Ci chiediamo e chiediamo: è normale che, in Democrazia, un Parlamento metta nelle mani del Governo la delega per scrivere una delle riforme più importanti della vita di una comunità, ovvero la riforma fiscale? Sono diventati tutti matti o ci siamo persi qualcosa? La conquista del potere, da parte dei fascisti, non ha insegnato niente? Anche allora l’Italia era percorsa da un profondo malessere economico e sociale. I socialisti da una parte e i cattolici popolari dall’altra parte mettevano in discussione lo strapotere degli agrari e della nascente industria superprotetta dallo Stato, ma non per questo disposta a concedere qualcosa alla classe operaia. I contadini del Sud e operai del Nord (ma anche lavoratori e lavoratrici delle risaie del Centro Nord Italia) venivano sfruttati e non potevano, né dovevano lamentarsi. E siccome si lamentavano e scendevano in piazza, a un certo punto il potere finì nelle mani di un uomo solo al comando che, di lì a poco, si fece approvare da un Parlamento senza spina dorsale una legge – la legge Acerbo, anno 1924 – che assicurò allo stesso uomo solo al comando una solida maggioranza. Anche allora tanti politici si catapultarono dall’uomo solo al comando per incensarlo. Anche allora, come oggi, da più parti d’Italia spuntavano politici falliti che inneggiavano a ‘Lui’. Non vi dice niente quello che sta succedendo oggi? Non vi dice niente il fatto che – ad esempio qui in Sicilia – ci siamo politici che dovrebbero già essere in pensione che anelano a un’ammucchiata di partiti come quella che sostiene a Roma il Governo Draghi?
Di fatto, al Governo abbiamo un uomo solo al comando. A chi risponde Mario Draghi? A parte il personaggio, che abbiamo già visto in azione ai tempi del Britannia, quando vennero decise e attuare privatizzazioni assurde che hanno solo impoverito l’Italia e ridotto la capacità dello Stato di temperare gli effetti deleteri dell’economia di mercato, questo signore si comporta esattamente come chi sa che il Parlamento italiano, in un modo o nell’altro, farà quello che dice lui. Per chi l’avesse dimenticato, le ‘riforme’ che l’attuale Governo italiano sta attuando sono, grosso modo, le stesse riforme che l’Unione europea dell’euro avrebbe imposto all’Italia se il nostro Paese avesse accettato il MES. Di fatto – è inutile che ci giriamo attorno – il MES e le sue regole stringenti, buttati fuori dalla porta, stanno rientrando dalla finestra. Che il Parlamento affidi all’attuale Governo Draghi la delega per scrivere la riforma fiscale – magari per essere approvata dallo stesso Parlamento senza dibattito, con un voto di fiducia – è un fatto gravissimo. Chi in queste ore va ripetendo che la riforma del Catasto non comporterà un aumento delle pressione fiscale o è un super ingenuo o è in malafede. L’attacco è ai beni immobili, che non sono solo le abitazioni, ma anche i terreni, non esclusi i terreni agricoli. Il primo attacco è arrivato con l’IMU. Ora vogliono completare l’opera. Ma è proprio così difficile da capire? Volevamo affrontare questo tema scottante nell’analisi del voto per le elezioni amministrative. Ma siccome cominciamo a notare, come si direbbe in Sicilia, un po’ di ‘rivugghio‘ in Parlamento, anticipiamo una parte della nostra analisi.
Al di là dei tanti che celebrano Draghi e il suo Governo, va segnalato che l’attuale esecutivo sta colpendo i soggetti più fragili dell’Italia. Lo sblocco dei licenziamenti e lo sblocco dei fitti sono le testimonianze palmari che l’attuale Governo – come avvenne negli anni ’20 del secolo passato – si sta assicurando il favore dei più forti (Confindustria) sacrificando i più deboli, ovvero chi verrà licenziato e chi perderà la casa. Attenzione: siamo i primi ad affermare che le imprese non possono tenersi lavoratori in eccesso e che i proprietari di case (soprattutto i piccoli proprietari) non possono continuare a tenersi le proprie abitazioni occupate senza ricevere in cambio nulla e, magari, pagando anche l’IMU. Ma è proprio su queste contraddizioni, che creano conflitti sociali, che il Governo sta affondando i propri colpi, non preoccupandosi minimamente di trovare alternative alla crescita della disperazione. Siamo in grado di affrontare un’ondata di disoccupati causa sblocco dei licenziamenti proprio mentre alcune multinazionali stanno lasciando l’Italia per trasferirsi dove i costi di produzione – a cominciare dal costo del lavoro – sono inferiori (leggere delocalizzazioni)? Ci sono reti di protezione per chi, causa sblocco dei fitti, rimarrà senza casa? Di più: vi siete chiesti perché il Governo Draghi sta accelerando sulla riforma fiscale? Semplice: perché in questo momento l’Unione europea è impegnata a nascondere un’inflazione che, con molta probabilità, è già a due cifre. Come fanno i signori dell’Unione europea a dire che nell’Eurozona l’inflazione è al 3% quando, nel mondo, i costi di quasi tutte le materie prime sono in crescita esponenziale? L’inflazione, quando l’economia comincia a crescere, è un fatto positivo. Ma deve essere un’inflazione sotto controllo. Se non è sotto controllo…
Già lo scorso Marzo i prezzi dell’acciaio erano in aumento. E non c’era la ripresa economica come oggi. E che dire del prezzo dei carburanti? E che dire del prezzo del gas? A proposito del gas, c’è chi cerca di abbassare i toni dicendo che è stata la Cina a far aumentare il prezzo del gas, incrementando la domanda di questo bene. E siccome la Cina è un Paese con un miliardo e 400 milioni di abitanti, se aumenta la domanda cinese di un bene sul mercato internazionale il prezzo di tale bene schizza all’insù. Giustissimo. Ma questo cosa cambia? Non è sempre inflazione? E che dire dell’aumento del prezzo del grano e di tutti i suoi derivati? Cosa vogliamo dire? Che potrebbe scatenarsi un’inflazione accompagnata da stagnazione economica (il passo indietro dell’industria automobilistica è un segnale preciso: se milioni di persone non acquistano più automobili significa che nell’immaginario sta passando un messaggio di crisi). Gli economisti la chiamano stagflashion: stagnazione e inflazione. In Italia, in questo momento, abbiamo tre indicatori che incutono paura: l’aumento della bolletta dell’energia del 30% (l’aumento più elevato nella storia della Repubblica italiana!), l’aumento della bolletta del gas del 15% e l’aumento del prezzo pane del 30-40%. Va da sé che, appena le famiglie – soprattutto le famiglie del ceto medio e del ceto medio impoverito che ormai sono la grande maggioranza in Italia – toccheranno con mano l’aumento del costo della vita aumenterà il risparmio e si contrarranno i consumi: e sarà recessione. Attuare una riforma fiscale nel pieno di una crisi economica è impossibile. Per questo il Governo vuole arraffare la delega per la riforma fiscale: per scriverla e attuarla subito, anticipando una possibile crisi economica. Del resto, aumentare le imposte sui beni immobili in Italia è una fissazione dell’Unione europea dell’euro, che non tollera che tantissimi italiani siano proprietari di abitazioni e di terreni agricoli con un debito pubblico di 2 mila e 700 miliardi di euro. Chi ‘mastica’ un po’ di economia sa che l’attuale debito pubblico è italiano è una truffa della Ue. Ma che importa? L’importante è far passare subito la riforma fiscale…