Le Festività del Santo Natale giustamente riportano le persone ai propri affetti. Poi, nella triste storia della Seconda Repubblica che dura dal 1992, con l’Epifania ecco aumenti, tagli e altre misure di questa austerità apparentemente fine. In questo MATTINALE siamo quindi tornati a sentire Mario Pagliaro per parlare di grano. Ma anche di energia. L’obiettivo è sempre lo stesso: offrire ai nostri lettori, molti dei quali vivono e lavorano anche fuori dalla Sicilia, notizie e anticipazioni che possano far crescere la nostra agricoltura e aiutare famiglie e imprese a difendersi dagli aumenti dei prezzi, in questo caso dal caro-energia.
Allora Pagliaro, lei aveva previsto prezzi che i prezzi del grano avrebbero continuato a crescere fino a Natale ed oltre, mentre noi da settimane leggevamo di prezzi del grano duro alti ma stabili intorno ai 550 euro a tonnellata (55 euro a quintale) nel bollettino settimanale della Borsa merci cereali della Camera di commercio di Foggia. Noi, più che fidarci delle Borse merci, preferiamo parlare con i nostri amici contadini oppure seguire le aste internazionali. Come va con i prezzi del grano duro a Natale?
“I prezzi continuano a salire senza sosta. La sera del 22 Dicembre l’asta di grano duro della Tunisia con imbarco e consegna fra poco più di 30 giorni, a Febbraio, si è chiusa a a 715-720 dollari alla tonnellata. Quella precedente si era chiusa a 674 dollari-tonnellata. Con un cambio euro/dollaro di 1,13, vuol dire che la Tunisia ha acquistato il grano duro a 633-637 euro alla tonnellata (https://gazzettadellemilia.it/economia/item/35113-cereali-e-dintorni-sempre-pi%C3%B9-in-alto,-senza-tregua.html). Stessi prezzi pagati dalla molto più grande e popolosa Algeria, che ha pagato 720 dollari a tonnellata per ben 250mila tonnellate in consegna negli stessi giorni a Febbraio (https://fxnews24.co.uk/stock/algeria-bought-about-200000-to-250000-tonnes-durum-wheat-in-tender/)”.
Scusi, ma com’è possibile che le aste internazionali al ribasso per centinaia di migliaia di tonnellate organizzate da Paesi a pochi km dalla Sicilia e dalla Puglia si chiudano a 640 euro alla tonnellata mentre il prezzo in Puglia rimane stabile a 550 euro al quintale?
“La differenza è il margine di ricavo delle grandi società di intermediazione del grano: lo acquistano da una molteplicità di produttori e, dopo averlo stoccato nei porti, lo vendono a diversi clienti: o ai Paesi privi di grano, partecipando alle gare internazionali, oppure alle imprese molitorie. Il dato che deve più preoccupare, tuttavia, è quello relativo alla disponibilità residua di grano duro. Non solo ne è rimasto ben poco, ma la semina ritardata in Puglia (https://immediato.net/2021/12/23/grano-semina-in-ritardo-e-costi-di-produzione-alle-stelle-la-denuncia-di-confagricoltura-puglia-situazione-drammatica/) e in Sicilia dovuta ai campi allagati, unita al drastico aumento di prezzo di fertilizzanti e semi, non potrà che tradursi in ulteriori aumenti di prezzo. In Puglia e in Sicilia si concentra infatti ormai la quasi totalità della produzione nazionale di grano duro”.
Infatti la domanda di molti agricoltori era proprio se con questi aumenti dei prezzi di fertilizzanti, semi e gasolio il prezzo del grano a Giugno gli consentirà di rientrare dalle spese. Quali sono le prospettive a poco più di 6 mesi dal raccolto? I prezzi resteranno alti, oppure caleranno ai livelli di pochi anni fa rovinando gli agricoltori?
“I prezzi del grano non potranno che continuare a crescere. Per due motivi. In primo luogo per motivi meteorologici. Quasi tre mesi di piogge, da Settembre alla prima decade di Dicembre nel piccolo Meridione italiano e in Sicilia hanno ritardato la semina. Ma nei Paesi europei a Nord e a Oriente delle Alpi, dove ancora si produce grano duro, bisogna chiedersi se potranno continuare a produrre questo pregiato cereale. Dopo le piogge, l’Europa è al gelo. In questi giorni, in Olanda, una grande pianura al livello e in piccola parte al di sotto del livello del mare, la temperatura ha toccato i -12 gradi. La Russia, maggiore produttore ed esportatore mondiale di grano tenero, ormai ritocca al rialzo la tassa sulle esportazioni ogni settimana. Siamo arrivati a 95 dollari per tonnellata. La Romania, maggior produttore della ex Comunità europea, è letteralmente congelata, con inevitabili conseguenze sul raccolto. La neve pochi giorni fa ha raggiunto persino Alessandria di Egitto, in riva alle tiepide acque del Mediterraneo. Nel frattempo, i prezzi di gas naturale ed elettricità in Italia e in tutti i Paesi europei, inclusa la Svizzera, toccano ogni giorno nuovi record. È evidente, dunque, che i prezzi di tutte le derrate agricole inclusi quelli del grano non potranno che continuare ad aumentare”.
L’ultima domanda in attesa di risentirci presto riguarda proprio l’energia. Cosa possono fare le famiglie e le imprese siciliane e non per fronteggiare questi aumenti senza precedenti delle bollette?
“Devono ricorrere immediatamente all’autoproduzione dell’energia usando il fotovoltaico e altre fonti rinnovabili come le biomasse, ad esempio gli scarti delle potature. Ancora oggi che il fotovoltaico ha raggiunto costi bassissimi e livelli di efficienza eccezionali, con un singolo pannello capace di erogare 400 W di potenza in pieno sole, la quasi totalità degli edifici siciliani è priva di un impianto fotovoltaico: assenti sia dai tetti dei palazzi delle grandi città siciliane – Catania e Palermo – che dai tetti di supermercati, stabilimenti, ville, depositi, ospedali, scuole, piscine e uffici pubblici. Chi ce l’ha, in questi giorni fronteggia senza timore questi aumenti. Un’azienda di trasformazione del pescato in provincia di Palermo, ad esempio, da mesi autoproduce ed auto-consuma buona parte dell’elettricità che le serve grazie ad un grande impianto fotovoltaico abbinato a batterie al litio che le consente di massimizzare la quota di energia auto-consumata, e quindi non prelevata dalla rete e non pagata. L’impianto è stato in larga parte finanziato dalla Regione con fondi comunitari. Quanto ai consumi per il riscaldamento, è possibile ricorrere a caldaia alimentate a biomassa di scarto dell’agricoltura, particolarmente abbondante in Sicilia. Gli scarti di potatura degli ulivi, ad esempio, sono perfetti per alimentare queste caldaie. Invece di bruciarli nei campi come avveniva fino a pochi anni fa e in alcuni casi ancora oggi, è semplice raccoglierli, ridurli in piccoli pezzi e rifornirli a basso costo alle famiglie proprietarie di queste caldaie, oggi peraltro tutte molto avanzate ed efficienti”.
Foto tratta da qualitas1998.net
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