- La notizia arriva dalla Cgil di Palermo che definisce la sentenza “una pietra miliare”. Ed è assolutamente vero: i medici che per motivi di salute non si possono vaccinare non possono essere sospesi dal lavoro
- I giudici hanno definito “illegittima” la sospensione della dottoressa privata anche dello stipendio. Adesso gli ‘scienziati’ della fondazione Giglio dovranno riammettere al lavoro la dottoressa corrispondendo le retribuzioni maturare durante l’illegittima sospensione
- Un plauso va alla Cgil che, quando non fa politica e fa veramente sindacato, ottiene ottimi risultati
La notizia arriva dalla Cgil di Palermo che definisce la sentenza “una pietra miliare”. Ed è assolutamente vero: i medici che per motivi di salute non si possono vaccinare non possono essere sospesi dal lavoro
La Giustizia comincia a mettere un po’ di ordine nel mondo dei ‘fondamentalisti’ del vaccino anti-Covid. Un medico – per la precisione una dottoressa – che lavora presso l’ospedale Giglio di Cefalù che ha rifiutato il vaccino anti-Covid per motivi di salute e che era stata sospesa dal lavoro senza stipendio tornerà al lavoro. Così ha stabilito il Tribunale di termini Imerese. La notizia la leggiamo in un comunicato della Cgil Funzione pubblica di Palermo: “Il Tribunale di Termini Imerese ha condannato la Fondazione Giglio di Cefalù al pagamento delle retribuzione maturate a una lavoratrice che era stata sospesa a Luglio senza stipendio per non essersi sottoposta al vaccino, obbligatorio per il personale sanitario. La dottoressa, dipendente del Giglio, aveva rifiutato di esporsi al vaccino per motivi legati a problemi di salute. Aveva chiesto di essere adibita a mansioni diverse da quelle strettamente sanitarie. E’ stata sospesa invece dal lavoro senza retribuzione. A quel punto la donna, assistita dalla Funzione Pubblica dagli avvocati Pietro Vizzini e Katia Vella, ha impugnato il provvedimento di sospensione davanti al giudice del lavoro di Termini Imerese, con un ricorso d’urgenza. Il ricorso è stato accolto. Nella sentenza, emessa l’altroieri, il giudice ha dichiarato ‘illegittimo’ il provvedimento e ha condannato la fondazione Giglio a riammettere la dipendente in servizio e a corrisponderle le retribuzioni maturate dalla data di sospensione fino alla data della effettiva riammissione, oltre alle spese legali”.
I giudici hanno definito “illegittima” la sospensione della dottoressa privata anche dello stipendio. Adesso gli ‘scienziati’ della fondazione Giglio dovranno riammettere al lavoro la dottoressa corrispondendo le retribuzioni maturare durante l’illegittima sospensione
“Il giudice – spiegano Giovanni Cammuca, segretario generale Fp Cgil Palermo e Domenico Mirabile, segretario regionale Fp Cgil Medici – ha riconosciuto l’illegittimità del provvedimento di sospensione del medico che, per l’incompatibilità tra il proprio stato di salute e la somministrazione del vaccino anti Covid 19, non aveva potuto assolvere all’obbligo vaccinale. Siamo assolutamente consapevoli dell’importanza della vaccinazione, tanto da essere come sindacato in prima fila tra coloro che invocano l’obbligo vaccinale. Ma le norme oggi in vigore individuano non solo i soggetti nei confronti dei quali si applica l’obbligo vaccinale ma anche le procedure da adottare prima di arrivare alla sospensione. Abbiamo assistito nelle scorse settimane – proseguono Cammuca e Mirabile – a una gara fra alcuni direttori generali di strutture sanitarie che, addirittura, hanno sospeso soggetti nei confronti dei quali non si applicava l’obbligo vaccinale, come esplicitamente previsto dal decreto legge 172/21. Ci riferiamo agli amministrativi dell’Asp Palermo”.
Un plauso va alla Cgil che, quando non fa politica e fa veramente sindacato, ottiene ottimi risultati
“La sentenza – commentano i due sindacalisti – rappresenta una pietra miliare nella corretta applicazione della norma. Il datore di lavoro, infatti, accertata l’appartenenza a una delle categorie soggette all’obbligo, avrebbe dovuto adibire il lavoratore a mansioni anche inferiori a quelle di appartenenza, che non implichino rischi di diffusione del contagio. E solo nell’impossibilità documentata e certificata di adottare tale misura, provvedere alla sospensione. Cosa che, nel caso specifico non ha fatto la Fondazione Giglio di Cefalù, ma non fanno neanche altre aziende. Speriamo – concludono Cammuca e Mirabile – che la sentenza sia di monito per tutti quei ‘datori di lavoro’ che, difformemente dalla normativa vigente, hanno disposto sospensioni dal servizio. E che, in autotutela, modifichino le loro decisioni. Perché è indubbio che dover corrispondere uno stipendio senza aver svolto alcuna mansione, a causa di un provvedimento illegittimo, costituisce danno erariale. Chiederemo alla Corte dei Conti di condannare i diretti responsabili perché gli errori dei singoli non diventino costi per la collettività”. Un plauso alla Cgil che, quando fa sindacato e non fa politica a sostegno del PD, riesce ancora a fare cose giuste. Speriamo che la lezione serva in primo luogo ai vertici dell’ospedale Giglio di Cefalù, che forse dovrebbero studiare un po’ meglio le leggi prima di togliere il lavoro alle persone. E ci auguriamo che serva anche a tutti gli amministratori delle Aziende Sanitarie provinciali e delle Aziende Ospedaliere siciliane. Ha ragione la Cgil di Palermo: questa sentenza è una “pietra miliare” e farà sicuramente Giurisprudenza. Peraltro – ma questo non ci sarebbe nemmeno bisogno di scriverlo – l’ospedale Giglio di Cefalù è sì una struttura privata, ma è convenzionata con la regione ed è, a tutti gli effetti, un ‘prolungamento’ della sanità pubblica siciliana: un motivo in più per applicare tale sentenza anche in tutte le strutture sanitarie pubbliche della nostra Isola.
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