la fondazione creata per tutelare i suoli. “Il nostro Paese, già leader continentale nell’export di pesticidi ‘proibiti’, non ha ancora elaborato un nuovo Piano Nazionale. Preoccupazione esplicita per l’area del Prosecco in Veneto e per i parchi gioco in Trentino Alto Adige. Attesa per la direttiva europea”. Quindi se siamo leader nell’esportazione di pesticidi, ebbene, questo potrebbe spiegare il perché, poi, importiamo l’ortofrutta da mezzo mondo: le industrie chimiche vendono i pesticidi e l’Italia importa, a prezzi stracciati, i prodotti ortofrutticoli dei Paesi dove esportiamo i veleni per l’agricoltura? Il dubbio è legittimo. Anche perché, nell’Unione europea, l’agricoltura viene regolarmente sacrificata agli interessi dell’industria. Con l’accodo commerciale tra Unione europea e Canada – il CETA – i grandi gruppi europei vendono prodotti e servizi al Canada, ma in cambio i canadesi esportano i propri prodotti agricoli e agro-industriali in Europa, a cominciare dal grano.
Nell’articolo si ricorda che il “Piano Nazionale Italiano di Azione sui Pesticidi è scaduto nel 2018 e da allora nessuna nuova versione è stata ancora approvata”. Viene chiamata in causa anche l’Unione Europea, che dovrebbe verificare che i Piani di Azione per i pesticidi vengano rivisti “almeno ogni cinque anni”. Di questo Piano italiano, a quanto pare, fino ad oggi esiste solo una bozza che, tra le proposte, prevede il divieto alla vendita online dei pesticidi. C’è da crederci? No, perché la nuova PAC, la Politica Agricola Comune dell’Unione Europea è un imbroglio, se è vero che difende gli interessi della grande industria chimica (pesticidi, erbicidi, antibiotici usati in modo scriteriato) e penalizza i piccoli e medi agricoltori, come hanno denunciato alcuni parlamentari europei, in testa l’europarlamentare europeo eletto in Sicilia e in Sardegna, Ignazio Corrao. A parole le autorità italiane dovrebbero non autorizzare più l’esportazione di pesticidi ormai proibiti nella Ue verso Paesi che non fanno parte dell’Unione europea. Ma non ci crede nessuno, perché nell’Unione europea ultra-liberista l’unico valore che conta è il denaro. “Secondo un’indagine di Greenpeace – leggiamo sempre su RE SOIL FOUNDATION – nel 2018 il governo italiano aveva invece approvato l’esportazione di oltre 9mila tonnellate di fitofarmaci. Il dato più alto tra gli Stati membri”. Nell’articolo si dice che in Europa il consumo di pesticidi si va riducendo, anche se non in tutte le zone. In Veneto, ad esempio, ci sono problemi nell’area dove si produce il prosecco. Nel 2018, addirittura, a causa dell’inquinamento dell’ambiente, molti abitanti sono andati via da queste zone (come potete leggere qui). Anche lo scorso anno si è riproposto il problema dell’inquinamento da pesticidi nelle zone del Veneto dove si coltiva l’uva con la quale si produce il prosecco (come potete leggere qui).
Preoccupa anche la situazione del Trentino Alto Adige dove nei parchi gioco vicini alle aree agricole si registra la presenza del Clorpirifos. si questo pesticida ci siamo occupati nel Novembre dello scorso anno quando si è diffusa la notizia che gli agrumi importati dal alcuni Paesi contengono residui di Metil-clorpirifos e Clorpirifos. E la Sicilia che arte gioca in questa storia dei pesticidi molto utilizzati nel Nord Italia? Lo abbiamo raccontato due anni e mezzo fa, quando abbiamo acceso i riflettori sulla vendita dei cosiddetti diritti di reimpianto: “Il problema è serio e complicato e, per affrontarlo e risolverlo, occorrerebbe quello che in Sicilia non c’è: un Governo regionale con competenze in materia di agricoltura. Il problema è che l’assessorato all’Agricoltura è finito a Forza Italia, un partito che, come racconteremo in seguito, nel passato, ha contribuito ad affossare l’agricoltura siciliana e, segnatamente, una parte importante del mondo del vino della nostra Isola. Noi l’abbiamo scritto e lo confermiamo: se un agricoltore, dalla semplice coltivazione dell’uva da vino, non ricava utili ha tutto il diritto di cambiare coltura. Ma un Governo regionale che si vede passare sotto il naso 30 mila ettari di vigneto che, dalla Sicilia, si trasferiscono in Veneto, perché lì, in un modo o nell’altro, hanno trovato il modo di fare affari con il prosecco (anche con l’aiuto molto discutibile dell’Unesco, che ha addirittura messo il proprio ‘bollino’ in una zona al alto inquinamento ambientale!) il problema se lo dovrebbe porre! … Ma adesso succede anche altro: siccome il Veneto ha bisogno di altri terreni dove impiantare vigneti per produrre prosecco, ecco che i veneti piombano in Sicilia per acquistare direttamente le piccole aziende siciliane in crisi. Una volta acquisite le aziende, le ‘infilano’ dentro le proprie società e poi fanno quello che vogliono…2.
Foto tratta da greenMe