di Nota Diplomatica
A metà del Novecento l’Occidente è andato a bussare alle porte dell’Oriente e, attraverso due Guerre dell’oppio, ha “aperto il commercio”, prima con la Cina e meno direttamente con il Giappone. I due Paesi hanno vissuto l’arrivo dei pelosi e puzzolenti occidentali in maniera diametralmente opposta. Gli Imperatori cinesi, che nell’ultra millenaria storia del Celeste Impero avevano intrattenuto rapporti perlopiù con supplicanti correttamente sommessi, non ritenevano di dover dare retta agli stranieri, da cacciare invece come i vagabondi che ovviamente erano. Ci hanno provato, determinando così la fine dell’Impero e l’inizio del “Secolo di umiliazione” che ancora turba i sogni di Beijing. Il Giappone, visitato due volte dalla minacciosa flotta americana del Commodoro Perry, si è invece prudentemente spaventato, decide pertanto di modernizzarsi – immediatamente – per contrastare il mondo esterno popolato da rudi, ma pericolosi, gaijin. Qualsiasi cosa pur di raggiungere la parità.
Era con questo spirito che lo Shōgun scelse di abbracciare all’istante tutto ciò che dell’Occidente era abbracciabile: compresa, nei limiti del possibile, perfino l’alimentazione. Così nacquero i “furutsu sando” – la giapponesizzazione di “fruit sandwich” – che avevano tanto l’aspetto dei tramezzini anglosassoni. Nessuno però aveva chiarito ai nipponici che l’originale era normalmente salato – carne, prosciutto, salame, forse tonno e maionese – anziché con la crema dolce e la frutta… Il sando, che apparve per la prima volta a Edo (oggi Tokyo) nel 1868, è più che mai presente in Giappone – e ora viene rispedito in Occidente. Siccome i sando hanno ingredienti semplici, sono facili da fare, belli da esporre e i capitali necessari per aprire una “sandoria” sono risibili, rivenditori di tramezzini alla frutta giapponesi stanno spuntando in molte città occidentali – ovviamente gestiti perlopiù da cinesi…