L’abbiano scritto ieri e lo confermiamo oggi: il Parlamento siciliano non può approvare il disegno di legge sull’esercizio provvisorio per una questione tecnica che diventa politica. Non si può approvare il disegno di legge sull’esercizio provvisorio per i primi quattro mesi del prossimo anno calcolati sulla seconda annualità del Bilancio triennale 2021-2023, ovvero sul 2022. Questo perché nella seconda annualità del Bilancio triennale 2021-2022 sono stati appostati “accantonamenti negativi” per quasi un miliardo di euro. Per “accantonamenti negativi” s’intendono somme che non ci sono, in pratica capitoli del bilancio vuoti. Ora, quando un capitolo di Bilancio è vuoto – cioè quando non c’è copertura finanziaria – il Bilancio non può essere approvato. Solo che siccome i soldi alla Regione li toglie lo Stato, la politica ha trovato la formula degli “accantonamenti negativi”, ovvero un modo fantasioso per aggirare l’obbligo di copertura finanziaria. Oggi i nodi sono arrivati al pettine. Non si può approvare un esercizio provvisorio sulla seconda annualità del Bilancio di previsione 2021-2023 se in questa seconda annualità ci sono “accantonamenti negativi”. Questi, infatti, dovrebbero essere prima o contestualmente rimossi con variazioni di Bilancio. Si tratta di una forzatura che non è ammessa nemmeno dal Decreto 118 del 2011, cioè dalla riforma della contabilità dello Stato. Non a caso lo scorso anno la Ragioneria generale dello Stato ha contestato questa ‘aporia contabile’ chiedendo l’impugnativa. Richiesta respinta dal Governo di Mario Draghi che lo scorso Gennaio si era appena insediato. Quest’anno la forzatura non passerebbe: è per questo che il Governo di Nello Musumeci ha deciso di non portare in Aula il disegno di legge sull’esercizio provvisorio a valere sulla seconda annualità del Bilancio triennale 2021-2022: perché questa volta Roma lo ‘boccerebbe’. Da qui la ricerca di una nuova soluzione che lascia senza Bilancio la regione nel Gennaio del prossimo anno, con il contestuale blocco dei pagamenti, fatte salve le spese per il funzionamento della ‘macchina’ amministrativa e della sanità.
Ieri abbiamo raccontato dei ‘buchi’ del Bilancio regionale della Sicilia: 90 milioni di disavanzo strutturale provocato dagli scippi romani e altri 200 milioni di mancato gettito IVA. Non è impossibile trovare questi fondi con artifizi contabili. Il problema – come già accennato – è che i vecchi artifizi contabili non sono più percorribili. Ieri abbiamo azzardato lo scioglimento anticipato della legislatura: e oggi lo confermiamo. A nostro modesto avviso, il Governo Musumeci e i parlamentari dell’Assemblea regionale siciliana andranno a casa tra Febbraio e Marzo. Al loro posto, stando allo Statuto, dovrebbero arrivare tre commissari. Tutto sommato, si tratterebbe di anticipare la fine della legislatura di sette-otto mesi, dal momento che nel Novembre del prossimo anno i siciliani che ancora votano (ormai sì e no il 45%, gli altri – sbagliando – protestano non andando a votare) saranno chiamati alle urne per eleggere il nuovo Parlamento e il nuovo presidente della Regione. Da quello che si intuisce, non sarebbero tanti a stracciarsi le vesti per la fine anticipata della legislatura. Tra l’altro, con l’eventuale commissariamento, il PD – che è il vero sostenitore del Governo nazionale di Mario Draghi, se è vero che lo stesso PD è il partito di riferimento dei liberisti che controllano l’Unione europea – potrebbe rimettere le mani sulla Regione siciliana. Se il finale della storia sarà questo, l’attuale presidente Musumeci ne uscirebbe doppiamente sconfitto: pur non avendo mai contestato gli scippi finanziari romani riceverebbe il benservito da Roma…
Non possiamo non notare il paradosso economico e finanziario. Musumeci dice che nei prossimi anni arriveranno 30 miliardi di euro, per lo più per appalti; e il suo Governo, con molta probabilità, andrà a casa perché non è riuscito a trovare 400-500 milioni di euro per fare quadrare i conti. In un certo senso, il presidente e l’assessore all’Economia che si è scelto (o che forse gli hanno imposto: vattelappesca!), Gaetano Armao, il finale di questa storia se lo sono guadagnato ‘armando turille’ inutili con la Corte dei Conti, peraltro su fatti contabili estranei al Governo Musumeci, se è vero che i 2 miliardi di ‘buco’ fanno riferimento alle gestioni del dannosissimo precedente Governo. Invece la discussione sui conti – soprattutto su un Rendiconto passato – è diventato uno scontro di ‘accademia’ che ha solo infastidito i giudici della Corte dei Conti e poi anche la Ragioneria dello Stato. Sarebbe stato più logico contestare politicamente lo scippo dell’IVA frutto del secondo ‘Patto scellerato’ tra Matteo Renzi e Rosario Crocetta chiudere i conti con il passato: un passato che – lo ribadiamo – apparteneva a gestioni passate. Invece è iniziato un braccio di ferro con la Corte dei Conti che ha solo creato problemi.
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