La mano pesante non fu, tuttavia, sporadica, come si potrebbe supporre leggendo il brano del Nievo. Nell’Aquilano fu inviato il generale piemontese Ferdinando Pinelli per dare una lezione esemplare a quegli Abruzzesi che avevano osato resistere ai “liberatori”. Costui, in spregio a tutte le garanzie di legge, cominciò a fucilare tutti gli oppositori, anche quelli che, pur non venendo trovati con le armi, ma semplicemente che avessero insultato con la parola o con atti lo stemma dei Savoia, il ritratto del re o la bandiera nazionale. Nel gennaio 1861, questo generale faceva bruciare in una sola giornata almeno 10 villaggi e massacrare un numero imprecisato di persone inermi. L’obiettivo era quello ti incutere timore al fine di schiacciare ogni forma di resistenza al nuovo regime che si andava costruendo. Lo stile di Pinelli purtroppo non fu l’unico esempio di eccessi. Altri capi militari si macchiarono di crimini contro le popolazioni delle Due Sicilie senza mai dovere rispondere di fronte ad un tribunale. Sempre sul finire del 1860, il generale Enrico Cialdini, impossessatosi del potere a Napoli, telegrafava al governatore piemontese del Molise: “Faccia pubblicare che fucilo tutti i paesani armati che piglio… Oggi ho già cominciato”.
Francesco Maurizio Di Giovine La dinastia borbonica, Ripostes Edizioni, pag. 192, 193.
Foto tratta da Civico20News
Articolo tratto da Regno delle Due Sicilia.eu