- Può sembrare una battuta, ma quello che sta succedendo con l’inflazione – che colpisce anche l’agricoltura – non lascia presagire nulla di buono
- A complicare il quadro ci sono anche i cambiamenti climatici in corso in tutto il mondo
- I problemi geopolitici e le speculazioni che stanno facendo schizzare alle stelle i prezzi dell’energia
- Il costo dell’urea – indispensabile nella produzione del grano in convenzionale – è aumentato del 140%
- La riconversione in biologico? Auspicabile ma non attuabile in tempi brevi
- Il problema degli allevamenti intensivi e la PAC commisurata agli interessi degli industriali
Può sembrare una battuta, ma quello che sta succedendo con l’inflazione – che colpisce anche l’agricoltura – non lascia presagire nulla di buono
Pandemia in ‘grande spolvero’ con lo scontato arrivo delle varianti, inflazione a ruota libera e cambiamenti climatici. Sono questi i tre elementi che, con molta probabilità, ci accompagneranno in questo inizio del 2022. In Italia l’informazione ha dato ampio spazio agli industriali, che si dichiarano estremamente preoccupati per l’aumento delle bollette dell’energia elettrica e del gas. Pochissimo spazio, invece, viene concesso alle famiglie e, soprattutto, all’agricoltura. Per le famiglie il ‘Governo dei Migliori’ di Mario Draghi (capo del Governo che, a quanto pare, è iscritto alla Massoneria, come ha raccontato ieri su I Nuovi Vespri Enzo Guarnera) ha deciso che potranno ricorrere alla rateazione delle bollette: una follia totale, che non farà altro che indebitare le famiglie già in difficoltà economiche e che, in generale, farà aumentare la povertà); per l’agricoltura non c’è nulla di nulla. Eppure la mattina quando ci svegliamo, ad ora di pranzo e ad ora di cena ci confrontiamo con gli alimenti che, fino a prova contraria, dipendoo dagli agricoltori (anche le industrie agro-alimentari, senza l’agricoltura, possono chiudere i battenti).
A complicare il quadro ci sono anche i cambiamenti climatici in corso in tutto il mondo
Il problema è serio, ma la politica lo ignora. Nei giorni corsi abbiamo invitato il Governo siciliano di Nello Musumeci ad assumere provvedimenti concreti per fronteggiare i cambiamenti climatici in corso. Per l’ennesima volta abbiamo ribadito la necessità di assumere subito, in pianta stabile, almeno 30 mila operai forestali che dovrebbero occuparsi a tempo pieno dei boschi e dei corsi d’acqua della nostra Isola. A nostro modesto avviso, quest’anno, bisognerà ridurre gli incendi estivi e gli effetti nefasti delle inondazioni. E per raggiungere questi due obiettivi ci vogliono gli operai forestali a presidiare il territorio. Sarà così? I nostri governanti riusciranno a guardare al di là del proprio naso per vedere la neve che manca in Alaska a Capodanno, mentre in Arabia Saudita i cammelli camminano nella neve? Vedremo.
I problemi geopolitici e le speculazioni che stanno facendo schizzare alle stelle i prezzi dell’energia
Ai cambiamenti climatici si associa l’inflazione. Un aumento generale del livello dei prezzi che non sta risparmiando l’agricoltura. Certo, i prezzi del grano sono aumentati. In Sicilia e nel Sud Italia, nel giro di tre anni, si è passati dal prezzo del grano duro inchiodato a 18-20 euro al quintale a 46-48 euro al quintale, con punte di 50-55 euro al quintale. Ma questi aumenti – provocati da una riduzione dell’offerta mondiale di grano (i cambiamenti climatici che hanno ridotto la produzione di grano in Canada, negli Stati Uniti d’America e in Russia) e dalla Cina che con il suo miliardo e 300 milioni di abitanti ha incrementato gli acquisti di grano – si accompagnano alla crescita tumultuosa dei prezzi delle sementi, dei fertilizzanti, dei pesticidi, dei diserbanti e dei carburanti. In più c’è anche l’aumento dei costi dei trasporti. Non è facile capire quello che potrebbe succedere. Il giornale @ltroconsumo.net riporta una notizia incredibile: “In Thailandia il presidente della locale Associazione di agricoltori ha dichiarato che i prezzi dei concimi sono raddoppiati, fino a raggiungere il paradosso che una tonnellata di fertilizzante è più costosa di una tonnellata di riso…”. Se consideriamo quello che sta succedendo nel mondo dell’energia, tra problemi geopolitici (la Russia che vuole utilizzare il proprio metanodotto) e speculazioni (gli enormi interessi dei gruppi economici che vogliono guadagnare ‘barcate’ di soldi costruendo e gestendo centrali nucleari, con la scusa che le energie alternative non garantiscono la produzione di energia tutto l’anno) non è facile capire quello che potrebbe succedere.
Il costo dell’urea – indispensabile nella produzione del grano in convenzionale – è aumentato del 140%
Insomma, non è da escludere che, tra qualche mese, il costo dei fertilizzanti sia uguale, se non maggiore, del prezzo del grano. Se sta avvenendo per il riso perché non potrebbe succedere per il grano? Non bisogna dimenticare che per produrre fertilizzanti bisogna fare i conti con l’energia e con i trasporti. Se – come sta succedendo – i prezzi dell’energia continueranno a crescere, se i prezzi dei carburanti continueranno a crescere (facendo aumentare i costi dei trasporti) sarà inevitabile la crescita del prezzo dei fertilizzanti. Prezzi che sono già in vorticosa salita: l’urea – indispensabile nella coltivazione del grano in convenzionale – è passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata, con un aumento di oltre il 140%. Il prezzo del fosfato biammonico è aumentato del 100%, passando da 350 a 700 euro a tonnellata. All’insù anche il prezzo del perfosfato minerale, che registra un aumento di poco meno del 70%. E poi c’è il costo delle sementi, praticamente raddoppiato. E poi c’è il costo dei carburanti, perché i trattori agricoli e, in generale, i mezzi meccanici utilizzati in agricoltura non vanno ad energia solare. Certo, il prezzo del grano aumenta: ma se i costi per produrre lo stesso grano aumenteranno più del prezzo del grano che faremo? Resteremo senza pasta, senza pane, senza pizze e, in generale, senza derivati del grano? Nessuno li ferma questi matti liberisti?
La riconversione in biologico? Auspicabile ma non attuabile in tempi brevi
Il problema è serio e non si risolve con la tesi che l’agricoltura si può sempre riconvertire alla produzione biologica che, è noto, fa a meno di fertilizzanti, pesticidi ed erbicidi. Tutti noi auspichiamo il passaggio dall’agricoltura convenzionale all’agricoltura biologica. Ma questo passaggio non potrà essere veloce. Piaccia o no, quando si passa dall’agricoltura convenzionale all’agricoltura ‘bio’ il calo della produzione è sensibile. Il grano prodotto in biologico, oggi, in media, è pari al 50-60% in meno rispetto al grano coltivato in convenzionale. E via continuando con le altre colture con riduzioni delle produzioni diverse ma quasi sempre sensibili. Certo, investendo nel settore biologico le produzioni aumenteranno. Ma ci vorrà tempo. Un mondo con quasi 8 miliardi di persone sarebbe in grado di reggere una riduzione della produzione agricola in tempi brevi?
Il problema degli allevamenti intensivi e la PAC commisurata agli interessi degli industriali
Lo stesso discorso riguarda gli allevamenti intensivi, che consumano enormi quantitativi di energia e sono fonte di inquinamento. La riduzione di questi allevamenti è auspicabile. Ma non sarebbe facile sbaraccare in quattro e quattr’otto gli allevamenti intensivi, perché gli effetti sull’economia reale sarebbero pesanti. In prospettiva vanno ridotti e, possibilmente, eliminati. Ma questo – come per tante colture – non si potrà fare in tempi brevi. In tutto questo non abbiamo considerato gli effetti della pandemia – che non è affatto finita – e dei cambiamenti climatici in corso. In tanti Paesi del mondo – dove la politica è lungimirante – si aiutano gli agricoltori, perché da loro dipende l’alimentazione umana. Non ci sembra che l’Unione europea stia facendo qualcosa. Al contrario, l’attuale Commissione europea – in assoluto la peggiore nella storia dell’Europa unita – ha messo in campo una PAC (Politica Agricola Comune) che favorisce la grande industria a scapito dell’agricoltura. La dabbenaggine dei governanti europei non ha limiti, né confini. In questo momento negli Stati Uniti, in Canada e in Russia, dopo la disastrosa annata 2021, si stanno mettendo in campo aiuti agli agricoltori. la Russia, ad esempio, ha ridotto drasticamente l’esportazione di concimi per tutelare la propria agricoltura. In Europa – a parte la Francia e un po’ la Spagna che operano in autonomia – non ci sono provvedimenti in favore degli agricoltori. L’Italia è addirittura disastrosa e si limita a tutelare l’agro-industria, non certo l’agricoltura. Solo gli agricoltori del Nord Italia riceveranno fondi in più a spese degli agricoltori del Sud e della Sicilia. Così ha deciso il Governo di Mario Draghi e il suo Ministro delle Politiche agricole, il grillino nordista di Trieste, Stefano Patuanelli. Il grano duro Senatore Cappelli coltivato nel Nord Italia è la metafora e l’immagine del colonialismo italiano nei confronti di Sud e Sicilia.
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