di Marco Lo Dico
veterinario, specialista in Malattie Infettive, Profilassi e Polizia Veterinaria
È di attualità la richiesta di vaccinazione nei confronti della brucellosi nel comparto bufalino dell’area di Caserta. L’argomento è stato oggetto di un intervento alla Camera dell’Onorevole Carlo Sarro i primi di Luglio di quest’anno. L’abbattimento di 40 mila capi positivi all’infezione risultano essere un fallimento della strategia di eradicazione della brucellosi nel territorio campano, ma non solo. Gran parte del territorio italiano ha ormai raggiunto la qualifica di area ufficialmente indenne da Brucellosi e questo in ottemperanza delle normative europee che da decenni ormai hanno lo scopo di eradicare l’infezione dal Continente europeo. Ormai rimangono solo poche aree in Italia che non riescono ad essere risanate. Soprattutto l’area del Casertano desta particolare preoccupazione. La diffusione dell’infezione e la difficoltà di ottenere i risultati prefissati hanno indotto le associazioni di categoria del territorio a chiedere alle istituzioni la possibilità di contrastare il fenomeno attraverso la pratica vaccinale. Ma perché si è preferito abbattere migliaia di capi ed impiegare ingenti risorse economiche e di mezzi per raggiungere lo scopo e non è stata utilizzata la strategia vaccinale?
La risposta troppo tecnica risulterebbe poco interessante per il lettore, ma il Ministro delle politiche agricole Stefano Patuanelli è riuscito sinteticamente a centrare il tema e offrire la risposta in un tavolo tecnico ministeriale. Ricordando le disposizioni unionali che rendono l’eradicazione obbligatoria, Patuanelli ha spiegato che “il Ministero della Salute ritiene che la vaccinazione è efficace per controllo e contenimento, ma per l’eradicazione è necessario l’abbattimento”. Secondo il Ministro, vanno individuati i luoghi dove l’abbattimento è “necessario”, ma “l’utilizzo della vaccinazione deve essere implementato”. Quindi è chiaro che in certe situazioni e con certe malattie la vaccinazione è efficace per controllo e contenimento, ma non per l’eradicazione. Quindi se e quando si sceglie la strategia vaccinale (per certi patogeni e con certi vaccini) non si percorre la strada dell’eradicazione, ma quella del contenimento dei danni e della convivenza (ciò significa salvaguardare economia e i soggetti più resistenti). Un principio che in Veterinaria è accettabile perché è il fattore economico e il libero scambio commerciale ad essere l’obiettivo principale, garantendo la salute pubblica. Allora perché preferire l’abbattimento e non la strategia vaccinale come obiettivo principale? Se la scelta è limitata ad un territorio, è quel territorio ad assumersi le limitazioni di quella scelta. Quindi dal territorio che si decide di vaccinare non si può più uscire. Il soggetto o i soggetti vaccinati o di aziende vaccinate esauriscono la loro vita produttiva o in azienda o al macello. Nessun animale può essere commercializzato esternamente a quel territorio.
Perché questa limitazione? Proviamo a semplificare anche per i non addetti ai lavori: un soggetto vaccinato dopo la vaccinazione diventerà positivo e non si è più in grado di stabilire se il soggetto è positivo perché vaccinato o perché è infetto. Quindi potrebbero esserci in azienda portatori di infezione che nel contesto aziendale possono essere un pericolo solo per i soggetti immunodepressi, anziani a fine carriera o non in perfette condizioni di salute. L’eventuale introduzione di soggetti vaccinati in un contesto di soggetti indenni può essere un potenziale rischio per i soggetti vergini che si possono trovare esposti all’introduzione dell’infezione attraverso i soggetti nei quali l’infezione non è stata eradicata e quindi potrebbero essere soggetti che, potenzialmente, possono riattivare un focolaio in aree indenni. Le politiche e le strategie vaccinali sono mirate e dipendenti dalle caratteristiche del patogeno, dalle caratteristiche del vaccino e dalla situazione epidemiologica e finalizzate all’obiettivo che ci si pone di raggiungere. Se non si conoscono caratteristiche del patogeno, opportunità e limiti dei prodotti immunizzanti disponibili, della situazione epidemiologica e del fine che si vuole ottenere, ogni campagna vaccinale o tentativo di eradicare risulta fallimentare. Quindi per ottemperare all’obbligo eradicazione imposto dall’Europa, la strategia vaccinale andrebbe nella direzione opposta, in quanto la vaccinazione indurrebbe il contenimento e il controllo dell’epidemia, riducendo i danni diretti immediati, ma porterebbe alla inevitabile “endemizzazione” dell’infezione con ripercussioni economiche e negli spostamenti e commercializzazione del bestiame in modo permanente.
Foto tratta da Ruminantia Mese
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