A firma di Andrea Monteleone, segretario Sinalp Sicilia, e Marco Vizzini, segretario regionale Usi, va un comunicato stampa che vale la pena di leggere. Si parla di come il Governo nazionale, tanto per cambiare, usi due pesi e due misure anche là dove si lavora per salvare le aziende. Le aziende del Nord in difficoltà vanno salvate costi quel che costi; le aziende di Sud e Sicilia possono andare a farsi… Ci siamo capiti. “Da ormai circa tre anni il Sinalp e l’Usi – leggiamo nel comunicato – sono impegnate a difendere il diritto al lavoro di 610 dipendenti distribuiti nei 96 punti vendita che componevano la rete distributiva del gruppo Fortè, di altri 90 dipendenti impegnati nella sede di Belpasso CT per un totale di ben 700 lavoratori. Il Gruppo Fortè era l’unica rete della Grande Distribuzione Organizzata che aveva nei suoi scaffali oltre il 38% di prodotti siciliani realizzati da aziende siciliane, e quindi era l’unico canale distributivo di queste imprese che nel loro complesso impiegavano oltre 650 lavoratori anch’essi, loro malgrado, coinvolti in questa crisi aziendale. In totale, considerando quindi l’indotto, siamo a 1.350 lavoratori che, a causa di questa assurda condizione, si trovano in un limbo sociale ed economico interminabile e purtroppo anche, di fatto, quasi non riconosciuto dalle istituzioni tutte”. Insomma, il gruppo Fortè – gruppo siciliano della Grande distribuzione organizzata – invece di vendere ai siciliani il 2-3% di prodotti agricoli e agro-alimentari siciliani e il 97-98% di prodotti agricoli e agro-alimentari del Nord Italia, provava a privilegiare la produzione siciliana. ‘Reato gravissimo’ in una Regione considerata l’ultima delle colonie italiane anche dai politici siciliani che si sono sistemati a Roma. Fortè deve chiudere, costi quel che costi.
“Le organizzazioni sindacali Sinalp e Usi – leggiamo sempre nel comunicato – hanno, fin dalla prima ora, attuato tutte quelle azioni necessarie a far emergere la crisi aziendale e hanno anche proposto soluzioni per salvaguardare il diritto al lavoro a tutti i dipendenti coinvolti che, grazie anche alla disponibilità dell’Amministratore Straordinario, hanno permesso di rioccupare i primi 52 dipendenti nell’operazione di cessione di alcuni punti vendita già realizzata. Oltre ad aver organizzato sit in, scioperi, incontri con i Prefetti siciliani, abbiamo incontrato il Vicepresidente della Regione Siciliana On. Armao (Gaetano Armao, vice presidente e assessore regionale all’Economia ndr) ed abbiamo dato vita a ben tre sit in davanti al Ministero dello Sviluppo Economico a Roma incontrando i Dirigenti che si occupano delle aziende in crisi. Sorvoliamo su quanto discusso e scoperto con il Ministero in merito alle caratteristiche necessarie al riconoscimento, per lo Stato Italiano, della Società Meridi srl, titolare del marchio FORTE’, come azienda strategica. Ma ci permettiamo di evidenziare che lo stesso MISE gestisce ed ha gestito, e in alcuni casi anche risolto, parecchie crisi di tante aziende italiane; Aziende che sono state portate anche all’attenzione dei media nazionali e che hanno avuto anche l’onore di essere argomento di dibattito in Parlamento e in diverse trasmissioni tv di approfondimento. Quasi tutte queste aziende dichiarano un numero di dipendenti notevolmente inferiore a quello di Fortè“. Appunto, il MISE è esiste per risolvere i problemi delle aziende “italiane”, non certo per risolvere i problemi delle aziende delle colonie del Sud e meno che mai per risolvere i problemi delle aziende dell’ultima delle colonie, cioè della Sicilia. “Chiaramente – prosegue il comunicato – il nostro rispetto e la solidarietà verso i lavoratori di queste aziende è ai massimi livelli visto che anch’essi subiscono sia la crisi economica del sistema imposto dall’UE, che le errate strategie aziendali imposte dai loro amministratori aziendali; ma sia i lavoratori Fortè che le scriventi organizzazioni sindacali si chiedono quale sia l’unità di misura adottata dalla politica in generale e dal Ministero dello Sviluppo Economico in particolare nel decidere quale azienda merita maggior attenzione, la ribalta parlamentare e quella televisiva rispetto ad altre aziende che magari risultano avere un maggior numero di dipendenti. Da un’analisi delle aziende seguite nell’ultimo anno dalla Struttura di Crisi di Impresa del MISE abbiamo notato che la Meridi srl di Belpasso Sicilia, titolare del marchio FORTE’, è di gran lunga al primo posto tra le grandi imprese in crisi per numero di dipendenti. Da semplici cittadini riteniamo corretto ed indispensabile che al primo posto, nell’interesse di uno Stato che abbia a cuore il benessere dei propri cittadini, ci sia l’obiettivo di salvare più posti di lavoro possibile e non certamente di attenzionare maggiormente solo quelle aziende con una maggiore notorietà e con marchi aziendali magari storici e più o meno famosi”.
“Purtroppo – scrivono sempre i rappresentanti del Sinalo Sicilia e dell’Usi – siamo costretti, nostro malgrado, a constatare che lo Stato Italiano, nei suoi interventi di salvataggio, di fatto, attenziona maggiormente la notorietà dell’azienda o, e speriamo vivamente di sbagliarci, il territorio e la regione della sede aziendale a discapito del numero di lavoratori licenziati. La Meridi srl a questo punto è obbligo pensare che forse sconta negativamente il fatto di essere un’azienda Siciliana e quindi non meritevole di quella giusta attenzione che invece 1350 lavoratori meriterebbero? Pensare che l’Italia continui, dopo 160 anni di unità nazionale, a girare a due velocità è ancora oggi corretto? La Sicilia, probabilmente, deve ancora oggi continuare a scontare la ‘pena’, deve pagare pegno, per essere stata per circa 800 anni una Nazione Indipendente conquistata dai Sabaudi? Ci chiediamo se la politica, quella con la P maiuscola, esiste ancora e ritiene doveroso intervenire in difesa e salvaguardia di un patrimonio professionale, commerciale e lavorativo delle dimensioni sopra evidenziate. Nella realtà siamo costretti, nostro malgrado, a constatare che l’assenza quasi totale della politica ha distrutto il futuro di 1.350 esseri umani, 1.350 famiglie siciliane, che si sono trovati, loro malgrado, in un sistema di crisi assurdo inconcepibile e di nessun interesse per la cosiddetta società civile, tanto sono solo Siciliani. Come Sinalp ed Usi denunciamo questo vergognoso silenzio della Politica Nazionale, del Governo Nazionale e, cosa ancora più grave, dei politici siciliani che oggi, con la loro assordante assenza, ci costringono a dover ammettere che chi li definisce ‘ascari della politica nazionale’ ha ragione da vendere”.
Siamo totalmente d’accordo con gli amici del Sinalp e dell’Usi. Però, a questo punto, bisogna avere il coraggio di essere coerenti e conseguenti e ammettere che oggi, in Sicilia, votare un partito politico nazionale, significa votare contro gli interessi della Sicilia e dei siciliani. Il problema è politico e non solo sindacale, cari amici del Sinalp e dell’Usi. Cosa vogliamo dire? Che i problemi della Sicilia e del Sud non si risolvono in Italia. Guardate cos’è successo al Movimento 24 Agosto per l’Equità Territoriale: fino a quando si è limitato a fare ‘schiumazza’ sulla rete lo hanno tollerato; appena si è presentata l’occasione di far saltare gli equilibri colonialistici di centrodestra e centrosinistra in Calabria, alle recenti elezioni regionali, è saltato il banco: alle elezioni regionali calabresi, infatti, il Movimento ha lasciato solo Luigi De Magistris a combattere contro centrodestra e centrosinistra, ma nonostante tutto De Magistris ha ha raggiunto un pericolosissimo (per il sistema Nord) 16%. Insomma, il 16% dei calabresi ha capito che centrodestra e centrosinistra, in Calabria, lavorano per affossare la Calabria; ed è così anche per il resto del Sud e per la Sicilia. I politici meridionali e siciliani che operano nei partiti politici nazionali fanno i propri interessi, non certo gli interessi del Sud e della Sicilia. Ne abbiamo avuto la prova quando, qualche mese addietro, il Ministro delle Politiche agricole, il grillino e nordista di Trieste Stefano Patuanelli ha scippato a Sud e Sicilia una parte dei fondi agricoli del FEASR (Fondo Europeo per lo Sviluppo Rurale), stravolgendo anche la ripartizione del cosiddetto Secondo Pilastro della PAC per rendere ordinario questo scippo. Avete ascoltato un solo presidente di Regioni del Sud schierarsi contro questa porcata? Di più: il Governo di Mario Draghi sta scippando a Sud e Sicilia le risorse de Pnrr, che, per il 67% – stando ai criteri dettati dalla Ue che tira fuori i soldi – dovrebbero essere erogati a Sud e Sicilia; invece a Sud e Sicilia, del Pnrr, arriverà, sì e no, da 10% al 20% di tali risorse. Avete visto un solo presidente di Regioni del Sud schierarsi contro questa seconda porcata? Ancora: tra qualche giorno il Governo nazionale, nel silenzio generale, varerà la terza porcata del 2021: l’Autonomia differenziata, ovvero lo scippo di altri 70 miliardi di euro all’anno a Sud e Sicilia. Vi risulta che ci siano presidenti di Regioni del Sud che stanno scatenando un bordello con questo scippo peraltro con profili di incostituzionalità?
Cari amici del Sinalp e dell’Usi, non ci vuole molto per capire che, in questa Italia, Sud e Sicilia sono destinate a soccombere. Pensare che l’Italia si occupi di Sud e Sicilia per aiutarle è da stupidi. L’Eurispes – che non è un’istituzione di scissionisti e separatisti – ha certificato che, dal 2000 al 2017, le Regioni del Nord Italia hanno scippato a Sud e Sicilia 840 miliardi di euro. A cui vanno sommati gli scippi 2018, 2019, 2020 e quelli di quest’anno, cioè del 2021. C’è anche il problema dell’atteggiamento remissivo del popolo meridionale e siciliano: per i primi il Cardinale Ruffo è soltanto un ricordo sbiadito; idem per i Siciliani in riferimento alla stagione separatista del secondo dopoguerra. I Siciliani, ad esempio, reagiscono non andando più a votare: ormai il 55% dei Siciliani non si reca alle urne. L’unica via possibile non è quella di rivolgersi a Roma, perché è tempo perso: a Roma gli ‘ascari’ avranno sempre la meglio su chi cerca di difendere gli interessi della Sicilia e del Sud, perché gli ‘ascari’ sono parte fondamentale del sistema coloniale. Nel Sud e in Sicilia c’è chi sta lavorando per dare vita a un’esperienza politica che faccia gli interessi dei territori. Il momento è favorevole, perché i ‘geni’ che governano l’Unione europea si sono consegnati mani e piedi alle multinazionali farmaceutiche che non hanno alcun interesse ad eliminare la pandemia, che per loro è una gallina dalle uova d’oro. Cosa vogliamo dire? Che, al di là delle stupidaggini che mettono in giro su fantomatiche crescite del PIL nell’Eurozona, per tutto l’Inverno – dove più, dove meno – l’Europa sarà sotto il dominio del virus e delle sue varianti (non della variante Omicron: delle varianti). Il Signore Iddio ci deve fare la grazia che questi ‘scienziati della siringa’ non scatenino la malattia di Marek che moltiplicherebbe all’infinito i ‘casini sanitari’. Questo è il momento per cominciare a lavorare per una seria alternativa al colonialismo italiano. Nel Sud Italia c’è chi sta lavorando a un nuovo progetto politico dopo il ‘naufragio’ del Movimento 24Agosto per l’Equità Territoriale. In Sicilia c’è già chi sta lavorando, da Identità Siciliana a Siciliani Liberi (che ha già avanzato proposte concrete, come il ricorso all’Helicopter Money, tramite Irfis) fino ad altri movimenti che oggi operano in modo sparso nel territorio. Alternative al binomio colonialismo-ascarismo non ce ne sono. Lo stesso invito vale per gli amici del Sifus Confali e dell’Associazione sindacale 99%: in Italia non c’è speranza di giustizia economica e sociale per Sud e Sicilia. Lo stesso discorso vale per gli amici del sindacato ORSA , per la Federazione del Sociale USB SLANG ASIA Catania e per i protagonisti di altre sigle.