Dopo aver consentito alla Tunisia di esportare in Europa il proprio olio d’oliva a dazio zero, l’Unione europea dell’euro torna ad aiutare gli olivicoltori tunisini. E lo fa con un bel prestito di 6,2 milioni di euro che la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) ha deciso di erogare alla Compagnie Générale des Industries Alimentaires (COGIA SA) per lo sviluppo dell’olivicoltura della Tunisia. Soldi che questo paese del Nord Africa utilizzerà per l’approvvigionamento, l’imbottigliamento e le esportazioni di olio d’oliva. Tutto questo avviene mentre la stessa Unione europea si accinge a ridurre i pagamenti comunitari oggi destinati ai produttori, introducendo regole più severe per accedere ai fondi dei programmi operativi. Il tutto nel silenzio dei vertici delle Regioni Puglia, Calabria e Sicilia. Insomma, non è un mistero che la nuova PAC, la Politica Agricola Comunitaria, punta a difendere gli interessi della grande industria chimica (pesticidi, erbicidi, antibiotici usati in modo scriteriato), penalizzando i piccoli agricoltori. Sono le solite porcate dell’Unione europea di massoni e affaristi già denunciate dall‘europarlamentare eletto in Sicilia e in Sardegna, Ignazio Corrao.
Quello dell’Unione europea dell’euro non è terzomondismo e filantropia, ma affarismo allo stato puro in favore delle multinazionali che operano nella chimica e nella farmaceutica. Come scriviamo spesso, la Ue non esita a sacrificare l’agricoltura mediterranea per sostenere l’industria. Dal 2017 ad oggi la BERS ha finanziato ben sei progetti al settore olivicolo della Tunisia, in accordo con la FAO. E’ importante sottolineare che il sostegno che Ue e BERS danno all’olivicoltura tunisina va ad agevolare i soggetti che hanno investito nell’agricoltura tunisina, che in buona parte non sono tunisini. Un sostegno che va a penalizzare le tre Regioni italiane – Puglia, Calabria e Sicilia – dove si produce, cambiamenti climatici permettendo – il 90% circa dell’olio d’oliva extra vergine italiano. Su Agro Notizie leggiamo una dichiarazione del presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti: “Non è in discussione il programma di sostegni all’olivicoltura della Tunisia, così come gli altri interventi Ue verso i Paesi meno avanzati. Comprendiamo la necessità dell’Unione europea di essere vicina ad un Paese, come la Tunisia, indebolito da atti terroristici e con instabilità politica ed economica, dovuta ad eventi interni. C’è però da chiedersi se gli incentivi allo sviluppo della filiera possano coesistere con programmi di facilitazioni nei dazi per l’accesso dell’olio tunisino sul mercato europeo”.
Gli aiuti all’olivicoltura tunisina arrivano in un momento inaspettatamente critico per l’olivicoltura italiana. Contrariamente alle attese, l’annata olivicola italiana presenta problemi. In Puglia e in Calabria, ad esempio, si pensava che la siccità di quest’anno non avesse prodotto eccessivi danni. Invece le drupe hanno accusato l’eccessivo caldo e la produzione si è ridotta. Non solo. A complicare tutto, in molte zone olivicole, sono state le abbondati piogge arrivate proprio nei giorni della raccolta delle olive. I maggiori danni sono stati registrati nelle zone pianeggianti, dove i temporali hanno ritardato la raccolta e peggiorato la qualità delle olive. Ma anche in collina le cose non sono andate bene. Di più: quest’anno ci si aspettavano prezzi interessanti, invece vuoi per i ritardi nella raccolta, vuoi per il peggioramento della qualità dell’olio provocato dalle piogge, vuoi perché la speculazione, in questo settore, è sempre dietro l’angolo (non c’è bisogno di ricordare che chi guadagna con l’olio d’oliva sono i commercianti e gli industriali imbottigliatori (questi ultimi sono in buona parte del Nord Italia: un Nord Italia che, pur producendo quantitativi irrisori di olive controlla il mercato dell’olio d’oliva italiano: chissà perché…). Insomma, con una riduzione ella produzione di olio d’oliva il prezzo dovrebbe crescere: invece in Italia si riduce, chissà perché…
Su agricoltura.it leggiamo una dichiarazione di David Granieri, Presidente di Unaprol, il Consorzio olivicolo italiano: “È paradossale come l’Unione europea investa in settori strategici in Paesi concorrenti piuttosto che aiutare le filiere dei suoi Paesi fondatori. La priorità secondo noi dovrebbe essere data alla ricerca e alla ricostruzione del Salento distrutto dalla xylella, batterio entrato in Italia per colpa delle falle nei controlli proprio delle autorità europee. Ci auguriamo che l’Unione europea sia solerte anche nell’erogare investimenti per l’olivicoltura italiana e, soprattutto, nel pretendere da Paesi come la Tunisia, gli stessi criteri di trasparenza e tracciabilità che contraddistinguono il lavoro dei produttori del nostro Paese – conclude Granieri -. Per questa ragione chiediamo l’introduzione del Sian europeo per controllare tutti gli oli che provengono dall’estero che devono sottostare alle nostre regole, le stesse che vengono rispettate ogni giorno dagli olivicoltori italiani”. Noi invece siamo pessimisti. Nel MATTINALE di domani proveremo a illustrare perché, in questa Unione europea di massoni e speculatori della finanza e dell’industria l’agricoltura mediterranea – e quindi anche l’agricoltura del Sud Italia e della Sicilia – non ha alcuna speranza.
Foto tratta da Tele Radio Sciacca
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