Sul Titanic

Prende forma il nuovo soggetto politico del Sud Italia e della Sicilia: mai più “minorità” arretrata nei confronti del Nord

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  • Si partirà dal superamento del modello liberista che prevede lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali ed umane  
  • La “deculturazione” che colpisce oggi i Sud del Pianeta Terra
  • Meridionalismo e pensiero meridiano
  • Il Mezzogiorno d’Italia come paradigma della rinascita dei Sud del mondo

di Daniele Quarta

Si partirà dal superamento del modello che prevede lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali ed umane  

Il pensiero meridiano si erge come un nuovo faro vitale e luminoso del pensiero critico e offre una nuova visione della diversità culturale, vista come valore per lo sviluppo futuro della nostra società e non più come una “minorità” inadeguata alla sua sopravvivenza. Il pensiero meridiano è una voce fuori dal coro del pensiero unico ed è critico sulla comprensione della “modernità” intesa come conquista scientifica del mondo da percepire attraverso una misura puramente quantitativa. Pensiamo all’enorme difficolta che incontra questo modello quando deve calcolare la statistica del benessere nei territori, come ad esempio è stato fatto nella 31esima indagine de Il Sole 24 Ore, ove si raggiunge il risultato paradossale di collocare l’intero Mezzogiorno d’Italia in coda alla classifica oppure la straordinaria “diversità” di Napoli arrancare negli ultimi posti. La modernità ha sposato interamente il modello della capitalizzazione che vede nel mito dell’industrializzazione, ancorato al progresso tecnologico, l’unico sviluppo possibile. Ma è un modello capace di sopravvivere a sé stesso solo attraverso lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali ed umane. Peccato che per rigenerare l’attuale consumo di risorse naturali sfruttate (impronta ecologica) siano ad oggi necessari quasi due “Pianeti Terra”. Secondo questo modello, il mondo si è trasformato in un mercato globale, dove ogni merce può essere scambiata e consumata non avendo alcun valore in sé. Ogni bene si confonde con la natura funzionale ad esso attribuita, pertanto per generare valore deve essere consumato. È proprio l’atto del consumo di un bene che dà un valore “artificiale” a quel bene. Quindi, la sua eventuale carenza o addirittura estinzione, non si traduce più in un danno in valore assoluto, ma giusto una carenza nella generazione di valore aggiuntivo, dato che in mancanza di un bene non vi è consumo di esso e pertanto è impossibile generare valore. In questo contesto, possiamo comprendere la vera funzione odierna della tecnologia. È quella ricercare prima ed adeguarsi dopo ad un nuovo bene succedaneo, ad un altro estinto, per generare attraverso il suo consumo un nuovo valore “artificiale” come il primo. Siamo dunque in una “fluidità di mercato” interamente votato al perseguimento di un benessere artificiale ma totalmente indifferente al valore intrinseco del bene che è invece l’unica misura reale del “bene comune”. Nonostante il mito dell’economia globale abbia implementato un feroce neoliberismo mai visto prima, che si alimenta dalla concentrazione spasmodica dei processi produttivi, dalla disparità delle risorse sui territori e da una distribuzione mai uniforme della ricchezza prodotta, non si è mai messo in discussione questo modello. In più è l’unico modello riconosciuto acriticamente, tanto che ad ogni suo fallimento se ne rincara la dose aumentando precarietà e dipendenza da esso e conseguentemente, diminuendo per ciascuno le possibilità di autosussistenza.

La “deculturazione” che colpisce oggi i Sud del Pianeta Terra

In questo contesto, la necessità di dotarsi di un pensiero e di una cultura autonomi diventa di fondamentale importanza. Infatti, il danno più grave che l’economia globale procura ai Paesi del Sud del mondo è il cosiddetto fenomeno della “deculturazione” (Serge Latouche – “L’occidentalizzazione del mondo”). I Paesi che risultano esclusi dal modello neoliberistico dell’economia globale, finiscono per percepire la propria differenza come un limite da superare. Privarsi della propria cultura appare il prerequisito fondamentale per essere protagonisti nel mercato globale. In particolare, l’attuale condizione del Mezzogiorno d’Italia è quella di essere considerato soltanto luogo di evasione, non di pensiero. Esso si trova estromesso dalla storia perché privato di ogni soggettività, diventando piuttosto “oggetto” di fruizione, come mero luogo di vacanza, all’interno di una logica capitalistica di rigida divisione produttivistica operata in Italia come su scala mondiale. Latouche però rifiuta per i Paesi del Sud del mondo la definizione di “sottosviluppati”, egli preferisce invece indicare nei Paesi sviluppati quelli che “producono sottosviluppo” ossia Paesi che garantiscono la propria posizione di vantaggio attraverso la denegazione che le altre civiltà compiono su sé stesse. I Paesi occidentali si vedono riconosciuta una leadership nel momento stesso in cui gli altri Paesi riconoscono l’insufficienza o la negatività del proprio modello di sviluppo.

Meridionalismo e pensiero meridiano

Al contrario, il pensiero meridiano richiede un forte rapporto con la propria identità culturale, non come posizione autarchica di isolamento, ma al contrario generatrice di rapporti. Riscoprire la vocazione del Mediterraneo significa comprendere la sua vera natura di contaminazioni culturali e di apertura all’altro. Questa non prevede il rigetto della modernità, cosa mai avvenuta nella sua storia, ma la più forte critica ed opposizione al pensiero unico, che individua nella concentrazione privatistica l’unica precondizione necessaria allo sviluppo, di quanto invece non possa esserlo la fruizione condivisa dei beni comuni. In questo senso, Il Mediterraneo, come tutti i Sud del mondo, deve farsi portatore di una precisa posizione politica di controtendenza che propone la differenza come valore. Essa si oppone attraverso la lenta costruzione del sé, che appartiene ad ogni differenza che non accetta di essere ridotta a numero. Per questo motivo preservare il Mediterraneo come spazio della differenza non riguarda soltanto la sopravvivenza ma funge da antidoto al pensiero unico neoliberista. Il Mezzogiorno d’Italia è il paradigma perfetto di tutti i Sud del mondo perché oltre ad essere, al pari di questi, l’unica regione d’Europa al più basso tasso di sviluppo, è al contempo, caso unico mondiale, un’area che convive ed ingaggia una battaglia di riscatto plurisecolare nei confronti delle Regioni del Centro-Nord del suo stesso Paese, che hanno invece tassi di sviluppo in linea con i Paesi europei economicamente più avanzati.

Il Mezzogiorno d’Italia come paradigma della rinascita dei Sud del mondo

Il Mezzogiorno d’Italia è dunque il paradigma perfetto del pensiero meridiano e con esso la necessaria nascita di un nuovo progetto politico meridionalista popolare e democratico. Un progetto politico che parta dalla autonomia di pensiero del Sud e che sappia riprendere e valorizzare la propria cultura, la propria storia, lo stesso modo di pensarsi e riconoscersi, non più come “minorità” arretrata nei confronti del Nord, ma come identità diversa capace progettare e realizzare con le proprie eccellenze un nuovo modello di sviluppo. Il primo pilastro dell’azione politica, dunque, si dovrà focalizzare su un’azione di fortificazione della consapevolezza del proprio valore, motore indispensabile per l’agire futuro del Mezzogiorno. Il pensiero meridiano sarà ancora di ispirazione nell’attuare un secondo pilastro dell’azione politica: quello di dotare il Mezzogiorno e le aree interne del Paese di risorse e di infrastrutture necessarie a colmare il gap di sviluppo esistente, secondo un principio economico che individua nello sviluppo delle aree arretrate il vero volano di crescita economica dell’intero Paese. Infine, con il terzo pilastro dell’azione politica la “diversità” meridiana renderà possibile costruire un nuovo modello di sviluppo e di convivenza socioeconomico secondo i valori dell’equità, della distribuzione, dell’ecologia, della resilienza e della sostenibilità. Il Mezzogiorno si trasformerà dunque in un “laboratorio” dove attuare un nuovo modello di sviluppo e di convivenza civile che sarà oggetto di studio e di interesse non solo per il resto del Paese ma per tutti i Paesi Sud del mondo. Un nuovo modello capace di fare apparire obsoleto e fallace l’attuale paradigma neoliberistico. Il modo migliore per combattere con il proprio Paese “nemico” ed i suoi partiti del PUN (Partito Unico del Nord) è disertarli, ignorarli, interagendo come si farebbe con una parte del Paese che non ha ancora compreso. Il modo migliore per combattere l’altro di noi è concentrarsi su se stessi, riscoprendo la propria identità, la propria diversità, e costruire su di essa il proprio valore. Il modo migliore per combattere un sistema che produce il tuo sottosviluppo è fuggire dall’idea di modificarlo dall’interno, ma costruire fuori da esso un modello nuovo, misurato sulla propria diversità, che faccia apparire il primo obsoleto e fallace.

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