- L’avventura del pittore e incisore ‘agente segreto’ nell’Imero ottomano per conto degli Asburgici
- A lui si deve il primo ritratto di Solimano
di Nota Diplomatica
L’avventura del pittore e incisore ‘agente segreto’ nell’Imero ottomano per conto degli Asburgici
Che faccia ha il nemico? Con la caduta di Costantinopoli in mano agli Ottomani nel 1453, l’Europa si trovò a dover fare i conti con il pericolo imposto dal vasto, ricco e potente Impero musulmano sunnita che, quasi improvvisamente, premeva ai suoi confini orientali. Nacque una sorta di guerra secolare – a volte attivamente combattuta e a volte no – fondamentalmente condotta dagli Asburgici contro il Sultanato guidato inizialmente con molto successo da Solimano “il Magnifico”. Però, ad Occidente non si sapeva quasi nulla di questo formidabile nemico. Né che faccia avesse, né come vivesse né, in ultima analisi, cosa volesse con precisione – oltre al dominio del mondo… Non erano domande a cui avrebbero potuto rispondere le spie, volenterose, ma non attrezzate per le questioni para-filosofiche tipo “Chi è questa gente, come vive, cosa fa e come pensa?” L’Imperatore asburgico, Ferdinando I, decise di mandare in avanscoperta un’artista anziché quello che oggi chiameremmo un “agente”. La scelta cadde su un abile pittore e incisore danese, Melchior Lorck. Fu lui – incaricato a “fotografare” il mondo sconosciuto a Est – il primo a far vedere agli occidentali cos’era l’Impero Ottomano.
A lui si deve il primo ritratto di Solimano
Melchior Lorck (1526 circa -1588) nacque a Flensburg, una città danese del ducato di Schleswig in ciò che è ormai da tempo la Germania settentrionale. Da giovane artista e “attivista protestante”, Lorck si distinse per un curioso ritratto (1545) del “Papa, selvaggio fuori di testa”, evidentemente senza arrecare un grave danno alla sua carriera visto che dieci anni dopo, nel 1555, fu assegnato a un’ambasciata mandata dal Sacro Romano Impero alla Sublime Porta, la Corte Ottomana. Nei tre anni e mezzo della sua presenza in Turchia, Lorck produsse una vasta documentazione visiva: il primo ritratto realistico – strepitoso – di Solimano conosciuto in Occidente, tante vedute della città di Costantinopoli, della sua architettura e dei suoi monumenti, nonché degli sconosciuti animali che trovò lì, come la giraffa. Studiò anche l’organizzazione militare ottomana, ritraendo i diversi ranghi e nazionalità che composero il suo esercito. Qualche anno dopo il suo ritorno in Europa, l’Imperatore (ormai Massimiliano II) gli riconobbe un piccolo titolo nobiliare e lo fece nominare “Hartschier” – dall’italiano arciere – nella guardia a cavallo imperiale, una posizione onoraria che però comprendeva uno stipendio annuo. A suo modo, Lorck fu uno dei più noti, influenti e celebri artisti della sua epoca. L’uscita postuma della cosiddetta “Pubblicazione Turca” (1626), una raccolta di 128 sue xilografie, influenzò molti artisti. Sia Nicolas Poussin che Stefano della Bella ne trassero ispirazione. Perfino Rembrandt ne possedette una copia. Oggi invece Melchior Lorck è ricordato solo da pochi storici e orientalisti.
Foto di prima pagina tratta da Catawiky