di Diego Fusaro
In molti si domandano perché non abbiano introdotto sic et simpliciter l’obbligo, anziché la vile formula ricattatoria dell’infame tessera verde, apice dell’ipocrisia (Barbero ha, in ciò, ragione). La mia risposta è la seguente. In primo luogo, perché così la responsabilità non è di chi vi benedice, né di chi produce il siero né, ancora, di chi non vi obbliga a farlo, ma semplicemente vi toglie le alternative di una vita decorosa, impedendovi di lavorare e perfino di prendere un treno. Nel caso, remoto o no, di conseguenze negative, la responsabilità deve essere la vostra e soltanto la vostra: nessuno vi ha costretto.
Ma questo non basta, v’è dell’altro, non meno preoccupante. Il secondo motivo è di ordine squisitamente biopolitico: l’infame tessera verde dell’apartheid terapeutico è il nuovo lasciapassare del futuro, il nuovo tesserino con cui non solo controlleranno sempre e comunque l’umanità, ma con cui, oltre a ciò, le imporranno sempre nuove benedizioni e sempre nuovi “aggiornamenti di sistema” richiesti. Per poter fruire di diritti fondamentali, come l’istruzione o i mezzi pubblici, bisognerà dimostrare, tessera alla mano, di essere sempre in regola con gli aggiornamenti biopolitici richiesti, tra i quali le benedizioni occupano una parte decisiva. In una parola, la benedizione e la tessera verde non sono reciprocamente esclusive, come se, facendo la prima (magari con l’obbligo) ci si liberasse poi dalla seconda: au contraire, benedizioni di massa a ripetizione e infame tessera verde fanno sistema e creano, nella loro unione, un caposaldo della nuova governance biopolitica del Leviatano tecnosanitario. Anche quando tutti, e sottolineo tutti, saranno benedetti con le buone o con le cattive, come presto o tardi accadrà, i sudditi continueranno ad avere coercitivamente la tessera verde come lasciapassare obbligatorio, come strumento di controllo totale e totalitario. Insomma, l’obbligo non caccia la tessera verde, ma la integra. Benvenuti nel capitalismo terapeutico.