Cresce ancora l’allarme sui rincari del grano, che dopo cinque mesi consecutivi di rialzi ha ormai raggiunto livelli incredibili. A Chicago le quotazioni nella seduta d’ieri hanno superato 8 dollari per bushel per la prima volta dal 2012, mentre in Europa si sono spinte addirittura ai massimi storici. A Parigi il record è di 297 euro per tonnellata per il contratto di dicembre, riferito al grano tenero da macina, usato in panificazione.
Secondo le stime riportate da il Sole 24 Ore, quanto al grano duro, destinato soprattutto alla produzione di pasta, le tensioni sono ancora più forti. Nei pochi paesi coltivatori, tra cui l’Italia e il Canada, i cambiamenti climatici hanno fatto crollare le rese nell’ultima campagna. Ne sono nate ripercussioni non soli sulle quotazioni ma anche sulla disponibilità. Il rischio è che ora la materia prima possa scarseggiare come denunciano le associazioni della filiera agroalimentare. In Italia il grano duro è aumentato da luglio di oltre l’80%, mentre l’aumento è del 135%
rispetto ai valori medi degli ultimi cinque anni.
Il caro grano troverebbe, come si legge sul quotidiano economico, spiegazione in una lunga serie di cause concomitanti. “Tra le principali c’è senza dubbio il clima avverso, che ha ridotto l’offerta in un momento di forte domanda. Ma a soffiare sul fuoco dei rincari ci sono anche politiche protezioniste – in particolare da parte della Russia, il primo fornitore mondiale di grano, che dopo un raccolto deludente sta applicando tasse sempre più alte sull’export – e un aumento generalizzato dei costi produttivi e della logistica, che non risparmia l’agricoltura”.