Agricoltura

Produrranno pasta mescolando grano duro e grano tenero senza informarci come hanno fatto con il grano duro canadese?

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  • La nostra non è una domanda campata in aria, perché la Turchia – terzo produttore al mondo di pasta – in mancanza di grano duro ha cominciato a utilizzare il grano tenero
  • Nel Nord Africa stanno affrontando un aumento di circa un quarto del prezzo del pane di semola di grano duro: da qui la probabile utilizzazione del pane di grano tenero
  • Le previsioni di Mario Pagliaro sul mercato della pasta in Africa 
  • Si prevede una riduzione della domanda di circa il 6% nell’uso alimentare globale di grano duro nella stagione 2021/22

La nostra non è una domanda campata in aria, perché la Turchia – terzo produttore al mondo di pasta – in mancanza di grano duro ha cominciato a utilizzare il grano tenero

Forse è arrivato il momento di provare a illustrare cosa sta succedendo nel mondo della pasta alla luce degli effetti dirompenti provocati dai cambiamenti climatici alle colture di grano duro. Sappiamo – lo abbiamo scritto tante volte – che i tre Paesi dove si produce tanto grano duro, ovvero Canada, Russia e Stati Uniti d’America hanno subito, a causa della siccità, riduzioni di produzioni importati. Sappiamo che il Canada ha subito una riduzione della produzione del 50% circa; e sappiamo che ha ridotto drasticamente le esportazioni, anche perché tanti agricoltori canadesi hanno capito che il prezzo del grano è destinato a crescere e, in questa fase, preferiscono stoccare il prodotto per venderlo quando il prezzo aumenterà. E sappiamo anche che il grano duro canadese esportato – non è tanto, ma c’è – è stato in buona parte acquistato dall’Italia. E poiché con il grano duro si produce la pasta, non possiamo che sorridere pensando alle pubblicità che inondano la televisione italica, stando alle quali la pasta italiana è fatta solo con grano duro italiano… Ma, al di là delle solite sceneggiate alle quali siamo ormai abituati, sulla pasta ci sono altre notizie che vale la pena di commentare. La prima notizia, che leggiamo su SWB, è che la Commissione europea, lo scorso Ottobre, ha tagliato le sue stime per il grano duro italiano portandolo da 4,3 milioni di tonnellate a 3,7 milioni di tonnellate. Questo significa che le preoccupazioni espresse da qualche industriale italiano della pasta circa i problemi di disponibilità di grano duro già a partire dalla prima metà del 2022 sono più che fondati. Seguono altre notizie. Vediamole per grandi linee.

Nel Nord Africa stanno affrontando un aumento di circa un quarto del prezzo del pane di semola di grano duro: da qui la probabile utilizzazione del pane di grano tenero

Cominciamo col dire – ormai è ufficiale – che le quotazioni del grano duro hanno raggiunto  i massimi da 13 anni a questa parte. E non è finita perché i prezzi dovrebbero crescere ancora. Questo esporrà gli industriali della pasta di tutto il mondo, e non soltanto quelli italiani, a turbolenze di mercato. Insomma, forse il peggio deve ancora arrivare. E non è detto che saranno problemi del solo 2022, perché i cambiamenti climatici sono in corso e Iddio solo sa cosa potrebbe succedere tra siccità e inondazioni. Già, ad esempio, avvivano altre brutte notizie dal Canada, dove le stime ufficiali sulla produzione di grano duro potrebbe essere ulteriormente ridotte a Dicembre. Scrive SWB: “Secondo Rhyl Doyle, direttore del commercio di esportazione di Paterson Grain a #Winnipeg, il duro rappresenta la sfida più grande in termini di bilanciamento delle esigenze di importazione globale con la disponibilità di esportazione globale”. Che tradotto potrebbe significare che la domanda mondiale di grano duro dovrebbe crescere e che, causa cambiamenti climatici, l’offerta mondiale dello stesso grano duro potrebbe ridursi con conseguenze sui prezzi che non è difficile immaginare. “Pertanto – leggiamo sempre su SWB – secondo alcuni produttori, adeguarsi a scorte basse implicherà in parte di pagare di più per i prodotti di base a base di grano duro e forse di passare al grano tenero meno costoso”. Questa  la vera notizia, forse la notizia più importante in questa fase storica. “I modelli di consumo possono cambiare, soprattutto nelle economie emergenti – leggiamo sempre su SWB -. Pertanto, le famiglie nordafricane che stanno affrontando un aumento di circa un quarto del prezzo del pane di semola di grano duro dovrebbero rafforzare la prevalenza del pane di grano tenero”. Superfluo aggiungere che se il grano tenero entrerà nel mercato della pasta – ovviamente in presenza di grandi quantitativi di grano tenero – il prezzo del grano duro potrebbe iniziare a scendere.

Le previsioni di Mario Pagliaro sul mercato della pasta in Africa 

I Nuovi Vespri, già da qualche anno, informa i propri lettori che alcuni Paesi africani importano grano duro. In alcuni casi non grano duro canadese, ma grano duro italiano e, segnatamente, siciliano e pugliese. Mario Pagliaro, chimico del Cnr e appassionato di climatologia e agricoltura, prevede che la domanda di grano duro dei Paesi africani sia destinata a crescere: e di solito le previsioni di Pagliaro sul grano e sul clima sono giuste. Però, in questo momento storico è probabile che, tanti Paesi abituati a portare in tavola pasta e pane prodotti con grano duro dovranno cominciare a fare di necessità virtù, mescolando grano duro e grano tenero, sia per la pasta, sia per il pane. “La Turchia – leggiamo ancora su SWB – uno dei principali esportatori di pasta, all’inizio di quest’anno ha allentato le regole per aumentare la quota massima di grano tenero consentita nelle esportazioni di pasta dal 30% al 100% in risposta alla diminuzione dell’offerta di grano duro”. Sintetizzando, in Turchia non vanno tanto per il sottile: manca il grano duro per fare la pasta? La facciamo con il grano tenero. Sarà così anche in altri Paesi del mondo? E se lo faranno – cioè se cominceranno a mescolare grano duro e grano tenero anche per fare la pasta – ci avvertiranno, o diranno, come hanno fatto con il grano duro canadese, che arrivava a fiumi con le navi, ma ci dicevano che producevano “pasta con solo grano duro italiano?”. In Italia sarebbe importante saperlo, se è vero che siamo ancora oggi non soltanto i primi produttori di pasta del mondo con quasi 4 milioni di tonnellate (2,5 milioni di tonnellate di pasta italiana viene esportata), ma anche grandi consumatori di pasta: quasi 25 kg di pasta pro capite ogni anno, con punte di 35 Kg di pasta al Sud e in Sicilia (i tunisini, che sono grandi mangiatori di pasta, si fermano a 17-18 Kg di pasta pro capite all’anno).

Si prevede una riduzione della domanda di circa il 6% nell’uso alimentare globale di grano duro nella stagione 2021/22

“Su questa scia – leggiamo ancora su SWB – si prevede una riduzione della domanda di circa il 6% nell’uso alimentare globale di grano duro nella stagione 2021/22, mentre l’International Grains Council ha previsto che la domanda mondiale di grano duro raggiungerà il minimo di 19 anni in quel periodo. In ogni caso, la CIG vede le scorte di grano duro di fine stagione ai minimi da 14 anni. D’altra parte, anche nelle economie ricche le famiglie potrebbero risentirne. Lo specialista di dati di mercato Nielsen afferma che i prezzi dei supermercati dei marchi di pasta economici – quelli più dipendenti dai costi delle materie prime – sono aumentati di quasi il 20% su base annua in Francia a Ottobre, il che potrebbe favorire significativi aumenti trasversali nei prossimi mesi”. La riduzione mondiale della produzione di grano duro non mette in difficoltà solo l’industria della pasta italiana. Abbiamo già detto della Turchia (che produce ogni anno circa 1,80 milioni di tonnellate di pasta, terzo Paese produttore di pasta al mondo), che non si sta affatto preoccupando di cominciare a produrre pasta mescolando grano duro e grano tenero. Ma ci sono anche gli Stati Uniti, Paese che è al secondo posto nel mondo per la produzione di pasta con circa 200 milioni di tonnellate. Al quarto posto troviamo l’Egitto (1,20 milioni di tonnellate di pasta all’anno prodotte), al quinto posto il Brasile (poco più di un milione di tonnellate di pasta prodotte ogni anno), la Russia (un po’ sotto al Brasile per produzione di pasta annua), poi Nigeria e Iran. Quanto ai Paesi dell’Europa che producono pasta, dopo l’Italia, molto staccati, ci sono la Germania (meno di 0,40 milioni di tonnellate di pasta prodotta), la Francia (meno della Germania) e la Spagna. Sul fronte dei consumi, va detto che sono crescenti. La pasta piace e conquista sempre nuovi mercati. Nei prossimi anni si attendono aumenti dei consumi di pasta in Cina (che non a caso, prima della crisi di quest’anno, aveva cominciato ad acquistare grano duro nel mercato internazionale), in India (dove la coltura del grano è molto presente), in Indonesia e in Pakistan. La domanda si pasta è in crescita. Per questo non è da escludere che, in mancanza di grano duro, si segua la linea turca…

 

 

 

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