- Sul futuro della pandemia nel Regno Unito la scienza va in controtendenza rispetto al Governo ‘aperturista’ di Boris Johnson
- Lo studio di focolaio nel Massachusetts: vaccinati e non vaccinati hanno la stessa carica virale e hanno la stessa probabilità di trasmettere le loro infezioni
- “Se i vaccinati possono essere infettati e, crediamo da altri studi, potenzialmente diffondere Covid, allora l’immunità di gregge diventa più un miraggio che un traguardo”
- SAGE: “Una deriva antigenica più lenta che alla fine porta all’attuale fallimento del vaccino è quasi certa”
Sul futuro della pandemia nel Regno Unito la scienza va in controtendenza rispetto al Governo ‘aperturista’ di Boris Johnson
Certe volte le verità si nascondono nei dettagli, altre volte vengono scritte nero su bianco ma non trovano grande accoglienza, specie se sono scomode per la classe dominante. In materia di pandemia guai a parlar male dei vaccini anti-Covid prodotti dalle multinazionali. Anzi, se ci fate caso, il messaggio che sta passando è che i vaccini stanno funzionando e se un gruppo di medici vaccinati rimane infettato, la responsabilità dei non vaccinati che hanno trasmesso il virus ai vaccinati. Non viene preso nemmeno in considerazione la stranezza di un vaccino che non dà immunità. Eppure se si va cercare su Wikipedia la parola vaccino si legge: “Un vaccino è un preparato biologico prodotto allo scopo di procurare un’immunità acquisita attiva contro un particolare tipo di infezione ai soggetti a cui è somministrato”. Ma ormai la scienza imposta dalle multinazionali farmaceutiche ha trasformato il significato stesso di vaccino, che non deve dare più l’immunità, ma la certezza, se si viene infettati, di non finire in ospedale. Quella che, alla fine, è una terapia, oggi viene presentata come “vaccino”: e guai a mettere in discussione il nuovo assioma della Microbiologia ‘riscritta’ dalle multinazionali. Tuttavia, ogni tanto, qualche contraddizioni viene fuori. E’ il caso del Comitato consultivo di esperti SAGE del Regno Unito, che va in controtendenza rispetto all’ottimismo panglossiano di Boris Johnson e del suo Governo. Se il Governo di questo Paese ha riaperto tutte le attività – di fatto facendo sapere all’universo mondo che i vaccini anti-Covid hanno sconfitto la pandemia, gli esperti della SAGE fanno sapere che l’immunità di gregge, con questo virus e con le sue varianti non si raggiungerà mai e – notizia ancora peggiore – che alla fine le varianti del virus sconfiggeranno gli attuali vaccini.
Lo studio di focolaio nel Massachusetts: vaccinati e non vaccinati hanno la stessa carica virale e hanno la stessa probabilità di trasmettere le loro infezioni
Di fatto, a una conclusione è giunto qualche studioso italiano che non si fa condizionare dalle case farmaceutiche che spadroneggiano in tutto il mondo: è il caso del docente universitario di Microbiologia Andrea Crisanti. Ma il ragionamento degli esperti della SAGE del Regno Unito è molto più stringente, e pare dalla costatazione che sì, gli attuali vaccini stanno funzionando perché riducono (non eliminano: riducono) ospedalizzazioni e decessi. Ma il tempo che passa non gioca in favore dei vaccini: gioca in favore delle varianti. Su tale argomento è molto interessante l’articolo pubblicato da DottNett, un giornale on line che si occupa di sanità. Dove leggiamo: “Gli epidemiologi stanno adeguando le loro aspettative per il futuro della pandemia dopo che i dati di un recente focolaio nel Massachusetts negli Stati Uniti suggeriscono che mentre la vaccinazione rimane altamente protettiva contro le peggiori conseguenze dell’infezione, potrebbe non essere sufficiente da sola per fermare la diffusione di la variante delta”. Il giornale racconta che a Provincetown, un luogo di vacanze, nel periodo compreso fra il 3 e il 17 Luglio un bel numero di vacanzieri si è infettato. Ebbene leggiamo sempre nell’articolo, “il 75% delle persone infette era completamente vaccinato, in uno Stato in cui il 69% degli adulti era coperto dal siero. Tra i vaccinati con infezioni, la difficoltà di rilevare il virus nei passaggi nasali, noto come valore di soglia del ciclo, era quasi identica a quella osservata nei non vaccinati. Questa scoperta suggerisce che entrambi i gruppi hanno la stessa carica virale e hanno la stessa probabilità di trasmettere le loro infezioni, hanno avvertito i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC)“. E chi glielo dice ora al Governo Draghi e al suo green pass?
“Se i vaccinati possono essere infettati e, crediamo da altri studi, potenzialmente diffondere Covid, allora l’immunità di gregge diventa più un miraggio che un traguardo”
Questi dati stanno creando molta preoccupazione negli Stati Uniti. Andrew Noymer, epidemiologo dell’Università della California a Irvine, è arrivato alla seguente conclusione: “Se i vaccinati possono essere infettati e, crediamo da altri studi, potenzialmente diffondere Covid, allora l’immunità di gregge diventa più un miraggio che un traguardo”. Le notizie che arrivano non sono belle. Intanto torna la raccomandazione di usare la mascherina, soprattutto negli ambienti chiusi. Perché la variante Delta è molto più contagiosa del virus SARS-COV-2 originario e ha circa il doppio delle probabilità, rispetto ai ceppi ancestrali, di provocare polmonite o ricovero ospedaliero. Dopo l’amaro arriva lo zuccherino: “Delle 346 persone vaccinate che sono risultate positive nell’epidemia di Provincetown – leggiamo sempre su DottNet – il 79% era sintomatico e il test del genoma del campione ha suggerito che il 90% aveva la variante delta. Quattro sono stati ricoverati in ospedale e nessuno è morto. Il vaccino continua a offrire una forte protezione contro le malattie gravi. Attualmente ci sono circa 35.000 infezioni sintomatiche a settimana tra 162 milioni di americani vaccinati, afferma la presentazione delle diapositive del CDC. Il vaccino porta una riduzione di tre volte del rischio di infezione, una riduzione di otto volte del rischio di malattia sintomatica e una riduzione di 25 volte del rischio di ricovero ospedaliero o morte, secondo le stime dell’agenzia. Il CDC aveva appreso la scorsa settimana di 6239 ricoveri ospedalieri e 1263 decessi tra i completamente vaccinati, un tasso di mortalità dello 0,0008%”. Questo discorso, però, non vale per le varianti, a cominciare dalla variante Delta. Insomma, l’efficacia del vaccino, alla luce dell’evoluzione della pandemia, è inferiore e “bisogna riconoscere che la guerra è cambiata”.
SAGE: “Una deriva antigenica più lenta che alla fine porta all’attuale fallimento del vaccino è quasi certa”
Ancora più chiare le considerazioni, in prospettiva, degli esperti SAGE, secondo i quali “le nuove varianti alla fine sconfiggeranno i vaccini esistenti”. E l’eradicazione del virus? Sarà improbabile, “perché ci saranno sempre varianti”. Ripensiamo a un articolo scritto per I Nuovi Vespri da Marco Lo Dico, veterinario, specialista in Malattie infettive, Profilassi e Polizia Veterinaria, là dove si sofferma proprio sugli effetti degli attuali vaccini sulle varianti: “Nei vaccini che non proteggono dall’infezione (e si tratta degli attuali vaccini anti-Covid ndr) i soggetti vaccinati sono protetti dalla malattia o comunque fanno forme ‘frustre’ e meno gravi, ma consentono la circolazione del virus e, continuando a circolare senza esaurirsi nell’ospite, possono favorire la selezione di varianti più virulente. Non è un dogma, ma una probabilità. Probabilità che è evidente ed evidenziata in forme epidemiche in veterinaria e confermata da studi in medicina veterinaria, che in ambito virologico sono, per ovvi motivi, più complete di quanto possa avvenire in medicina umana”. Il finale dell’articolo di DottNet è piuttosto pessimista: “Una deriva antigenica più lenta che ‘alla fine porta all’attuale fallimento del vaccino’ è ‘quasi certa’, ha avvertito SAGE”. La deriva antigenica è l’alterazione accidentale dei geni che codificano gli antigeni ed è tipica dei virus e consente all’agente patogeno di eludere il sistema immunitario. “Nel frattempo – conclude l’articolo – la principale speranza per la fine della pandemia, che il virus rimanga altamente trasmissibile ma diventi meno dannoso, ‘come i coronavirus umani che causano il raffreddore comune’, è stata valutata come una possibilità realistica a lungo termine ma ‘improbabile a breve termine”.
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