Oggi torniamo a fare il punto della situazione sul grano con Mario Pagliaro, chimico del Cnr e appassionato di climatologia e di agricoltura. Ha fatto discutere una sua dichiarazione di pochi giorni fa in merito alla semina del grano. E’ noto che in Sicilia – soprattutto nell’entroterra della nostra Isola – a causa delle piogge incessanti quasi nessuno è riuscito a seminare il grano. Pagliaro ha invitato a seminare anche con i terreni bagnati. Alcuni hanno colto lo spirito delle sue dichiarazioni legate a una condizione di emergenza, altri agricoltori si sono un po’ risentiti, sottolineando che seminare il grano con i terreni molto umidi è un errore e risulta anche difficile. Precisiamo che nessuno vuole mettersi sotto i piedi le conoscenze agronomiche; il problema è che c’è un’emergenza legata ai cambiamenti climatici che potrebbe protrarsi nel tempo. Ciò posto, a meno che non si vogliano fare discorsi da Regione siciliana, che in Estate affronta gli incendi boschivi con elicotteri ed aerei, lasciando bruciare quasi 80 mila ettari di boschi; per non parlare delle alluvioni, che la Regione affronta in stile “Tachipirina e vigile attesa” mentre l’acqua sommerge mezza Sicilia orientale, qualcosa si deve fare. Ci sono agricoltori siciliani che non vogliono seminare il grano perché piove sempre? O che non vogliono seminare perché tanto il prezzo del grano duro, il prossimo anno, crollerà? Ebbene, si accomodino pure. Pagliaro ha solo dato un consiglio. Chi lo vuole seguire lo segue, chi non è d’accordo segua le proprie convinzioni.
Fatta questa precisazione, Pagliaro ci segnala alcune novità avvenute nella settimana che si è conclusa. La Tunisia, ci racconta, ha acquistato all’asta 92mila tonnellate di grano duro a quasi 700 dollari la tonnellata, sotto forma di 4 carichi diversi. Tutti con consegna a Gennaio. Il più economico a 674 dollari. Il più caro a 684. “L’euro – ci dice Pagliaro – continua a perdere valore sul dollaro: ormai bastano poco più di 1 dollaro e 10 centesimi per comprare 1 euro. Questo significa che il prezzo del grano duro si avvicina rapidamente ai 700 euro alla tonnellata. Ormai, questi prezzi non possono non riflettersi su quelli della pasta. Uno dei maggiori produttori italiani ha comunicato di essere in trattativa con le aziende che controllano i supermercati per aumento della pasta di 20 centesimi/kg. Ma, ha detto, a breve ci troveremo a chiederne un altro”. Pagliaro ci invita a leggere una dichiarazione di Francesco Divella, socio di Divella Spa. La sua dichiarazione la leggiamo su BORSA ITALIANA: “Il prezzo del grano duro è più che duplicato da giugno 2021 ad oggi. Quello del grano tenero è cresciuto del 60-70%, il costo dell’energia ha avuto un incremento spaventoso come pure i costi dei noli marittimi e così via. Ci troviamo ai limiti della redditività zero. Per questo stiamo trattando con i grandi operatori della Gdo adeguamenti dei prezzi che la controparte fatica ad accettare. Ora stiamo lottando per un aumento di 20 centesimi al chilo ma tra breve ci troveremo costretti a chiederne un altro”.
Il tema dell’aumento del prezzo dei derivati del grano è ormai cronaca. Pagliaro ci dice che l’associazione delle aziende molitorie italiane ha dichiarato ormai insostenibile l’aumento dei costi di produzione, dovuto all’aumento del costo del grano, duro e tenero, cui si aggiunge da Ottobre quello dell’elettricità usata da queste aziende per alimentare i loro mulini. Ha quindi chiarito che non possono farsi carico da soli di questi aumenti. Per cui, se non vorranno farlo, non potranno che aumentare ulteriormente i prezzi della farina e della semola. Su ECONOMIA E TERRITORIO leggiamo una dichiarazione di Emilio Ferrari, Presidente Italmopa, l’Associazione Industriali Mugnai d’Italia: “Siamo purtroppo spettatori forzati di un andamento schizofrenico dei mercati internazionali che sta brutalmente travolgendo il settore alimentare in generale e molitorio in particolare. Una situazione insostenibile che sta minacciando la stessa sopravvivenza di un comparto, quello della macinazione del grano, già strutturalmente caratterizzato da una redditività marginale”. Insomma, i costi aumentano e sarà inevitabile l’aumento del prezzo alcuni prodotti ottenuti da farine e semole, dalla pasta al pane alle pizze. Gli industriali s rendono perfettamente conto che questo va a toccare i delicati equilibri “dei ceti sociali più esposti”. Ma i mugnai non possono farsi carico, da soli, di questi costi aggiuntivi: “Deve essere chiaro, per tutti – dice Ferrari – che l’entità degli incrementi dei costi dei fattori produttivi non può essere integralmente assorbita dall’industria di trasformazione”. Qualcuno deve intervenire per “evitare il tracollo di una filiera, quella della trasformazione del grano, che costituisce un fiore all’occhiello del ‘Made in Italy’ alimentare”.
Il costo della farina, nel corso degli ultimi 6 mesi, non ha fatto che aumentare. Ad Agosto, dando la notizia dell’aumento del pane a Partinico, il funzionario della Cna parlava di un aumento del prezzo del 50%, da 40 a 60 centesimi al chilo. Passano poco più di due mesi e i primi di Novembre un altro dirigente della Cna commentando l’aumento del pane a Marsala spiega che la farina adesso costa 81 centesimi al chilo, e che a Dicembre, cioè adesso, passerà a 1 euro. In breve, nel granaio d’Italia il prezzo della farina sarebbe aumentato di oltre il 100% in 6 mesi. Con il prezzo del pane che ha raggiunto in molti centri i 3 euro al chilo. Altrove, va anche peggio. A Castellammare di Stabia e in altri centri nei dintorni di Napoli il prezzo variava fra 3 euro e 20 e 3 euro e 60 al chilo già i primi di Ottobre quando non era ancora scattato l’aumento dell’elettricità del 29,8%. C’è da chiedersi cosa accadrà quando, fra pochi giorni, saranno fissati i nuovi prezzi di gas ed elettricità per i primi tre mesi del nuovo anno. Secondo alcuni analisti, l’elettricità aumenterà ancora fra il 17 e il 25 per cento, mentre il gas aumenterà del 50 per cento.
Come possiamo notare, dall’aumento del prezzo del grano siamo passati all’aumento del prezzo dei derivati del grano. Prezzi che crescono anche perché cresce in modo spropositato il costo dell’energia, indispensabile per l’industria che lavora il grano. Così i consumatori italiani sono sottoposti a due fuochi: da una parte l’aumento del prezzo del grano e dei suoi derivati; dall’altra parte l’aumento del costo dell’energia, che per gli stessi consumatori si traduce in un aumento delle bollette, in un aumento dei prezzi dei derivati del grano e in un aumento generale del livello dei prezzi che, in Economia politica, si chiama inflazione. E l’inflazione ha anche il volto dell’erosione delle retribuzioni delle famiglie, perché se aumenta l’inflazione si riduce il potere d’acquisto. Nel mondo economico italiano sta succedendo un gran ‘casino’ e la televisione, un giorno sì e l’altro pure, ci racconta di mirabolanti aumenti del PIL italiano del 6%, come se fossimo tutti stupidi nel non vedere il fallimento della gestione della pandemia da parte dell’Unione europea, dove i contagi aumentano di giorno in giorno con effetti ancora tutti da verificare da qui alla fine dell’Inverno. L’aumento del costo dell’energia rischia di provocare un terremoto economico.
Leggiamo in un articolo dell’ANSA una dichiarazione di Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia: “Senza interventi del governo, al primo Gennaio le bollette del gas aumenteranno del 50%, quelle dell’elettricità almeno del 17%, ma forse del 25%. Le tariffe del gas sono decise ogni trimestre dall’Arera, sulla base dei prezzi internazionali – spiega Tabarelli -. Ma questi, dopo essere rimasti tranquilli per dieci anni, alla metà del 2021 sono impazziti, e oramai sono fuori controllo. Nel trimestre Ottobre-Dicembre 21, la tariffa Arera è 0,95 euro al metro cubo. Ma dato l’andamento dei mercati internazionali, senza un intervento dello Stato per calmierare, nel trimestre Gennaio-marzo 22 si arriverà a 1,40 euro”. Stesso discorso per la bolletta elettrica, che dipende in buona parte dal metano: “A fissare la tariffa è il Gme, gestore dei mercati energetici, sulla base dei prezzi internazionali – dice ancora Tabarelli all’ANSA -. Al primo Ottobre abbiamo avuto un aumento incredibile, del 30%, quando di solito gli aumenti erano sull’1%. Oggi sui mercati spot l’elettricità si paga da 250 euro al megawattora a quasi 300 (in passato ci sembrava tanto quando costava 40-50 euro). Senza un intervento dello Stato, al primo Gennaio l’aumento della bolletta elettrica sarebbe dal 17 al 25%”. In questa situazione, secondo l’esperto “i due o tre miliardi che saranno stanziati in manovra per calmierare le bollette sono poca cosa”. Tabarelli spiega anche perché il prezzo del gas è in aumento: “La prima ragione è che gli stoccaggi sono bassi, perché la Russia consegna meno gas all’Europa. Un po’ perché vuole spingere sul gasdotto North Stream (aprirà a Marzo, n.d.r.), un po’ perché ha problemi di trasporto, dato che la sua rete è molto vecchia. Poi c’è stata la ripresa produttiva dopo la pandemia; la Cina ha aumentato la domanda di gas per uscire dal carbone; le compagnie energetiche investono di più sulle rinnovabili e meno sulle fossili, ma la domanda di gas non cala; l’eolico e l’idroelettrico in alcuni paesi hanno ridotto la produzione per motivi di meteo”. Morale: “I mercati – conclude Tabarelli – sono in mano alla speculazione, e i politici non sanno che pesci pigliare”. E c’è anche chi sostiene che il costo dell’elettricità aumenterà del 40% (come potete leggere qui).
“In ogni caso – ci dice Pagliaro – si tratta di aumenti senza precedenti storici che si riflettono su tutti i beni e su tutti i servizi. In queste condizioni, il prezzo del grano non potrà che continuare a mantenersi elevato. Le tensioni sui prezzi fanno sì che ormai la Russia, maggiore esportatore mondiale di grano tenero, comunichi ogni settimana il dazio da pagare. Per la settimana 8-14 Dicembre si paga una sovratassa di 85 dollari. Erano 78 la settimana 24-30 Novembre. Forse queste notizie rendono più chiaro agli agricoltori siciliani la rilevanza strategica del loro lavoro, e della produzione cerealicola siciliana. Che deve crescere con urgenza. Un ruolo nuovo sarà quello che dovrà assumere la Regione siciliana. Ma di questo parleremo presto”. Su questo – il ruolo della Regione siciliana – noi siamo un po’ pessimisti.
Foto tratta da Quotidiano di Puglia
Visualizza commenti