Cresce di giorno in giorno nel mondo agricolo la preoccupazione per l’aumento del costo dei fertilizzanti. Se, da un lato, il prezzo del grano è cresciuto e continua a crescere, dall’altro lato schizza sempre più all’insù anche il prezzo dei fertilizzanti. E questo è un problema serio, perché nella coltivazione del grano in convenzionale i concimi sono fondamentali. I principali Paesi che producono i fertilizzanti hanno cominciato a ridurre le esportazioni di fertilizzanti. Ha iniziato la Cina, che è il primo produttore al mondo di concimi a base di azoto e di fosforo; adesso anche la Russia – secondo Paese al modo per la produzione di concimi azotati e fosfati – ha avviato una riduzione dell’export. Ciò significa che, nel mondo, ci sarà un’ulteriore riduzione dell’offerta di fertilizzanti, con un ulteriore aumento del prezzo. Come in tante atre cose, l’Unione europea controllata dalle multinazionali non produce grandi quantitativi di fertilizzanti e, di conseguenza, li importa, facendo pagare ai propri agricoltori il costo di questa scelta. Non produrre i fertilizzanti che servono all’agricoltura è una scelta che chi controlla la Ue ha adottato per due ragioni. Prima ragione: favorire l’arrivo in Europa di grano tenero e grano duro canadese (per consentire l’ingresso di grani esteri, soprattutto canadesi, spesso di pessima qualità, l’Unione europea ha stravolto i limiti relativi alla presenza di glifosato e micotossine, alla faccia della salute di cittadini europei!). Seconda ragione: impoverire l’agricoltura mediterranea per togliere i terreni agricoli agli agricoltori, in parte per impiantare pannelli fotovoltaici, in parte per speculare sulla biodiversità, a cominciare dai grani antichi, ma non soltanto sui grani antichi. Un progetto di smantellamento della cerealicoltura mediterranea a lunga gittata, quello della Ue, che è iniziato con il Set-Aside (pagare gli agricoltori per tenere i terreni incolti) e proseguirà con la porcata-imbroglio della nuova PAC, la Politica Agricola Comune confezionata su misura per gli speculatori.
Insomma, i conti ‘europeisti’ tornano sempre: basta saperli ‘leggere’. La scelta di non produrre fertilizzanti e di creare una dipendenza degli agricoltori dai Paesi extra Ue espone gli stessi agricoltori agli aumenti di prezzo. Che è quello che sta succedendo. Come già accennato, dopo la Cina anche la Russia inizia a ridurre l’esportazione di fertilizzanti. “I controlli russi sulle esportazioni di fertilizzanti sono ora ufficiali – leggiamo in un articolo di SWB -. Infatti, secondo una dichiarazione del primo ministro Mikhail Mishustin durante un incontro televisivo di governo…, la Russia imporrà una quota di sei mesi su alcune esportazioni di fertilizzanti per salvaguardare le forniture locali e limitare i costi per gli agricoltori. La decisione della Russia è arrivata dopo che il presidente Vladimir Putin ha sollecitato misure per garantire le forniture agli agricoltori locali. Ciò, tuttavia, rischia di frenare i raccolti nell’anno a venire e di accelerare l’inflazione alimentare nel resto del mondo. In particolare, il governo limiterà le esportazioni di fertilizzanti azotati a 5,9 milioni di tonnellate e le spedizioni di fertilizzanti complessi contenenti azoto a 5,35 milioni di tonnellate. Le misure entreranno in vigore all’inizio di Dicembre. Secondo alcuni analisti, le quote impatteranno principalmente sulle esportazioni di fertilizzanti azotati, riducendo le spedizioni di circa il 40%. Nel frattempo, altri pensano che le misure non influenzeranno molto le vendite di fertilizzanti complessi perché la quota è più o meno in linea con quanto esporta la Russia”. La riduzione dell’export russo dovrebbe riguardare l’ammonio, che viene utilizzato per la semina primaverile, e l’urea, che è il fertilizzante azotato più utilizzato in Europa. Morale: dovrebbe crescere in tutta l’Europa il prezzo dell’urea.
Foto tratta da FARTICE.COM
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