Scriveva tre anni fa Domenico Iannantuoni, ingegnere, un pugliese che, da anni, vive e lavora a Milano a proposito della Grande distribuzione organizzata, settore che conosce molto bene: “Un volta chiesi, da ingegnere, il significato di Grande distribuzione e la risposta fu ‘Un po’ di tutto’, oppure ‘No parking, no business’ e così via. Ma in realtà io capivo che questa Gdo (Grande distribuzione organizvata) era un vero massacro per l’intero Paese Italia… I piccoli negozi chiudevano a ritmi serrati in cambio di poche centinaia di posti di lavoro per ogni Ipermercato e oggi siamo al collasso: prezzi bassi, vendita dello sconto, strozzinaggio verso i veri produttori di beni e servizi, agricoltori e produttori, ed i salari sono bassi, troppo bassi per reggere il colpo… La Gdo decide tutto della nostra vita: prezzi, buone entrate, sconti e promozioni gratuite come un TIRANNO; o ci stai o sei fuori dal giro! Il mercato si è poi diviso in due parti: quello per i RICCHI e l’altro per i POVERI e chi ha i soldi si salva potendo acquistare i prodotti migliori”. E ancora: “Ma a chi sono rimasti i soldi dopo la scomparsa della classe media? Nei prossimi due anni la Gdo italiana vedrà licenziamenti per almeno duecentomila persone, negli USA questa piaga è già iniziata da qualche anno ed ora è il turno della Francia. Qualcuno timidamente inizia a dire che si stava meglio prima. La scelta della Gdo è stata abominevole e noi come capre abbiamo seguito l’invito dei pifferai magici. Ipermercati sempre più grandi fino al 1991/95, Centri commerciali in sussidio, Outlet in risposta meschina e intanto il Paese perdeva il suo tessuto vitale. Quanti negozianti hanno ceduto nel frattempo le proprie licenze e quanti hanno chiuso? I conti di questo nostro Paese disastrato oggi non tornano più né al Nord, né al Sud. Le Città sono sempre più vuote e senza autovettura non vai da nessuna parte; aspettiamoci il peggio!”.
L’unico dato positivo – per i consumatori, ma non per gli agricoltori – è la guerra sui prezzi praticata dai discount e, soprattutto, dalle vendite online. I prezzi bassi sono un vantaggio per i consumatori, specie in tempo di inflazione nascosta (e l’Unione europea, oggi più che mai, nasconde l’inflazione e millanta crescite del Prodotto interno lordo che, con la ripresa del Covid, non stanno né in cielo, né in terra). Ma quando i prezzi dei generi alimentari sono troppo bassi, si sa, a farne le spese – oltre agli agricoltori presi per la gola – sono la salute o l’ambiente: o entrambi. ITALIA FRUIT NEWS dedica un articolo alla crisi della Gdo e lo fa dall’angolazione dell’ortofrutta: “In una Gdo sotto attacco e lenta a reagire, quello dell’ortofrutta è uno dei reparti che più di tutti soffre la difficile situazione attuale caratterizzata da nuovi competitor, category killer, esplosione dell’e-commerce: Mario Gasbarrino, Ad di Decò Italia, non le ha mandate a dire nel suo intervento allo Speciale Frutta & Verdura”. Gasbarrino non sembra molto ottimista: “Sono considerato un innovatore ma quello che ho fatto, semplicemente, è stato eliminare i volantini e questo dà l’idea di quanta innovazione ci sia veramente nel comparto. La mia filosofia è: eliminare il superfluo per lasciare spazio all’essenziale. Oggi il supermercato è sotto attacco su due fronti: all’interno del sistema, dove i discount sono cresciuti molto basando la competizione sul prezzo e sul rapporto prezzo-qualità; e all’esterno, con l’online che galoppa ed è ancora più pericoloso perché vuole distruggere il modello attuale basato sulla spesa nei negozi fisici. Attenzione: la qualità dell’ortofrutta portata a domicilio da alcuni portali come Cortilia, di cui sono nel Cda, è superiore a quella media della Gdo”.
Arriva anche una confessione: per la qualità dell’ortofrutta il commercio online funziona meglio della Gdo. Così si arriva alla conclusione che, per l’ortofrutta, bisogna puntare sulla qualità. E se negli scaffali della Gdo, in materia di ortofrutta, c’è un po’ troppa confusione, meglio tornare ai negozi di frutta e verdura tradizionali. O ai mercatini dove gli agricoltori vendono direttamente ai consumatori i prodotti che coltivano. Anche se non sempre c’è la garanzia che si tratti di prodotti effettivamente coltivati da chi li vende. In ogni caso, è un rischio che vale la pena correre, perché nella Gdo, spesso, l’ortofrutta viene raccolta acerba e conservata nelle celle frigorifere. E’ inutile girarci attorno: proprio sull’ortofrutta serve correttezza verso i consumatori. E dobbiamo ammettere che la Lidl (ma anche altre sigle), sull’ortofrutta, è corretta: su ogni prodotto è indicata la provenienza: se è ortofrutta italiana o estera. La decisione finale spetta al consumatore. Che succederà nel futuro? Le previsioni di Iannantuoni si stanno rivelando esatte: non mancano le chiusure, o i cambi di sigla: centri commerciali che rimangono in piedi con il cambio del marchio. Noi viviamo a Palermo e possiamo raccontare, per sommi capi, quello che vediamo: l’organizzazione quasi perfetta dei tedeschi della Lidl – che a Palermo conta sette punti vendita – si avverte. Ci sono alcuni centri commerciali che non reggono il passo; e altri invece che si stanno adeguando. Bisogna riconoscerlo: i prezzi di molti prodotti sono più bassi. E gli affetti sull’agricoltura siciliana? Questo è un altro grande tema che merita un articolo a parte.
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