- Il punto della situazione settimanale sul grano duro con il chimico del Cnr, Mario Pagliaro
- Noi abbiamo messo il punto interrogativo, ma Alfonso D’Urso, Ceo del pastificio Graziano, nell’Irpinia, è molto preoccupato
- Fare in modo che il grano duro prodotto nel Sud e in Sicilia alimenti i pastifici artigianali di Sud e Sicilia
- I rincari del prezzo del pane: il caso di Bagheria
Noi abbiamo messo il punto interrogativo, ma Alfonso D’Urso, Ceo del pastificio Graziano, nell’Irpinia, è molto preoccupato
Rieccoci con il nostro consueto appuntamento di fine settimana con Mario Pagliaro, chimico del Cnr, appassionato di climatologia ed anche di agricoltura, se è vero che, fino ad oggi, le sua previsioni sull’andamento del mercato mondiale del grano si sono rivelate esatte. “Comincerei a parlare di quanto sta succedendo in Italia – ci dice -. Il mercato di Foggia, in Puglia, che com’è noto è il più importante mercato del grano duro italiano, segna una crescita del prezzo di questo cereale di ben 20 euro a tonnellata in una settimana”. Insomma a Foggia il grano duro si vende a 51-52 euro al quintale. Ieri abbiamo raccontato che la Tunisia ha acquistato grano duro a 58 euro al quintale. Mentre il Sicilia il prezzo del grano duro pagato agli agricoltori è sempre bloccato a 40 euro al quintale. Nell’articolo di ieri abbiamo provato a illustrare il perché succede questo. La prossima settimana chiederemo a Pagliaro cosa dovrebbero fare gli agricoltori siciliani per vendere il proprio grano duro a un prezzo maggiore. Oggi invece, con Pagliaro, cercheremo di fare il punto della situazione sulla pasta prodotta nel Sud Italia dalle aziende che valorizzano i grani duri locali. “La pasta che si acquista oggi è stata prodotta mesi fa – dice Pagliaro -. I forti aumenti riguardano la pasta prodotta oggi, che sarà in vendita tra molte settimane. E siccome il prezzo di 52 euro a quintale del grano pugliese è inferiore al prezzo del grano duro importato, ecco che i piccoli pastifici paventano l’arrivo sul mercato nazionale italiano del grano duro dei grandi produttori che, come racconta un produttore campano, si avventeranno sul mercato nazionale del grano provocando problemi. Pagliaro ci invita a leggere un articolo pubblicato Nuova Irpinia. A parlare è l’imprenditore irpino Alfonso D’Urso, durante un incontro che si è svolto a Napoli con il Ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli. “A inizio 2022 – ha detto D’Urso – non ci sarà abbastanza grano per tutti e noi piccoli produttori che abbiamo dato valore alla qualità e al made in Italy saremo schiacciati dai colossi della pasta”. D’Urso è il Ceo del pastificio Graziano, nell’Irpinia, azienda molto conosciuta e premiata. “Il problema – leggiamo su Nuova Irpinia – è la scarsità delle risorse con il conseguente aumento dei prezzi del grano… La produzione del Canada, che è il primo esportatore di grano duro del mondo, è precipitata del 46%, da 6,5 a 3,5 milioni di tonnellate, il raccolto più scarso dell’ultimo decennio. Analogo crollo negli Stati Uniti, dove il raccolto si è dimezzato da 1,9 a 1 milione di tonnellate. Con meno grano duro in circolazione i prezzi sono impazziti. Sulle principali Borse merci italiane per i cereali – Milano, Foggia, Bologna – le quotazioni del grano duro sono balzate dai circa 300 euro a tonnellata di giugno agli attuali 500 euro per il frumento nazionale fino ai 600 per quello di importazione”. Quello che potrebbe succedere lo spiega D’Urso: “Nel 2022 non avremo abbastanza grano italiano per fare la pasta e noi piccoli artigiani che abbiamo investito nel Made in Italy saremo ‘mangiati’ da chi ha sempre acquistato all’estero”.
Fare in modo che il grano duro prodotto nel Sud e in Sicilia alimenti i pastifici artigianali di Sud e Sicilia
Fino ad oggi nel Sud Italia e in Sicilia il grano duro delle nostre zone ha alimentato la nascita e la crescita di aziende artigianali che hanno puntato sulla qualità. Questo perché, al di là della pubblicità raccontata dalla televisione, i colossi della pasta industriale italiana hanno lavorato molto con il grano duro estero. Certo, da quando GranoSalus ha iniziato la battaglia culturale, sociale ed economica in difesa del grano duro del Sud Italia e della Sicilia – sottolineando la possibile presenza di glifosato nella pasta prodotta con il grano duro coltivato nelle aree fredde e umide del Canada (e in alcuni casi dimostrando la presenza del glifosato nella pasta con i controlli su alcune delle più note marche di pasta industriale italiana) – lo scenario è cambiato e tutti i protagonisti della pasta industriale italiana hanno fatto a gara nel dire che loro producono pasta “con solo grano duro italiano”. La crisi del grano duro provocata dai cambiamenti climatici – con la riduzione della produzione di grano duro in Canada, negli Stati Uniti d’America e anche in Russia – ci racconta invece un’altra storia che, finalmente, spiega il perché, già due anni fa, l’importazione di grano duro canadese in Italia era aumentato di ben sette volte! Gli effetti in Italia per le aziende artigianali della pasta del Sud Italia e della Sicilia potrebbero essere negativi: “Le ripercussioni sui prezzi si vedono già – sottolinea l’Ad di Pastificio Graziano su Nuova Irpinia -. L’aumento ricade su tutti, dai mugnai fino ai consumatori. Le quotazioni sono quasi raddoppiate e per chi non ha scorte di semola produrre diventa impossibile. Purtroppo il mercato del grano è globale e quando c’è un deficit nella quantità di grano prodotto nel mondo ne risentono tutti, in particolare noi piccoli che abbiamo investito nel valore del Made in Italy. Negli ultimi dieci anni molte industrie anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotti nazionali hanno preferito acquistare sul mercato internazionale approfittando delle basse quotazioni, ma adesso si riverseranno sul grano italiano e per noi sarà la fine”. Questo è un problema serio che riguarda anche i tanti pastifici artigianali presenti in Sicilia. Da qui la necessità di legare la produzione della pasta artigianale siciliana al territorio, ‘verticalizzando’ la produzione. Ovvero? Produttori di pasta artigianale siciliana che sino o diventano anche produttori di grano duro, o contratti tra i pastifici artigianali siciliani e gli stessi agricoltori siciliani, garantendo a questi ultimi prezzi del grano duro remunerativi. Anche su questo punto la prossima settimana chiederemo ‘lumi’ a Pagliaro (con rispetto parlando, noi non crediamo che la politica siciliana sia in grado di affrontare un tema del genere: così non ne teniamo conto).
I rincari del prezzo del pane: il caso di Bagheria
Dalla pasta al pane. “Continua ad aumentare ovunque in Sicilia e in Italia il prezzo del pane – ci dice Pagliaro -. Nella popolosa Bagheria abitata per un terzo da palermitani in fuga da oltre due decenni dal caro vita di Palermo, questa settimana il prezzo del pane è passato da 2,8 a 3,2 euro al chilo. Ieri il TGR della Basilicata dava notizia dell’aumento del pane del 40%. La causa è sempre la stessa: l’aumento vertiginoso del prezzo della farina”. Pagliaro ci segnala un articolo pubblicato da Bagheria News. Dove si parla di un aumento del prezzo del pane “concertato nel corso di una riunione tra i panificatori di Bagheria tenutasi… venerdì 1 ottobre, è dovuto al costante rincaro della farina, la materia prima principale dei panifici. Il costo della farina è salito ultimamente ad 80 centesimi di euro al kg. Il prezzo finale di un filoncino di pane nei panifici di Bagheria, del peso di 250 grammi, sarà quindi di 80 centesimi di euro. Fermo restando la possibilità dei singoli panifici di applicare prezzi diversi al consumatore finale, a tale aumento dovrebbero conformarsi la quasi totalità dei panifici di Bagheria”. Bagheria è solo un esempio. Il prezzo del pane è in crescita ovunque.
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