Serve agli agricoltori siciliani l’assessorato reginale all’Agricoltura e, in generale, serve – sempre per gli agricoltori – la Regione siciliana? Ce lo chiediamo in questo fine Agosto, dopo i disastri di un’Estate da dimenticare, mentre prendiamo atto dell’inconsistenza, se non dell’assenza, di una branca della pubblica amministrazione che pure, nel passato, riusciva a dare risposte. Per decenni, sino alla fine della cosiddetta Prima Repubblica, la Regione si muoveva tra interventi infrastrutturali e interventi strutturali. Con l’avvento della seconda Repubblica sono praticamente spariti gli interventi strutturali. Da quanti decenni non si parla di miglioramenti fondiari? Per non parlare dell’acqua in agricoltura, di fatto priva di gestione razionale con incredibili sprechi di risorse: come dimenticare i “dirigenti generali” dei Consorzi di Bonifica, o i bilanci degli stessi Consorzi di Bonifica per un tempo indefinito mai controllati dal Parlamento siciliano che, alla fine di ogni anno, si limitava a pagare e sorridere? Ora affacciaru i pirtusa che la politica ottusa vorrebbe fare pagare agli agricoltori.
Ma non è solo una questione di sprechi. Nei giorni scorsi abbiamo raccontato cos’è riuscito a fare l’attuale Governo siciliano con i danni provocati alle aziende agricole dall’alluvione del 2018. Noi ricordiamo i solenni impegni di questo o quel politico. Per poi scoprire, tirando le somme, che spendendo oltre 100 mila euro per fronteggiare un danno permanente (per esempio, la frana di una strada) il Governo regionale ‘risarcirà 6 mila euro! Sembra uno scherzo, ma è la realtà. Esiste ancora una pubblica amministrazione per l’agricoltura siciliana? La Regione poteva contare su un’Agenzia per l’erogazione dei fondi agli agricoltori. I fondi arrivavano da Bruxelles (per la maggior parte) e da Roma (pochissimi) e l’Agenzia regionale avrebbe dovuto erogarli agli agricoltori dell’Isola. E invece che ha fatto la politica siciliana, Governo regionale di centrosinistra? Ha abolito l’Agenzia regionale per ‘risparmiare’. Dei pagamenti si occupa l’Agenzia nazionale per i pagamenti in agricoltura (Agea). Risultato: gli agricoltori siciliani sono finiti in coda. E se insorge qualche controversia l’imprenditore agricolo della nostra Isola deve prendere l’aereo per recarsi a Roma, pagando un biglietto, in media, 500 euro. Questi sono i fatti reali.
Che ha fatto in questi anni la Regione siciliana rispetto alla speculazione al ribasso sui prezzi del grano duro? Ci sono stati controlli sulle Camere di Commercio? Come raccontiamo da tempo, il prezzo del grano duro è in aumento in tutto il mondo. Ma in questo momento il prezzo del grano duro, in Sicilia, è bloccato a 32-34 euro al quintale, mentre nelle stesse ore il grano duro pugliese viene pagato 45 euro! Lo ha denunciato in queste ore Agostino Cascio, produttore di grano duro nel centro della Sicilia: qualcuno si sta occupando di capire che cosa succede negli uffici della Camera di Commercio di Catania e, in generale, in quello che resta delle Camere di Commercio della Sicilia? C’è, oggi, nella nostra Isola, un governante che sa distinguere una spiga di grano duro da una spiga di grano tenero? Credeteci: la nostra non è una domanda per fare ‘scena’, ma una domanda vera? Nemmeno quando il prezzo del grano aumenta in tutto il mondo i produttori di grano duro della Sicilia riescono ad avere un po’ di giustizia? Ma a che serve l’assessorato regionale all’Agricoltura? Non è un problema di dirigenti e funzionari: è un problema politico: di una politica che non c’è, se non per organizzare clientele.
Abbiamo visto cos’è successo durante l’Estate con gli incendi. Con un’amministrazione regionale che, scientemente, ha sbagliato tutto, pensando di domare il fuoco con elicotteri e aerei. Per non parlare della sceneggiata degli ultimi giorni: una cinquantina di dipendenti regionali trasformati, per magico incanto, in Guardia forestali. Il risultato di una gestione dissennata dei boschi siciliani è nei numeri: circa 78 mila ettari di boschi inceneriti in Sicilia i due mesi estivi, più della metà degli ettari di vende andati in fumo in tutta l’Italia, come ha raccontato il coordinatore di equità Territoriale in Sicilia, Franco Calderone, citando i dati ufficiali tenuti nascosti dall’attuale Governo siciliano. Un disastro totale! E il bello è che i protagonisti della ‘Caporetto forestale’ sono ancora ai propri posti. Nessuna ammissione di responsabilità, gli assessori del Governo Musumeci pensano di avere fatto il proprio dovere… Sicuramente, il prossimo anno, saranno tra i candidati e, magari, verranno pure eletti. I Siciliani, spesso, sono i peggiori nemici di sé stessi.
Vi risparmiamo l’assenza pressoché totale della Regione siciliana rispetto a un problema enorme: la globalizzazione dell’economia che l’Unione europea dell’euro impone, con il subdolo obiettivo di convincere gli agricoltori a mollare i terreni. In Puglia, per esempio, per fronteggiare la presenza di olio d’oliva scadente che arriva da dove capita, la Regione e gli imprenditori stanno provando a sensibilizzare i cittadini pugliesi, indirizzandoli verso l’acquisto di olio d’oliva locale, anche se costa di più. In Sicilia niente di tutto questo. In Sicilia i fondi per l’agricoltura servono per ‘produrre voti’, non certo per rilanciare il settore. Non c’è un solo settore dell’agricoltura siciliana dove si registra un’azione dell’amministrazione pubblica nell’interesse della collettività. Esiste una politica agricola siciliana della Regione, al di là dei contributi? Non è il caso di cominciare a pensare a qualcosa di diverso? Perché non delegare la gestione degli interventi in agricoltura ai territori, mettendo insieme interessi delle imprese e interesse pubblico, sul modello dei GAL? Che senso ha continuare con una gestione fallimentare dei boschi? Che senso ha affidare ai ‘bandi’ regionali – spesso ‘confezionati’ in modo discutibile’ – la gestione dei fondi europei, nazionali e regionali che potrebbero essere gestiti direttamente dai territori, seguendo il criterio di una divisione delle risorse in ragione delle realtà esistenti e operanti? La Regione – cioè la politica politicante siciliana – non mollerà i fondi per il vino? Considerato che tali fondi vanno sempre agli stessi soggetti e che nulla si fa per le cantine sociali, che si tenga pure la gestione di tali risorse. Ma qualcuno – e non certo la Regione – si dovrà cominciare ad occupare dei vigneti siciliani che oggi producono vini veneti…