Dunque è strutturalmente dipendente da fonti estere. Ma oggi, di fronte a forniture che arrivano prevalentemente da Est, ossia dalla Russia, o da Nord, cioè dalla Norvegia, la grande opportunità è quella di rivolgersi verso Sud, all’Africa”. Così, in un’intervista a la Repubblica, l’Ad di Eni Claudio Descalzi, per il quale “si tratta di guardare anche al futuro. Non si tratta solo di fare politica energetica, ma politica, anzi geopolitica in senso più ampio, perchè bisogna prima di tutto dotare l’Africa di infrastrutture per produrre energia, darla in primo luogo alle popolazioni locali e poi esportare quella che non viene utilizzata là”. Secono l’Ad per affrontare la transizione energetica “non c’è un solo modo, ma un’intera gamma di modalità, una sorta di mosaico che va composto e probabilmente adattato di continuo. Quel che è sicuro è che non c’è una sola tecnologia che basterà in futuro per soddisfare tutta la domanda. Per questo bisogna avere un approccio senza pregiudizi ideologici che prenda in considerazione tutto quello che si può usare, dall’idrogeno, alle bioraffinerie, alla cattura delle emissioni, tanto per fare qualche esempio”. L’Eni ha un programma netto di transizione con l’obiettivo di essere a emissioni zero per il 2050 e per arrivare al traguardio ervirà “molta tecnologia. Negli ultimi otto anni – spiega Descalzi – siamo diventati sempre di più una società tecnologica, che cerca di crearsi in casa le soluzioni di cui ha bisogno. Questo ci permette di avere da una parte soluzioni studiate su misura per le nostre esigenze e dall’altra dà una forte motivazione alle persone che in azienda fanno ricerche sulle tecnologie e poi le applicano ai nostri problemi concreti. In questo modo si riducono anche i tempi di accesso al mercato”.
(ITALPRESS).
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