In questi giorni di Natale ci siamo rilassati godendoci qualche film in più in televisione. E siccome, per dirla con Maurizio Costanzo, ci sono anche “i consigli per gli acquisti”, la nostra attenzione si è focalizzata su una pubblicità del grano Cappelli. Dovrebbe chiamarsi, questa varietà di grano duro, Senatore Cappelli, ma come ci ha spiegato Ettore Pottino – agricoltore siciliano che per anni ha coltivato il grano Senatore Cappelli in biologico – poiché questa straordinaria varietà di grano duro era stata messa da parte negli anni ’60 del secolo passato, sembra sia stata cancellata e poi di nuovo iscritta a partire dagli anni ’80, quando in Sardegna, nel Sud Italia e in Sicilia è stata piano piano rilanciata. La pubblicità che abbiamo tante volte visto e ascoltato in televisione in questi giorni racconta le ‘meraviglie’ di questa varietà in Toscana. E già, perché adesso in Toscana e in Emilia Romagna si sono messi a coltivare anche il grano duro. In noi, ascoltare questa pubblicità e vedere le immagini del grano Senatore Cappelli (noi continuiamo a chiamarlo così, perché dell’Italia non siamo particolarmente interessati e guardiamo le cose dal Sud e dalla Sicilia), ha provocato un moto di rabbia. Perché? Perché come abbiamo raccontato più volte, i nostri amici del Nord Italia non si sono limitati, come si fa in ogni Paese normale, ad introdurre la varietà di questo grano duro nei propri territori. No: si sono impossessati, grazie all’allora Governo nazionale di Matteo Renzi, di questa varietà e, con la scusa della moltiplicazione del seme hanno creato un monopolio su questa varietà! (qui un nostro articolo). Un monopolio che è stato smantellato grazie a una battaglia che è finita sui tavoli dell’Antitrust.
Eh già, perché i protagonisti dello scippo del grano Senatore Cappelli si sono beccati anche una multa di 150 mila euro. Noi, nel Novembre 2019, quando abbiamo scritto di questa multa, pensavamo che non sarebbe successo nulla. Invece dopo l’intervento dell’Antitrust il monopolio sul grano Senatore Cappelli è stato smantellato. Mentre prima chi acquistava dai nostri amici del Nord le sementi di grano Senatore Cappelli aveva problemi per la commercializzazione del prodotto, adesso il mercato è tornato libero. Certo, le sementi vanno acquistate sempre da loro (e sono anche un po’ ‘salate’ come prezzo, circa 180 euro al quintale per il Senatore Cappelli in biologico: ma va detto che quest’anno tutte le sementi hanno subito un aumento di prezzo), ma non ci sono più problemi per la commercializzazione. Ma per avere riconosciuto un diritto è dovuta intervenire l’Antitrust. Perché stiamo ricordando questa storia? Per un paio di motivi. In primo luogo per mettere ancora una volta in evidenza la natura ‘zaffigna’ dei nostri amici del Nord, che nei riguardi del Sud e della Sicilia mantengono sempre uno ‘stile’ neo-coloniale. E in seconda battuta per sottolineare come una coltura tipica del Sud e Sicilia come il grano duro sia oggi coltivato anche nel Nord Italia. Si può coltivare il grano doro nel Nord Italia? Con molta probabilità, nella Maremma toscana sì, ma non possiamo fare a meno di interrogarci sul grano duro coltivato in Emilia Romagna, in Veneto, in Lombardia…
Siamo sicuri che il Sole, da quelle parti, consenta la maturazione naturale del grano duro? Siamo sicuri che l’umidità non crei problemi con i miceti e, di conseguenza, con le micotossine? Ce lo chiediamo perché abbiamo la sensazione che le grandi industrie della pasta stiano puntando su un aumento della superficie di gran duro da coltivare in Italia. Specie alla luce dei cambiamenti climatici, che quest’anno hanno sensibilmente ridotto la produzione di grano nel mondo (riduzione nella produzione di grano tenero e di grano duro). Il grano Senatore Cappelli è un grande affare per la produzione di pasta di qualità (è per questo che il Nord ha provato a gestirlo in condizioni di monopolio con l’appoggio della Coldiretti, che non è certo un’organizzazione agricola ‘meridionalista’: operazione che, come già ricordato, è stata ‘sgamata’ e bloccata); ma, oggi, è un po’ tutto il grano duro ad essere diventato centrale in Italia, perché se per tanti anni, in buona parte, arrivava in Italia con le navi il grano duro canadese, magari fatto maturare artificialmente a colpi di glifosato, oggi questa certezza non c’è più, perché non è detto che gli effetti negativi dei cambiamenti climatici non si ripetano quest’anno, con una nuova riduzione della produzione mondiale di grano. Per quest’anno ci saranno sì problemi, ma ci sono comunque le scorte e il grano duro raccattato qua e là; ma se la crisi climatica si ripeterà quest’anno, il 2023, per il mondo della pasta, potrebbe diventare un problema. E per questo che il Nord Italia sta iniziando a coltivare grano duro?