- In realtà, questo non si è verificato solo nel Basso Molise, ma anche in altre Regioni del Sud Italia e in Sicilia
- Il problema è legato alla sottocapitalizzazione di tante aziende cerealicole del Sud Italia (e anche ad aziende di medie dimensioni) che prendono in ‘prestito’ sementi e concimi con l’impegno di consegnare la produzione a “prezzo di mercato”
- Il fallimento politico della CUN grano duro
- La ‘trappola’ dei contratti di filiera che fanno solo gli interessi della grande industria
In realtà, questo non si è verificato solo nel Basso Molise, ma anche in altre Regioni del Sud Italia e in Sicilia
Il prezzo del grano duro del Sud Italia e della Sicilia sta volando, con aumenti consistenti, come abbiamo più volte raccontato in questi giorni. Però le previsioni, le informazioni e le possibilità degli agricoltori di stoccare il prodotto per attendere l’aumento del prezzo on sono state e non sono omogenee. Se la Sicilia ha avuto la fortuna di avere Mario Pagliaro, il chimico del CNR, appassionato di climatologia, che da quasi tre anni fa, sulla base dell’andamento climatico nel mondo, ha previsto l’aumento del prezzo del grano, informando la Sicilia con puntuali post su Facebook, o con interviste (e un po’ di merito – cosa che non facciamo mai – lo abbiamo avuto anche noi de I Nuovi Vespri, che abbiamo sempre creduto alle previsioni di Pagliaro), in altre Regioni d’Italia, per varie condizioni, gli agricoltori che producono grano duro, o perché non adeguatamente informati (la rete non arriva ovunque, anche con riferimento al modo agricolo), o per distrazione, o perché costretti a vendere il grano duro subito dopo la trebbiatura non hanno potuto usufruire di una maggiorazione del prezzo di circa 15 euro al quintale. Guadagni che sono finiti nelle tasche dei commercianti.
Il problema è legato alla sottocapitalizzazione di tante aziende cerealicole del Sud Italia (e anche ad aziende di medie dimensioni) che prendono in ‘prestito’ sementi e concimi con l’impegno di consegnare la produzione a “prezzo di mercato”
Emblematico quanto accaduto nel Basso Molise, zona d’elezione per la produzione di grano duro. Dove – come si legge un articolo di primonumero.it – gli agricoltori sono stati penalizzati. Il giornale molisano racconta ciò che noi scriviamo da settimane, e cioè che “il Nord America ha subìto negli ultimi mesi lunghi periodi di siccità che hanno compromesso buona parte dei raccolti. C’è quindi meno grano dall’estero e quello italiano con l’aumento della domanda sta conoscendo un aumento dell’offerta. Contestualizzando questa situazione al Molise, emerge che il rialzo dei prezzi è avvenuto soprattutto dalle prime giornate di trebbiatura, cioè a inizio Luglio, e la fine dell’Estate. Secondo alcune stime chi ha venduto subito il proprio prodotto ha ottenuto circa 30 euro al quintale mentre adesso il prezzo è salito fino a circa 45 euro al quintale”. Il punto è tutto lì: o gli agricoltori molisani non sono stati informati circa l’andamento dei prezzi del grano nel mondo, o sono stati costretti a vendere il grano a 30 euro al quintale (che lo scorso Luglio poteva anche apparire come un prezzo tutto sommato buono, rispetto ai 18-20 euro al quintale, il misero prezzo di qualche anno fa). Attenzione: il fenomeno della sottocapitalizzazione delle piccole aziende cerealicole – e talvolta anche delle aziende cerealicole medie – non riguarda solo il Molise, ma anche altre Regioni del Sud e la Sicilia. Nella nostra Isola tanti piccoli agricoltori che producono grano duro (e non solo piccoli agricoltori), ogni anno, ricevono dai commercianti sementi e concimi con l’impegno di consegnare il raccolto, l’anno successivo, al prezzo di mercato. Morale: non mancano, in Sicilia, agricoltori che, a Luglio, hanno venduto il grano duro addirittura da 24-25 euro al quintale, circa 5 euro in meno di quanto è stato pagato in Molise!
Il fallimento politico della CUN grano duro
Il problema è che non sempre il ‘prezzo di mercato’ è quello corretto. Perché non sempre le compravendite di grano duro sono registrate nelle Borse Merci delle camere di Commercio. Il prezzo del grano duro, ogni anno, viene stabilito dalle media dei prezzi che spuntano nelle contrattazioni, a partire dal mercato di Foggia, che è la piazza più importante d’Italia per ciò che riguarda il grano duro. E non è certo un caso se, circa due anni fa, è scoppiato un mezzo putiferio dopo che i giudici del TAR Puglia sono intervenuto sulla Camera di Commercio (qui un nostro articolo). Proprio per tagliare alla base le speculazioni al ribasso sul pezzo del grano duro, nel 2016, è stata approvata dal parlamento nazionale la legge per l’istituzione della CUN grano duro (Commissione Unica Nazionale). Progetto affossato dal Governo Renzi, dal Governo Gentiloni, dal Governo Conte 1, dal Governo Conte bis e, adesso, anche dal Governo Draghi. La CUN grano duro, praticamente fallita in partenza, è una delle grandi sconfitte politiche dei grillini nel Sud. Per la cronaca, il prezzo del grano duro nel Sud è in Sicilia non è aumentato grazie alla CUN rimasta sulla carta, ma grazie alla riduzione della produzione mondiale di grano.
La ‘trappola’ dei contratti di filiera che fanno solo gli interessi della grande industria
Per non parlare degli agricoltori ‘intrappolati’ nei ‘Contratti di filiera’, una diavoleria inventata dalla grande industria della pasta per scippare la produzione di grano duro agli agricoltori a prezzi prestabiliti (dagli industriali, ovviamente”. Interessanti alcuni spunti offerti dall’articolo di primonumero.it dove si riportano le dichiarazioni stizzite di alcuni produttori di grano duro del Basso Molise: “Non siamo certo noi ad averci guadagnato bensì i commercianti che ci hanno spinto a vendere subito e adesso stanno rivendendo il grano duro ai mulini a prezzi maggiorati”. Un’ingiustizia, per gli agricoltori di queste zone che “la materia prima di alcune delle produzioni di pasta fra le più pregiate d’Italia”. O adesso? “Adesso però – leggiamo sempre su primnumero.it – gli agricoltori chiedono prezzi equi per tutti. Da parte loro sono arrivate anche richieste informali alla Coldiretti per cercare un compromesso ma al momento non sembrano esserci all’orizzonte possibili interventi. Peraltro anche nella vicina Puglia si stanno verificando situazioni dello stesso tipo che hanno spinto Confagricoltura Foggia a rilevare come un valore così alto del prezzo del grano duro non si raggiungeva da circa 10 anni”. E ancora siamo a nulla, se è vero che il prezzo del grano duro crescerà fino ad Ottobre. Anzi, in Italia, tutto sommato, non siamo ancora ai livelli del Canada, dove a causa delle basse produzioni, il grano si vende già a 70 euro al quintale! All’orizzonte si intravedono altri problemi segalati sempre nell’articolo: “Confagricoltura ha fatto notare inoltre che un po’ in tutto il mondo si stanno verificando aumenti dei prezzi delle materie prime, come ad esempio sementi e concimi e questo porta a maggiori costi anche per la produzione e quindi margini di guadagno inferiori per gli agricoltori”. Un motivo in più, per i produttori di grano duro del Sud Italia e della Sicilia, per stoccare il prodotto in attesa di ulteriori aumenti dei prezzi. Provando anche a ragionale sul grano da semina il cui prezzo sembra destinato a crescere.
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