Un articolo pubblicato da @ltroPensiero.net affronta alcune questione che I Nuovi Vespri affrontano da tempo: il ruolo della Cina nel mercato agro-alimentare mondiale e, segnatamente, nel mercato del grano (se un Paese da un miliardo e 400 milioni di abitanti inizia ad acquistare grano sul mercato internazionale i prezzi di questo cereale non possono che schizzare all’insù specie se – come accaduto nell’anno che sta per concludersi – la produzione mondiale di grano è stata ridotta dagli effetti dei cambiamenti climatici) e l’aumento globale dei prezzi dei generi alimentari segnalato più volte dalla FAO (come potete leggere in questo articolo e come potete leggere anche in quest’altro articolo). “La corsa all’accaparramento di cibo nel mondo – leggiamo nell’articolo di @ltroPensiero.net – sta vivendo una fase molto concitata; meno del 20% della popolazione mondiale è riuscita ad accumulare più della metà dei cereali prodotti nel pianeta, innescando una spirale di rialzi dei prezzi delle materie prime alimentari che hanno provocato carestie in molti Paesi della parte più povera del globo”. La Cina, insomma, sarebbe molto attiva nell’acquisto di derrate alimentari. A cominciare dai cereali. Per noi non è una notizia nuova: di questo – anche se non in termini così preoccupanti – scrive ogni tanto Sandro Puglisi, protagonista della pagina Facebook Amici del “Grano Duro di Sicilia” e anche Mario Pagliaro, chimico del Cnr e appassionato di climatologia e agricoltura.
@altroPnsiero.net cita una dichiarazione di Qin Yuyun, capo delle riserve di grano presso la National Food and Strategic Reserves Administration, secondo il quale oggi la Cina sta mantenendo il “livello storicamente elevato”, per consentire a questo Paese di non avere problemi ci cibo per almeno un anno e mezzo. Sarebbe interessante capire perché la Cina sta attuando questa politica di acquisti. Noi seguiamo attentamente i resoconti di Sandro Puglisi che, oltre a raccontare l’andamento del mercato internazionale dei cereali e si altre derrate alimentari, si sofferma spesso sul clima. Ed è anche logico, perché il clima influenza direttamente l’agricoltura. Lo stesso discorso vale per Mario Pagliaro, che appena ieri, in un’intervista al nostro blog, ha ipotizzato che il prezzo del grano, a livello internazionale, crescerà per tutto il 2022, per via di condizioni climatiche avverse (in questo momento ci sono problemi di gelate in alcune aree del mondo). Ebbene, da quello che leggiamo sembra che i cambiamenti climatici in corso potrebbero creare ancora problemi. Da qui una domanda: cosa sa la Cina di quello che potrebbe accadere? Sanno qualcosa in più di noi dei cambiamenti climatici in corso? E per questo che sono così attivi nel mercato internazionale dei beni alimentari? La Cina va presa con le pinze: ne abbiamo avuto esperienza con l’attuale pandemia, dove la stessa Cina e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – che ormai da qualche tempo sono sulla stessa lunghezza d’onda – non hanno certo brillato per tempestività di informazione (Report svela i retroscena su Coronavirus e OMS: con informazioni più tempestive si sarebbero evitati migliaia di morti!).
C’è un altro passaggio nell’articolo di @ltroConsumo.net che fa riflettere: “Secondo i dati del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, la Cina riuscirà a stoccare il 69% delle produzioni mondiali di mais, il 60% di riso e il 51% di grano, previste per la prima metà del 2022. La Cina ha speso 98,1 miliardi di dollari per importare cibo (bevande escluse) nel 2020, un aumento di 4,6 volte rispetto a un decennio precedente. Negli ultimi cinque anni, le importazioni cinesi di soia, mais e grano sono aumentate da due a dodici volte grazie ad una aggressiva campagna di acquisti operata nei confronti dei grandi Paesi produttori di queste materie prime, soprattutto Stati Uniti e Brasile”. Ci piacerebbe sapere cosa pensano di questi dati Sandro Puglisi e Mario Pagliaro, che sicuramente hanno più argomenti di noi per affrontare un problema così complesso. Chiudiamo segnalando anche un problema sottolineato sempre da @altroConsumo.net che tira in ballo la Cina anche sul fronte del cosiddetto land grabbing che sarebbe in corso da parte degli stessi cinesi in Africa. Sul land grabbing – presente anche in Sicilia – riprendiamo quanto ci ha detto lo scorso Aprile Mario Di Mauro, vulcanico protagonista di TerraeliberAzione: “Caro Giulio Ambrosetti, come ti ho detto anche al telefono, nella sola PIANA DI CATANIA e dintorni abbiamo già censito oltre 2000 ettari opzionati o ‘in trattativa’ per farne un DESERTO ENERGETICO MILIARDARIO… ma non si tratta su ‘quattro soldi’: le offerte sono da LAND GRABBING 3.0: solo di opzione si va da 2000 euro a ettaro in su per l’affitto annuale dei diritti di superficie / altra cosa è la debolezza della filiera agroalimentare siciliana: qui, al netto di preziose eccezioni, si stanno suicidando da mezzo secolo -> l’inchiesta di TERRAELIBERAZIONE (lunga dagli anni Ottanta!) continuerà su questo tema a gennaio: stiamo solo verificando alcuni dati e i contratti, molti riconducibili a gruppi tedeschi o italo-tedeschi”. “Sullo sfondo – prosegue Di Mauro – c’è la GRANDE MENZOGNA dei ‘cambiamenti climatici di prevalente causa antropica’ e tutto il circo delle energie rinnovabili colonialiste: è la fase due, che include lo sviluppo di reti, elettrodotti ecc. in una logica neocoloniale che prende di mira la Sicilia e la Tunisia. La prima fase, in Sicilia, avendola capita per tempo, siamo riusciti a ostacolarla, questa sarà più complicata. Ma serve un movimento di massa serio e lucido: scientifico. Di più non possiamo FARE. No slogan. E, così come su altre questioni cruciali, non stamu jukannu”. Dopo di che Di Mauro illustra anche il modello di contratto proposto agli agricoltori: “Ecco un modello di contratto (tanti agricoltori manco lo sanno leggere: e non vi mancano certo un paio di tranelli…). Ma i soldi che offrono sono tanti… Per quanto poca cosa rispetto ai profitti che se ne ricaveranno. Il contratto standard è questo: tanti agricoltori manco lo sanno leggere”.
Foto tratta da BRIDGING CHINA
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