di Massimo Costa
All’inizio della II Regione lo schieramento di centro-destra sembra un blocco di potere inespugnabile. La XIII (2001-06) e la XIV (2006-08) legislatura, vedono la stabile Presidenza del democristiano Totò (Salvatore) Cuffaro, quasi simbolo di quest’epoca. Allievo politico del DC Calogero Mannino, uno dei “potenti” dell’ultima Regione parlamentare, si era già distinto negli ultimi anni di questa per il gran numero di preferenze personali, come assessore del Governo di Giuseppe Provenzano e di Giuseppe Drago (centrodestra) e poi del Governo di Angelo Capodicasa (sinistra), e soprattutto per il particolare “metodo politico”. Cuffaro porta il sistema dell’ultima Regione alle sue estreme conseguenze. Il clientelismo e l’assistenzialismo diventano un sistema generalizzato di governo. Le assunzioni, dirette e indirette, nei ranghi della Regione, raggiungono i livelli massimi possibili e il record storico. La Regione, priva di risorse fresche e già colpita da politiche restrittive da parte dello Stato, continua a espandersi contraendo debiti e peggiorando il livello dei servizi e degli investimenti pubblici. L’immagine delle istituzioni pubbliche degrada progressivamente, ma non si delineano alternative a un sistema politico bloccato. Nella maggioranza c’è un’alleanza tra post-democristiani, Forza Italia (il partito del leader/imprenditore italiano Silvio Berlusconi), Alleanza Nazionale (evoluzione moderata del vecchio MSI neofascista) e vari partiti autonomisti (dapprima essenzialmente “Nuova Sicilia”, poi il sempre più grande e agguerrito “Movimento per le Autonomie” del post- democristiano Raffaele Lombardo, anche
lui allievo politico di Calogero Mannino). Ma, in realtà, in quegli anni, si assiste a un continuo “cambio di casacche” da parte dei politici del blocco di centro-destra, i quali rispondono in sostanza solo ai loro parcellizzati elettorati personali.
Il centro-sinistra, nelle sue varie denominazioni, si limita ad un’opposizione debole e non troppo diversa, nel metodo e nei contenuti, rispetto al blocco dominante. Vincente talvolta a livello amministrativo, è ripetutamente sconfitta nelle elezioni regionali e politiche. Il 2001 è l’annus horribilis della sinistra: tutti i 61 collegi uninominali di Camera e Senato sono attribuiti al centro-destra e la sinistra, o centro-sinistra, deve accontentarsi di modesti ripescaggi al proporzionale. Alle regionali dello stesso anno l’eterno sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, è sconfitto nettamente, mentre ancora peggiore e fallito (solo 4 deputati) è il tentativo del centrista Sergio D’Antoni (già a lungo sindacalista cattolico della CISL) di creare un terzo polo. Nel 2006 il centro-sinistra ci riprova con Rita Borsellino, sorella del più noto giudice ucciso nell’attentato di Via D’Amelio nel 1993. Ma il risultato non è migliore. Si segnala il tentativo, nelle stesse elezioni, per certi versi un po’ velleitario, del post-missino Nello Musumeci, di dare vita a un autonomismo di destra (Alleanza Siciliana). I risultati modesti lo inducono però a riconfluire nel centro-destra “italiano”.
In realtà i primi anni del 2000 segnano una lenta crescita del Sicilianismo. Reduci dall’esperienza del 1996 i sicilianisti si disperdono in un pulviscolo di associazioni e movimenti. Tra questi si segnala, per il particolare attivismo su internet, un’associazione di siciliani all’estero, “L’Altra Sicilia”, di Francesco Paolo Catania, che contribuisce alla rinascita di un autonomismo radicale, alle soglie
dell’indipendentismo. Questo movimento culturale, però, resta minoritario, pur se viene raccolto dai “politici di professione” che ne fanno una bandiera per fare una leggera fronda all’interno degli schieramenti nazionali. Prima “Nuova Sicilia” di Bartolo Pellegrino e “Patto per la Sicilia” di Ciccio Nicolosi, poi sarà appunto la volta a destra di Nello Musumeci con Alleanza Siciliana. Persino a sinistra
ci sono tentativi di federalizzare i partiti di rappresentanza o di crearne uno nuovo (“Sicilia Democratica” dell’on. Salvatore Morinello, tentativo poi abortito). Ma sarà al centro che il tentativo avrà successo. Raffaele Lombardo crea nel 2004 il “Movimento per l’Autonomia”, e ottiene nel 2006 un discreto successo elettorale, inglobando l’anno dopo il piccolo partito di Pellegrino. Lombardo però resta incerto tra l’autonomismo siciliano (peraltro assai moderato, sul modello che fu di Milazzo) e una sorta di “leghismo meridionale”, che viene inutilmente tentato per anni. Sta di fatto che intanto ruba spazi e consensi, non solo clientelari ma anche d’opinione, al tradizionale centro-destra.
In questo frangente la Sicilia è travolta da uno scandalo senza precedenti: Cuffaro è accusato, e poi condannato, per un delitto infamante, “concorso esterno in associazione mafiosa”. Dopo pochi giorni di esitazioni, è costretto a dimettersi (2008). La società siciliana, tuttavia, sembra poco scossa da questo terremoto istituzionale. Le elezioni anticipate (2008) vedono il trionfo dell’autonomista Lombardo (XV legislatura, 2008-12) a capo di una coalizione di centro-destra. La “sinistra”, guidata dalla candidata anna Finocchiaro, ottiene
l’ennesima sconfitta, dimostrando la propria cronica incapacità di intercettare reali consensi. Tra i candidati “minori” si segnala una prima comparsa degli anti-sistema “grillini” di Sonia Alfano, “5 Stelle” ante litteram, che però non riescono ancora a superare lo sbarramento elettorale. Se le legislature di Cuffaro erano state critiche quella di Lombardo è drammatica.
La crisi finanziaria siciliana, però, viene da lontano. Dopo una lunga integrazione, iniziata nel 1951 con l’istituzione della CECA, proseguita nel 1957, con la CEE, da cui l’agricoltura siciliana avrebbe tratto a lungo significativi contributi, nel 1968 con l’abolizione delle dogane, nel 1987 con l’Atto Unico di Bruxelles (le quattro libertà di circolazione di merci, servizi, persone e capitali), nel 1991 con il Trattato di Maastricht (con cui nasce l’Unione Europea), nel 1999-2002 con l’introduzione della moneta unica europea, ora entra in vigore (2009) il Trattato di Lisbona, con il quale sostanzialmente gli Stati, in particolare quelli dell’Eurozona, perdono la propria piena sovranità in materia di finanze pubbliche. Quest’ultima svolta, sebbene lentamente preparata e relativamente silenziosa, è in realtà epocale. Secondo taluni da allora l’Italia non è più propriamente un Paese del tutto sovrano ma è entrata a far parte di una sorta di “Confederazione” sovranazionale. Questo fa sì che la stessa storia siciliana non possa essere più considerata solo “italiana”, ma ora anche “europea”. Questo, a sua volta, determina una stretta sui conti pubblici che porta lo Stato italiano, al proprio interno, a rivalersi in parte sui suoi enti locali, in particolare su quelli delle aree più deboli del Paese. La Sicilia, nonostante i tagli e il risanamento intrapresi da Lombardo, specie nella sanità, già fuori controllo negli anni passati, diventa oggetto di una vera e propria aggressione finanziaria che ne
compromette la funzionalità.
Le rivendicazioni autonomiste di Lombardo, in condizioni di scarsità di risorse, fanno esplodere le contraddizioni. Il governo italiano, allora Berlusconi-Tremonti-Bossi, a forte trazione nordista, si trova a marginalizzare l’alleato meridionale. Lombardo rapidamente perde la maggioranza parlamentare, per la defaillance prima dei centristi e poi di parte dei forzisti. Ma non si dimette e cerca, di volta in volta,
maggioranze parlamentari variabili, rimettendo in gioco i “democratici” dell’opposizione, e appoggiandosi saldamente su Confindustria, già dai tempi di Cuffaro di fatto presente in ogni maggioranza parlamentare. Gli industriali in questi anni giocano però un ruolo molto diverso dagli anni di Milazzo. Ora vestono intanto i panni dell’antimafia di maniera, più tardi travolti da scandali che svelano un quadro di cupa corruzione, e si mostrano assai sensibili agli interessi esterni di sfruttamento di occasioni di affari in Sicilia piuttosto che a quelli di uno sviluppo economico autonomo della Sicilia. Lombardo alterna rivendicazioni, spesso sterili, a pratiche clientelari di nomina di fedeli e fedelissimi in tutti i posti possibili di sottogoverno, sopravvivendo di anno in anno con un tatticismo esasperante che presto gli fa esaurire l’iniziale consenso che aveva distinto la sua Presidenza. Non scioglie le contraddizioni, limitandosi a dire più spesso sì, come aveva già fatto sempre Cuffaro prima di lui, in molte occasioni, come ad esempio quando l’Italia sceglie la Sicilia per l’installazione del
MUOS, un impianto satellitare americano assai contestato per i suoi effetti ambientali e sulla salute, e qualche no, come ad esempio sul disegno di installare in Sicilia quattro mega-inceneritori di rifiuti. Non mancano timidi tentativi di riscatto, anche su aspetti dall’alto valore simbolico. Tra questi almeno la “Festa dell’Autonomia” nelle scuole (il 15 Maggio, anniversario della conquista dello Statuto speciale, poi soppressa nel 2018), o la teorica introduzione della storia, dello Statuto e della lingua siciliana (prudentemente chiamata però “patrimonio linguistico”) con una legge del 2011, poi restata in gran parte lettera morta. Altre riforme lombardiane riguardano il comparto sanitario e la ridenominazione di alcuni assessorati regionali, in chiave di maggiore sovranità (l’assessorato alle Finanze che diventa “all’Economia”, o i Beni culturali cui si affianca “l’Identità siciliana”). Riforme, invero, più nominali che reali. Alla fine lo scontro lo vede soccombere, come già era successo a Milazzo circa mezzo secolo prima, ma questa volta per via giudiziaria. Coinvolto anche questo Presidente in un processo di mafia, dai contorni più che dubbi, la XV legislatura viene travolta nuovamente da scioglimento ed elezioni anticipate.
Le elezioni dell’autunno del 2012 vedono la destra tradizionale divisa tra quella tradizionale (guidata da Nello Musumeci, nel frattempo rientrato nei ranghi) e una vagamente autonomista (guidata dall’ex forzista Gianfranco Micciché, già Presidente Ars ai tempi di Cuffaro, fondatore di Forza Italia in Sicilia, per breve tempo a capo di una formazione vagamente meridionalista, Grande Sud, cui si aggregano le truppe in ritirata dell’MPA di Lombardo, comunque ancora capaci di esprimere rappresentanza parlamentare). Al di là delle sigle, tuttavia, si vocifera di un patto sotterraneo, tra la destra e la sinistra “nazionale” per lasciar vincere quest’ultima nel segno di una continuità delle politiche di sfruttamento esterno della Sicilia. Sotto la bandiera dell’antimafia, infatti, sarà questa volta Saro Crocetta, già sindaco di Gela, a diventare presidente della XVI legislatura (2012-17) e a far prevalere, per la prima volta nella storia della Regione,
la sinistra e, sempre più, con il consenso di Confindustria. Se la legislatura di Lombardo era stata drammatica, quella di Crocetta si rivela tragica. Il quadro politico che emerge dalle elezioni risulta molto frammentato. All’opposizione emerge potente il movimento fondato dal comico Beppe Grillo, “5 Stelle”, che però talvolta coopera su singoli provvedimenti con il Governo regionale di Crocetta. Questi, senza maggioranza parlamentare assoluta, sin dall’inizio della legislatura, naviga letteralmente a vista per tutto il quinquennio. La Sicilia è adesso letteralmente “punita” dal Governo italiano per il sussulto autonomistico avuto nella precedente legislatura. Le istituzioni regionali, formalmente non abrogate, toccano il loro minimo storico, materiale e morale. Lo Stato toglie alla Sicilia svariati miliardi l’anno di quelli che le toccano per Statuto, lasciandole il peso dell’amministrazione pubblica, impone la rinuncia al gettito dei ricorsi in Corte Costituzionale per svariati miliardi, legalizza, con accordi-capestro, le sottrazioni di risorse, impone la cancellazione di tutti i crediti della Regione verso lo Stato dal proprio bilancio, impone persino la rinuncia alla propria potestà legislativa, con leggi-fotocopia di quelle “nazionali”, i trasferimenti verso gli enti locali sono quasi azzerati, alla Sicilia è imposto un contributo al risanamento della finanza pubblica quadruplo rispetto a quello delle altre Regioni, assunzioni e contratti pubblici sono bloccati sine die, lo Stato impone – infine – tutti gli assessori all’Economia nominandoli dall’esterno quasi con il ruolo di commissario rispetto a un Presidente ridotto a rappresentante di facciata.
Nel frattempo la Sicilia è aggredita su tutti i media nazionali, con linciaggi quotidiani, spesso senza contraddittorio, additata come la responsabile di tutti i problemi nazionali. Esplode infine in tutta la sua drammaticità il problema insoluto dei precari pubblici: forestali, comunali precari, addetti alla formazione e all’orientamento professionale. L’Autonomia stessa, ormai paralizzata del tutto, viene additata come la fonte di tutti i mali e da più parti ne viene invocata l’abrogazione da campagne orchestrate da media legati ai principali partiti italiani di governo e di opposizione. Appare quasi un miracolo che lo Statuto non sia stato travolto in questo quinquennio. Tuttavia, dietro diktat romano, il numero dei deputati è ridotto da 90 a 70, nel quadro di una progressiva normalizzazione della Sicilia rispetto alle altre Regioni. Le condizioni economiche e sociali della Sicilia risentono di questo rinnovato colonialismo interno e diventano a dir poco disastrose. Le infrastrutture, in particolare quelle di trasporto, abbandonate a sé stesse, vanno letteralmente in rovina. Disoccupazione e precariato esplodono, in particolare tra i giovani, che iniziano un silenzioso esodo di massa, da cui interi paesi risultano spopolati. L’austerity imposta da Roma negli anni di una crisi globale (quella iniziata in America negli anni 2007-08) segna un gravissimo declino per la Regione. Le sue istituzioni sono mediamente ignorate o disprezzate dall’opinione pubblica.
Altro dramma, a partire dal 2011, è rappresentato dai continui e crescenti sbarchi di “migranti”, successivi al collasso del regime di Gheddafi in Libia. Sebbene la Sicilia sia quasi sempre solo terra di transito, rispetto a questo esodo/traffico, il costo dell’accoglienza è in parte lasciato dallo Stato agli enti locali, o gestito in grandi “centri di accoglienza” di dubbia sicurezza, come ad esempio il CARA di
Mineo. Alcuni servizi essenziali, come la raccolta dei rifiuti, mai organizzata in senso moderno, sono al limite del collasso, così come l’assistenza ai disabili gravi e gravissimi, diventata uno scandalo nazionale.
In questo quadro convulso si svolgono le elezioni regionali del 2017, nelle quali la sinistra, che schiera questa volta il rettore dell’Università di Palermo, Fabrizio Micari, viene definitivamente marginalizzata, e in cui lo scontro aperto è invece tra il Movimento 5 Stelle, che schiera nuovamente Giancarlo Cancelleri come cinque anni prima, e il centro-destra, ricompattato su Musumeci, che ha la meglio. Ancora peggio la sinistra radicale che porta in Assemblea regionale siciliana solo un deputato. Si segnala pure la presenza alle elezioni di un piccolo partito neoindipendentista, “Siciliani Liberi”, fondato nel 2016. La XVII legislatura (2017-) è ancora cronaca. Non vogliamo dare giudizi storici su eventi in corso dove peraltro i drammi della precedente legislatura non fanno che aggravarsi di giorno in giorno in una disarmante continuità; eventi che si incrociano fatalmente con il crollo della II Repubblica in Italia alle elezioni del 2018, e con la crisi sanitaria globale a partire dal 2020. Che ne sarà dunque della irrisolta Questione Siciliana?
Cronologia politica:
1946-1947 Alto Commissariato Civile per la Sicilia:
1946 Igino Coffari (indipendente)
1946 Paolo D’Antoni (Democrazia Cristiana)
1946-1947 Giovanni Selvaggi (Partito Repubblicano Italiano)
Dal 1947 Regione Siciliana:
1947-2001 Regione “parlamentare”:
I legislatura:
1947-1948 Giuseppe Alessi (I) (Democrazia Cristiana)
1948-1949 Giuseppe Alessi (II) (Democrazia Cristiana)
1949-1951 Franco Restivo (I) (Democrazia Cristiana)
II legislatura:
1951-1955 Franco Restivo (II) (Democrazia Cristiana)
III legislatura:
1955-1956 Giuseppe Alessi (III) (Democrazia Cristiana)
1956-1957 Giuseppe La Loggia (I) (Democrazia Cristiana)
1957-1958 Giuseppe La Loggia (II) (Democrazia Cristiana)
1958-1959 Silvio Milazzo (I) (Unione Siciliana Cristiano- Sociale)
IV legislatura:
1959 Silvio Milazzo (II) (Unione Siciliana Cristiano-Sociale)
1959-1960 Silvio Milazzo (III) (Unione Siciliana Cristiano- Sociale)
1960-1961 Benedetto Majorana della Nicchiara (dissidente monarchico dell’USCS)
1961 Salvatore Corallo (Partito Socialista Italiano)
1961-1962 Giuseppe D’Angelo (I) (Democrazia Cristiana)1962 Giuseppe D’Angelo (II) (Democrazia Cristiana)
1962-1963 Giuseppe D’Angelo (III) (Democrazia Cristiana)
V legislatura:
1963 Giuseppe D’Angelo (IV) (Democrazia Cristiana)
1963-1964 Giuseppe D’Angelo (V) (Democrazia Cristiana)
1964 Giuseppe D’Angelo (VI) (Democrazia Cristiana)
1964-1966 Francesco Coniglio (I) (Democrazia Cristiana)
1966-1967 Francesco Coniglio (II) (Democrazia Cristiana) 1967 Francesco Coniglio (III) (Democrazia
Cristiana)
VI legislatura:
1967 1967Vincenzo Giummarra (I) (Democrazia Cristiana)
1967-1968 Vincenzo Carollo (I) (Democrazia Cristiana)
1968-1969 Vincenzo Carollo (II) (Democrazia Cristiana)
1969-1970 Mario Fasino (I) (Democrazia Cristiana)
1970-1971 Mario Fasino (II) (Democrazia Cristiana)
1971 Mario Fasino (III) (Democrazia Cristiana)
VII legislatura:
1971 Mario Fasino (IV) (Democrazia Cristiana)
1971-1972 Mario Fasino (V) (Democrazia Cristiana)
1972-1974 Vincenzo Giummarra (II) (Democrazia Cristiana)
1974-1976 Angelo Bonfiglio (I) (Democrazia Cristiana)
VIII legislatura:
1976-1978 Angelo Bonfiglio (II) (Democrazia Cristiana)
1978-1979 Piersanti Mattarella (I) (Democrazia Cristiana)
1979-1980 Piersanti Mattarella (II) (Democrazia Cristiana)
1980 Gaetano Giuliano (Vicepresidente ad interim, Partito Socialista Italiano)
1980-1981 Mario D’Acquisto (I) (Democrazia Cristiana)
IX legislatura:
1981-1982 Mario D’Acquisto (II) (Democrazia Cristiana)
1982-1983 Calogero Lo Giudice (Democrazia Cristiana)
1983-1984 Santi Nicita (Democrazia Cristiana)
1984-1985 Modesto Sardo (Democrazia Cristiana)
1985-1986 Rosario Nicolosi (I) (Democrazia Cristiana)
X legislatura:
1986-1987 Rosario Nicolosi (II) (Democrazia Cristiana)
1987-1988 Rosario Nicolosi (III) (Democrazia Cristiana)
1988-1989 Rosario Nicolosi (IV) (Democrazia Cristiana)
1989 Salvatore Natoli (Partito Repubblicano Italiano)
1989-1991 Rosario Nicolosi (V) (Democrazia Cristiana)
XI legislatura:
1991-1992 Vincenzo Leanza (I) (Democrazia Cristiana)
1992-1993 Giuseppe Campione (I) (Democrazia Cristiana)
1993 Giuseppe Campione (II) (Democrazia Cristiana)
1993-1995 Francesco Martino (Partito Liberale Italiano)
1995-1996 Matteo Graziano (Partito Popolare Italiano)
XII legislatura:
1996-1998 Giuseppe Provenzano (Forza Italia)
1998 Giuseppe Drago (Centro Cristiano Democratico)
1998-1999 Angelo Capodicasa (I) (Democratici di Sinistra)
1999-2000 1999-2000 Angelo Capodicasa (II) (Democratici di Sinistra)
2000-2001 Vincenzo Leanza (II) (Forza Italia)
Dal 2001 Regione “presidenziale”:
XIII legislatura:
2001-2006 Salvatore Cuffaro (Cristiani Democratici Uniti e Unione di Centro, maggioranza della Casa delle
Libertà)
XIV legislatura:
2006-2008 Salvatore Cuffaro (Cristiani Democratici Uniti e Unione di Centro, maggioranza della Casa delle
Libertà)
2008 Nicola Leanza (Vicepresidente ad interim, Movimento per le Autonomie)
XV legislatura:
2008-2012 Raffaele Lombardo (Movimento per le Autonomie, con maggioranze variabili)
XVI legislatura:
2012-2017 Rosario Crocetta (Il Megafono, con governo di minoranza di centro-sinistra)
XVII legislatura:
2017- Nello Musumeci (Diventerà Bellissima, con maggioranza di centro-destra)