Forse la notizia più interessante della settimana che si apre nel mondo del grano arriva dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), secondo la quale la produzione di grano sarà inferiore del 70% rispetto alla stagione precedente. Noi eravamo fermi a una riduzione della produzione del 50% circa tra Canada e Stati Uniti e alla un po’ misteriosa Russia che, ormai da qualche settimana, aumenta a ritmo continuo i dazi all’esportazione. Insomma, per dirla tutta, i cambiamenti climatici che investono la coltivazione del grano nel Pianeta non sembra siano frutto dello sbalzo capriccioso di un anno, ma potrebbero diventare una condizione strutturale con la quale fare i conti. Morale: tra aumento dei costo delle sementi, aumento del costo dei fertilizzanti e la siccità persistente in ante aree del mondo lo scenario rimane problematico. Su SWB, ad esempio, leggiamo una notizia che magari è locale (o quasi), ma che potrebbe anche materializzarsi come una sorta di paradigma: “L’Iraq soffre di una siccità aggravata dalla deviazione di acqua a monte dei fiumi Eufrate e Tigri. Mercy Corps e il Norwegian Refugee Council hanno avvertito che 7 milioni di iracheni rischiano di perdere l’accesso all’acqua a causa dell’aumento delle temperature e delle scarse precipitazioni record… Dal Medio Oriente, il Ministero dell’Agricoltura iracheno ha affermato che l’area di semina del raccolto invernale 2021/22 diminuirà del 50% a causa della carenza d’acqua… L’USDA, sigla che sta per Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti d’America, più di recente ha stimato il raccolto di grano iracheno a 4,5 MMT con importazioni di 2,8 MMT”.
La siccità, che ha caratterizzato tutto l’anno in corso (alternata, in alcune aree, a precipitazioni burrascose che hanno provocato inondazioni com’è avvenuto la scorsa Estate in Francia, in Germania e, in generale, in alcune aree del Nord Europa), non sembra voler dare tregua. Nelle distese degli Stati Uniti dove si coltivano cereali, a cominciare dal grano – per esempio Oklahoma, Texas e Minnesota – almeno in certa aree, c’è una lieve ripresa, con la presenza di moderate piogge. Ma come leggiamo sempre su SWB, ” l’Oklahoma sudorientale rimane anormalmente secco e il Texas occidentale da moderatamente a gravemente secco”. Per non parlare “del North Dakota, dove continua la siccità estrema. Precipitazioni superiori alla media sono state registrate in Oregon e Washington, mentre le piogge recenti nel Montana hanno leggermente ridotto l’intensità della siccità. Nel frattempo, le piantagioni di grano invernale hanno raggiunto il 70% della superficie totale prevista per il raccolto di grano invernale nel 2022, un punto al di sotto della media di 5 anni. L’USDA ha anche riferito che è emerso il 44% del grano invernale del paese, guidato dal Nebraska al 76% e Colorado, Idaho e Washington al secondo posto con il 58%”. E le previsioni meteorologiche? Non sono ottimali: “Le prospettive da 8 a 14 giorni dell’agenzia prevedono un ritorno al clima stagionalmente secco per gli Stati Uniti centrali tra il 29 Ottobre e il 4 Novembre, con condizioni più calde del normale probabilmente per la maggior parte del Paese la prossima settimana”. Sempre rimanendo negli Stati Uniti, si registra un calo delle esportazioni di grano del 20% rispetto allo scorso anno. L’USDA prevede che un totale di esportazioni di grano USA 2021/22 raggiungerà 23,8 MMT, il 12% in meno rispetto allo scorso anno se realizzato.
Dal Sud America arrivano notizia contrastanti. Di recente non sono mancate le piogge e si pensava a un’ottima annata per il grano. Si è parlato di un raccolto record, pari a poco più di 19 milioni di tonnellate. La raccolta, da quelle parti, è appena iniziata e si protrarrà fino a Gennaio. I raccolti argentini, tuttavia – leggiamo ancora su SWB – hanno mostrato rendimenti molto deludenti all’inizio e le condizioni meteorologiche sfavorevoli potrebbero erodere ulteriormente il potenziale produttivo del Paese. Di conseguenza, la Borsa di Buenos Aires ha tolto due punti al suo rating da ‘buono a ottimo, che è sceso al 44% (10% lo scorso anno). In questo contesto, a partire dal 21 Ottobre, il prezzo all’esportazione del Grano 2 dell’Argentina, (Up River) era di $ 296, in calo di $ 4 rispetto alla scorsa settimana”.
Qualche notizia anche dalla Francia dove l’annata è cominciata male a causa dell’alluvione estiva. Ma il grano francese, a quanto pare, si vende lo stesso con prezzi in aumento: “Al 14 Ottobre, i prezzi FOB in dollari statunitensi per il grano francese con l’11,5% di proteine e consegna a Ottobre, si sono attestati a 327 $/ton, in aumento di 9 $/ton rispetto alla scorsa settimana. Il grano duro francese, consegnato a La Pallice, ha chiuso la base a $ 546,61 per tonnellata, in aumento di $ 12,92 rispetto alla scorsa settimana”. Dalla Francia alla Germania: “Il 18 Ottobre leggiamo ancora su SWB – il grano tedesco con il 12,5% di proteine per consegna Ottobre ha chiuso a 322,80 $/ton, in aumento di 2,80 $/tonnellata”. Qualche notizia anche dal Baltico e dalla Russia: “Il frumento baltico con il 12,5% di proteine si attesta a 322.2 $/ton, in aumento di 2,70 $/ton. Dal bacino del Mar Nero, SoveEcon ha riferito che i prezzi all’esportazione del grano russo con il 12,5% di proteine su base secca (11,0% su base di umidità del 12%) sono saliti al livello più alto dall’Agosto 2012 a $ 312/MT FOB dai porti russi di acque profonde”. Questi dati confermano quello che scriviamo da settimane: e cioè che il prezzi del grano sono in crescita in tutto il mondo. Con la Russia che, come già ricordato, continua ad aumentare la tassa di esportazione del grano.
Un’altra notizia degna di nota riguarda la Cina. Questo grande Paese – che conta un miliardo e 400 mila abitanti – è entrato di prepotenza nel mercato internazionale del grano con acuisti notevoli. Stando ai dati pubblicati dall’Amministrazione generale delle dogane, la Cina, nel Settembre di quest’anno, avrebbe importato il 44,8% in meno di grano rispetto al Settembre 2020. La notizia va interpretata: se la Cina, lo scorso Settembre, non è intervenuta nel mercato internazionale del grano con acquisti massicci e il prezzo del grano è schizzato comunque all’insù, significa che la situazione è veramente complicata: significa, insomma, che la riduzione dell’offerta di grano nel mondo è maggiore di quanto fino ad oggi si è pensato. Del resto, se la FAO parla di una riduzione della produzione del 70% e la Russia – che è uno dei più importanti paesi produttori di grano del mondo – continua ad aumentare i dazi all’esportazione proprio per scoraggiare le stesse esportazioni un motivo c sarà…
“Dall’Australia – leggiamo sempre su SWB – la produzione di grano dovrebbe essere di 31,9 MMT quest’anno, secondo un recente rapporto di Rabobank. L’USDA ha riferito che la produzione di grano australiano sarebbe di 31,5 MMT. Sebbene il 4% in meno rispetto alla produzione dello scorso anno, è ancora il secondo raccolto australiano di fila”. A conti, in un’Australia dove le cose non sono andate male c’è comunque una riduzione della produzione del 4%. E l’Europa? Prezzi del grano in aumento. Un segnale arriva dalla Tunisia, Paese che importa grano. Ebbene, gli alti prezzi hanno convinto il Governo di questo Paese a dimezzare il quantitativo di grano che dovrebbe acquistare. In tutto questo c’è anche il ruolo degli agricoltori europei, preoccupati, come già ricordato, degli aumenti delle sementi (leggere aumento del costo della semina) e dell’aumento del costo dei fertilizzanti. Morale: gli agricoltori che se lo possono permettere stoccano il prodotto per venderlo a Natale o anche il prossimo anno, quando si attendono un prezzo maggiorato. In un mondo in cui manca il grano non è una mossa azzardata, ma un accorgimento per provare a riprendere i capitali che dovranno investire per la semina e per la concimazione. Sempre su SWB leggiamo quanto sta avvenendo in Polonia, dove i prezzi del grano stanno aumentando perché gli agricoltori stanno conservando il prodotto per venderlo quando il prezzo aumenterà.
Foto tratta da MeteoWeb
Visualizza commenti