Alla caduta del Regno delle Due Sicilie conseguì l’ineluttabile deprezzamento dei titoli del debito pubblico borbonico che, al termine della parabola discendente naturalmente legata agli eventi negativi dell’invasione garibaldino-sabauda, si «allinearono al ribasso» (e non poteva essere altrimenti!) proprio con i titoli piemontesi. Infatti, fino alla prima metà del 1860, i titoli di Stato delle Due Sicilie godevano ottima salute; prova ne sia che – oltre ad avere una rendita consolidata del 5% – alla Borsa di Parigi quotavano il 20% in più rispetto al loro valore nominale. Al contrario, quelli del debito pubblico piemontese quotavano il 30% in meno. Esisteva, cioè, una forbice (adesso si chiama spread?!?) di ben 50 punti percentuali, quotando quelli delle Due Sicilie al 120% e quelli del Piemonte al 70% del loro valore nominale. È sufficiente consultare al riguardo gli scritti di Giacomo Savarese per rendersi conto dell’abissale divario qualitativo e quantitativo esistente, all’atto dell’invasione del Sud, fra le finanze napoletane e quelle piemontesi, in favore delle prime.
Quello dell’unità d’Italia fu, quindi, solo un vergognoso pretesto, utilizzato dall’usurpatore Vittorio Emanuele II di Savoia e dall’«arcicospiratore» suo primo ministro, per cacciare i legittimi sovrani e saccheggiare le ricchezze degli altri Stati della Penisola (in primis, quelle del florido Regno delle Due Sicilie), per evitare la bancarotta del misero e fallimentare Piemonte che, all’epoca, era indebitato fino al collo, a causa delle gravosissime spese sostenute per la dissennata politica militarista e guerrafondaia del megalomane Cavour. Basti pensare che, per sola spedizione in Crimea (che comportò l’invio di 18 mila uomini, dei quali 14 morirono in combattimento alla Cernaia e 1.300 a causa di un’epidemia di colera), fu necessario ottenere in prestito dalle banche inglesi 1 milione di sterline; contratto nel 1855 dal Piemonte, il debito (comprensivo dei relativi interessi) verrà estinto solo nel 1902 ed a spese di tutti i contribuenti italiani. Durante il solo anno 1859, mentre il Regno di Napoli aumentava gli interessi del suo debito pubblico di 5.210.731 lire, il Piemonte aumentava gli interessi del suo debito pubblico di 58.611.470 lire: più del decuplo di quelli napoletani. E’ utile evidenziare un altro aspetto cruciale, e cioè che sul Regno delle Due Sicilie, già condannato a morte dalle due grandi potenze capitalistico-massonico-liberali dell’epoca (Inghilterra e Francia), durante la «piratesca» avventura garibaldina e la «barbarica» invasione sabaudo-pimontese, si abbatté anche la speculazione finanziaria dei Rothschild e dei loro degni compari europei.
Franco Busalacchi Questione meridionale: lo spread al tempo dell’Unità…
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