Seguiamo da tempo il tentativo – assolutamente legittimo – dei Comuni siciliani che rientrano nelle Zone Franche Montane della nostra Isola di trovare risorse finanziarie adeguare per avviare la defiscalizzazione in favore delle aziende che investiranno in queste aree svantaggiate. Abbiamo sempre scritto che le risorse debbono essere a carco dello Stato, ma questo non significa che la Regione siciliana deve ignorare questo importante traguardo, perché far partire l’economia nelle aree svantaggiate della Sicilia è un obiettivo primario della Regione. La nostra sensazione è che l’attuale Governo regionale stia gestendo male questa vicenda. Il comunicato di oggi dell’Ufficio stampa delle Zone Franche Montane della Sicilia lo testimonia. Leggiamolo insieme e proviamo a individuare l’errore politico che sta commettendo il Governo regionale siciliano.
“La norma che dispone l’istituzione delle Zone Franche Montane in Sicilia, la prima legge di prospettiva delle storia dell’Assemblea regionale siciliana, è appesa a un filo”, lo afferma Vincenzo Lapunzina, presidente dell’Associazione ZFM Sicilia, mentre decine di Comuni stanno adottando una “proposta di delibera” per chiedere al presidente della Regione, Nello Musumeci, di mantenere gli impegni assunti, in diverse circostanze. Il riferimento alla legge-voto approvata dal Parlamento siciliano che è stata inviata al Parlamento nazionale. Il procedimento è corretto, perché, lo ribadiamo, è lo Stato che deve finanziare la defiscalizzazione per le aree montane della Sicilia. Lo Stato non ne vuole sapere, tergiversa e sta provando a scaricare questo cost sulla Regione. Ed è su questo punto che il Governo regionale di Musumeci avrebbe dovuto fare sentire la propria voce. Invece il Governo regionale pensa di fare un dispetto al Parlamento nazionale – e segnatamente al Senato – facendo pagare i costi di questo dispetto ai Comuni delle aree montane siciliane!
“La Commissione Bilancio del Senato – leggiamo sempre nel comunicato dell’Ufficio stampa delle Zone Franche Montane – alla luce delle determinazioni del governo regionale della vigilia di Natale, potrebbe esprimersi negativamente e determinare il ‘game over’ del precorso estenuante che, se andasse a buon fine, invertirebbe il destino delle Terre alte di Sicilia. La confezione del ‘panettone’ contiene una delibera di Giunta (n. 578/21) che non destina risorse certe al finanziamento della norma di politica economica, si tratta di un atto di indirizzo al Dipartimento regionale della Programmazione nel quale si chiede di trovare ‘circa 100 milioni’ da destinare alla defiscalizzazione ‘delle imprese operanti nelle zone franche montane’ e ‘non gravanti sul bilancio della Regione siciliana’, scandisce l’Atto”. In pratica, il Parlamento nazionale ha stanziato 100 milioni di euro per i problemi legati all’insularità della Sicilia e vorrebbe che questi soldi venissero stornati per la defiscalizzazione in favore delle imprese che investiranno nelle aree montane della Sicilia. Invece il Governo siciliano vuole utilizzare questi 100 milioni per altri obiettivi. Mentre per le Zone Franche Montane il presidente Nello Musumeci e l’assessore all’Economia Gaetano Armao punterebbero su improbabili fondi extra regionali.
“La scelta di destinare fondi extra regionali al finanziamento delle Zone Franche Montane – sottolinea Lapunzina – non è coerente con la formulazione della Ragioneria dello Stato, della Commissione Finanze e Tesoro del Senato e del Governo, rappresentato dalla Sottosegretaria al MEF, Alessandra Sartore. inoltre non mette al riparo la Legge dalla Giustizia della concorrenza. Questa linea politica attenta al futuro degli operatori economici delle aree ignote della Sicilia è inaccettabile e non coerente con gli impegni assunti dal presidente Musumeci, ovvero di destinare 20 milioni di euro al finanziamento della start up della Legge”. Se il presidente Musumeci si è impegnato a finanziare con i primi 20 milioni di euro le ZFM della Sicilia perché non agisce? E’ una promessa modello impegni assunti con i disoccupati della Formazione professionale siciliana, così, tanto per dire? “A sostegno dei residenti le Terre alte di Sicilia ‘scendono in piazza’ decine di amministrazioni dei Comuni interessati alla norma – leggiamo sempre nel comunicato – le Giunte municipali stanno adottando la ‘proposta di delibera’ nella quale si chiede al presidente Musumeci di ‘di emanare apposita Delibera di Giunta regionale, destinando 20 milioni di euro, tra le risorse indicate al comma 546, art 1 della Legge 234 del 30 dicembre 2021, a titolo di concorso alla compensazione degli svantaggi strutturali derivanti dalla condizione di insularità’, per il finanziamento della fase di start up delle disposizioni istitutive le Zone Franche Montane in Sicilia, al fine di favorire la conclusione della fase istruttoria, così auspicato dal Comitato regionale zone franche montane, a difesa del diritto di residenza nelle Terre alte di Sicilia. La delibera è stata inviata, per conoscenza, anche ai membri dell’esecutivo regionale”. “Anche loro devono avere contezza e piena consapevolezza della gravità della situazione – conclude Lapunzina -.
Siamo certi che il senso di responsabilità porterà il Governo regionale a rivedere la scelta politica e a emanare un congruo provvedimento che sblocchi l’iter istruttorio al Senato. Questo è quello che si aspettano migliaia di famiglie, costrette a vivere senza una prospettiva di futuro”. Le parole di Lapunzina sono ragionevoli. I protagonisti delle ZFM della Sicilia non stanno chiedendo i 100 milioni dell’insularità, ma 20 milioni di euro. Non finanziare questa iniziativa sarebbe un gravissimo errore politico e strategico. Sicuramente, in questa storia, pesa anche il fatto che tra pochi mesi si vota per le elezioni regionali e i protagonisti del Governo siciliano temono di agevolare avversari politici. Se è così è un bel problema. Però ragionando così si va solo a sbattere. I sindaci della aree montane della Sicilia, da parte loro, debbono mettersi in testa che lo Stato toglie e non dà alla Sicilia. Come abbiamo scritto più volte, lavorino per intercettare una quota dei fondi del Piano di sviluppo rurale (Psr) per la parte che riguarda gli investimenti in agricoltura.